A Pentecoste, che ricorre 50 giorni dopo la Pasqua, si ricorda la discesa dello Spirito santo sui discepoli di Gesù Cristo.
L’avvenimento rappresenta la nascita della Chiesa che annuncia l’evangelo, in quanto anche dopo aver visto il Risorto, i discepoli avevano paura e difficoltà ad annunciarlo. Servirà proprio lo Spirito santo a renderli annunciatori, la cui lode a Dio andrà oltre le barriere linguistiche.
Ecco un breve commento al testo di Atti 2:1-21
Quando il giorno della Pentecoste giunse, tutti erano insieme nello stesso luogo. Improvvisamente si fece dal cielo un suono come di vento impetuoso che soffia, e riempì tutta la casa dov’essi erano seduti. Apparvero loro delle lingue come di fuoco che si dividevano e se ne posò una su ciascuno di loro. Tutti furono riempiti di Spirito Santo e cominciarono a parlare in altre lingue, come lo Spirito dava loro di esprimersi.
Or a Gerusalemme soggiornavano dei Giudei, uomini religiosi di ogni nazione che è sotto il cielo. Quando avvenne quel suono, la folla si raccolse e fu confusa, perché ciascuno li udiva parlare nella propria lingua. E si stupivano e si meravigliavano, dicendo: «Tutti questi che parlano non sono Galilei? Come mai li udiamo parlare ciascuno nella nostra propria lingua natìa?
L’inizio del racconto della Pentecoste è contraddistinto da questo “come di vento impetuoso” e “come di fuoco“. Qualcosa di clamoroso è successo quel giorno, ma chi lo ha vissuto e poi lo ha raccontato a Luca, l’autore degli Atti, non riesce a descriverlo bene perché non ci sono parole umane adatte o forse perché non aveva neanche ben capito cosa fosse successo.
Parlano in altre lingue. Questo è il dato fondamentale. Sappiamo che la difficoltà di capirsi, di comunicare, le differenti lingue e culture, spesso alimentano pregiudizi e divisioni, e qui vengono superate grazie al dono dello Spirito santo.
E ciò non è solo per qualche paese o cultura, ma questa comprensione dell’evangelo riguarderà l’intera umanità. Ecco perché segue un elenco di popoli e nazioni, che rappresentano tutti i popoli allora conosciuti, che ascoltiamo adesso:
Noi Parti, Medi, Elamiti, abitanti della Mesopotamia, della Giudea e della Cappadocia, del Ponto e dell’Asia, della Frigia e della Panfilia, dell’Egitto e delle parti della Libia cirenaica e pellegrini romani, tanto Giudei che proseliti, Cretesi e Arabi, li udiamo parlare delle grandi cose di Dio nelle nostre lingue». Tutti si stupivano ed erano perplessi, dicendo l’un l’altro: «Che cosa significa questo?» Ma altri li deridevano e dicevano: «Sono pieni di vino dolce».
Non so se c’è dell’ironia, ma ricordate che anche l’ironia si trova nelle pagine bibliche. Comunque il vino dolce era a quel tempo quello con più alta gradazione e quindi alcuni pensano siano ubriachi. Arriva la potenza del Signore, parlano delle grandi cose di Dio e alcuni –pur di negarla– si affidano alla prima spiegazione materiale che trovano: sono ubriachi.
Per comprendere l’intervento di Dio, infatti, occorre anche che qualcuno lo annunci, lo spieghi, se ne faccia interprete, e sarà l’apostolo Pietro:
Ma Pietro, levatosi in piedi con gli undici, alzò la voce e parlò loro così: «Uomini di Giudea, e voi tutti che abitate in Gerusalemme, vi sia noto questo e ascoltate attentamente le mie parole. Questi non sono ubriachi, come voi supponete, perché è soltanto la terza ora del giorno; ma questo è quanto fu annunciato per mezzo del profeta Gioele:
No, non sono ubriachi (perché quasi con ironia a sua volta Pietro dice che sono solo le 9 di mattina), ma è la realizzazione di una profezia. La profezia è quella di Gioele che era riferita agli ultimi giorni, cioè era pensata per la fine del mondo. In quella Pentecoste non c’è la fine del mondo, ma è in certo senso è la fine del mondo: del mondo vecchio, per aprirsi ad un mondo nuovo. Ed ecco la profezia:
“Avverrà negli ultimi giorni”, dice Dio, “che io spanderò il mio Spirito sopra ogni persona; i vostri figli e le vostre figlie profetizzeranno, i vostri giovani avranno delle visioni, e i vostri vecchi sogneranno dei sogni.
Anche sui miei servi e sulle mie serve, in quei giorni, spanderò il mio Spirito e profetizzeranno. E avverrà che chiunque avrà invocato il nome del Signore sarà salvato”.
Il dono dello Spirito, non a qualcuno di speciale, ma su tutti coloro che seguono il Signore, serve perché così: Chiunque avrà invocato il nome del Signore sarà salvato!
Che annuncio di salvezza, per noi mendicanti di salvezza! Che mondo nuovo, per noi che pensiamo sempre che tutto si debba comprare, che anche la salvezza vada guadagnata. E, invece, quella salvezza che il mondo non può dare, Dio ce la dona gratuitamente. Ci viene annunciato che che basta invocare Gesù Cristo, come Signore, per avere la salvezza, la vera salvezza di Dio.
I vostri figli e figlie profetizzeranno. Sì, si riferisce ai giovani, come ai vecchi e a tutti nella Chiesa che profetizzeranno e avranno delle visioni del futuro di Dio, saranno parte attiva della Chiesa di Cristo.
Infatti, la Pentecoste ci riguarda. Per questo specie un tempo la Pentecoste era una festa importante come il Natale e la Pasqua.
In un certo senso è una festa della “democrazia” nelle chiese. Lo Spirito è sparso su tutti, infatti, non è più -anzi non è mai stato- una prerogativa dei re, di una casta di sacerdoti, e ora neanche più di un popolo.
In questo senso è la festa della democrazia e del pluralismo. Si noti infatti anche l’elenco dei popoli. Il cristianesimo, infatti, non è una prerogativa europea.
una guida nella vita
Nel ciclo delle feste cristiane abbiamo: il Natale, cioè Dio si occupa di noi, la Pasqua, cioè Dio ci salva, l’Ascensione Gesù Cristo regna, e Pentecoste lo Spirito è la nostra guida.
E’ la festa della guida del Signore nella vita di ogni giorno.