O mio cuor non dubitare

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Personaggio sempre presente in periodo d’Avvento è un altro profeta, il precursore, il preparatore della strada al Gesù Cristo che arriva: Giovanni il Battista, il battezzatore. Eppure, anche Giovanni, solo e in prigione, in quelle buie buche che erano le prigioni di allora, che presto sarà ucciso dal boia, si domanda se Gesù fosse proprio Colui che si doveva aspettare.

Giovanni, avendo nella prigione udito parlare delle opere del Cristo, mandò a dirgli per mezzo dei suoi discepoli: «Sei tu colui che deve venire, o dobbiamo aspettare un altro?»

Gesù rispose loro: «Andate a riferire a Giovanni quello che udite e vedete: i ciechi recuperano la vista e gli zoppi camminano; i lebbrosi sono purificati e i sordi odono; i morti risuscitano e il vangelo è annunciato ai poveri. Beato colui che non si sarà scandalizzato di me!»

Mentre essi se ne andavano, Gesù cominciò a parlare di Giovanni alla folla: «Che cosa andaste a vedere nel deserto? Una canna agitata dal vento? Ma che cosa andaste a vedere? Un uomo avvolto in morbide vesti? Ecco, quelli che portano delle vesti morbide stanno nei palazzi dei re. Ma che cosa andaste a vedere? Un profeta? Sì, vi dico, e più che un profeta. Egli è colui del quale è scritto: “Ecco, io mando davanti a te il mio messaggero che preparerà la tua via davanti a te”.

Matteo 11:2-10

(Versione audio)

domanda

La domanda di Giovanni il Battista è precisa. Ed è quella di un uomo che ha messo tutto sé stesso nella missione di annunciare il Messia, che ha testimoniato che Colui che si era fatto battezzare poco tempo prima era il Messia. Ma ora si trova in prigione. Una prigione da cui sa che non uscirà vivo. Una prigione in cui sembrano trionfare i blasfemi re del suo tempo.

La domanda: “sei tu o dobbiamo aspettare ancora” è quindi legittima, autentica, umanamente giustificata e in fondo dovuta, perché Gesù non si sta rivelando ancora come il Messia che Giovanni forse si aspettava, quel Messia guerriero e vincitore, che le folle sognavano.

O forse, più probabilmente, a Giovanni sembra troppo lento Gesù nel rivelarsi. Molto umanamente vuole sapere, prima di morire, se tutta la speranza che ha riposto in Lui è ben riposta. Morirà certo, ma vuol sapere se morirà vittima di un tragico errore oppure morirà sapendo di aver ragione e dunque con la speranza intatta nel suo cuore.

Noi lo capiamo bene. Quante volte abbiamo sperato nel nostro buon pastore, abbiamo affidato la nostra vita a Gesù Cristo, e poi succedono cose che ci fanno un po’ disperare. Le domande dei credenti sono spesso: “Dove sei Signore?” “Perché Signore?” ”Fino a quando, Signore?’”

la risposta

La risposta di Gesù è affermativa nel modo più netto e completo si possa avere. Gesù dice “andate a riferire a Giovanni quello che udite e vedete” non parole, chiacchiere della gente, ma fatti. Fatti concreti e puntuali.

Nel senso che quei ciechi che adesso vedono grazie ai miracolosi interventi di Gesù, come quei paralitici che camminano, come quei lebbrosi mondati da un Gesù che non si intimorisce dinnanzi a nessuna malattia, come quei morti che Egli richiamo in vita, annunciano proprio ciò che il Messia doveva fare al suo arrivo. Egli è dunque proprio Colui che era atteso.

E in più non sta zitto: perché: “l’evangelo è annunciato ai poveri!” A tutti quelli che sono in povertà, che sono in difficoltà: porta salvezza.

Andate dunque a riferire. Non parole, ma quello che vedete. Cose concrete. Fatti e non opinioni. È la speranza per Giovanni, è la conferma che non si è sbagliato e l’aggiunta di “non scandalizzarsi” di Gesù è forse per tutti quelli che dubitano della sua vera Signoria, non tanto per Giovanni.

beato

Penso che per Giovanni, come per noi, non sia un rimprovero, quanto un incoraggiamento. Sarai beato, felice. Non perdendo la fede in Gesù Cristo, pur nella sofferenza tetra della prigione, sarai beato, non avrai più paura, saprai di essere vincitore con il Cristo e non ingoiato dagli abissi delle tenebre. Anche se rimarrà e morirà in prigione, vivrà ciò con tutta un’altra prospettiva.

Proprio così, anche per noi, quando siamo in una situazione difficile, magari non così tragica, quando perdiamo la speranza nel Signore, siamo presto distrutti. Altre volte, invece, magari con difficoltà ancora più grandi, ma confidando in Dio, non vacilleremo, il nostro cuore non vacillerà, ma anzi riceveremo una pace interiore, una serenità, è l’essere già dei beati. Per tutti infatti è il buon pastore, annunciato nel testo di Isaia.

È importante dunque che arrivi Natale ogni anno a ricordarci non solo le guarigioni e gli interventi salvifici di Gesù, ma la sua incarnazione nel mondo, l’annuncio di grazia, che si realizza con il suo arrivo sulla terra.

annunciatori

Come Giovanni quando predicava alle folle, i credenti, verso gli altri credenti, ma anche e soprattutto verso chi dubita o chi ha perso speranza che ci sia un Salvatore e Dio stesso, possono e devono annunciare il Salvatore.

Come Giovanni, ma non più come precursori ma come testimoni, possiamo annunciare che il Signore è giunto, che la salvezza è già assicurata per noi dal Figlio di Dio.

E come per Giovanni, c’è una folla che non è attratta dalle morbide vesti, dai ricchi re, dai personaggi famosi, da fenomeni da baraccone, ma da una parola di vita, di vera vita, che renda nuova la nostra esistenza quotidiana.

E quelle persone attendono la buona notizia dell’evangelo, che è quella che ci rende beati in ogni tempo. Amen


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