Vita eterna

Molte sono le cose che si dicono della vita eterna, della resurrezione, del Regno di Dio o paradiso che dir si voglia, dell’aldilà in generale. Alle volte siamo turbati, altre volte infastiditi da immagini ridicole. Ecco allora una breve raccolta di spunti sull’argomento.

Il pensiero dell’eternità

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Dio ha fatto ogni cosa bella al suo tempo: egli ha perfino messo nei loro cuori il pensiero dell’eternità, sebbene l’uomo non possa comprendere dal principio alla fine l’opera che Dio ha fatta. Ecclesiaste 3:11

Ecclesiaste 3:11

Il pensiero, il concetto dell’Eternità viene dal nostro Creatore.

In ogni epoca vediamo, infatti, come l’umanità abbia creato miti, idee, rituali e religioni che sostenevano e pensavano alla vita dopo la morte. Perfino gli ominidi, prima degli esseri umani moderni come sappiamo adesso da scoperte di sepolture, avevano fiori per i morti e un qualche rituale, che sembra ovvio rimandasse a una vita, di un qualche tipo, dopo la morte.

In effetti, il senso della nostra esistenza terrena appare agli esseri umani spesso non completo, perché tende a una dimensione di eternità, di permanenza in vita, a una differente e nuova forma di vita. È il pensiero dell’eternità, che supera la nostra comprensione, le tante domande a cui non sappiamo rispondere, eppure ci appartiene, oserei dire: ci rende umani.

Forse solo negli ultimi secoli un’ipotesi materialista e atea ha combattuto non solo la fede in una precisa divinità, ma anche l’idea del divino e dell’eternità in generale. Comunque lo si voglia interpretare è un pensiero che pure fa i conti con l’idea di eternità.

E il pensiero d’eternità, pur nei limiti della nostra mente umana, è ciò che ci guida alla ricerca del senso della vita, del rispondere alle domande su cosa ci stiamo a fare su questa terra anno dopo anno. E tutto ciò ci mette alla ricerca di Dio e del Salvatore, che scopriamo quando conosciamo Gesù Cristo risorto e vediamo che il nostro Signore è il Dio della vita, che sconfigge la morte.

Molte idee sull’aldilà

Una osservazione è da fare: quasi tutte le religioni di ogni tempo parlano dell’aldilà.

In alcune religioni sono anche immaginati dei periodi di transizione, per alcuni poi sono importanti le esperienze di premorte. Ne parla ad esempio lo  psichiatra metodista americano Raymond Moody in dei libri  interessanti e critici. Queste esperienze descriverebbero qualcosa dell’aldilà e per alcuni hanno ispirato le idee antiche dell’oltretomba, ad esempio per alcuni i Veda. Le persone che le hanno avute non sono però realmente morte e poi ritornate, ma certo alimentano delle suggestioni, di cui qui non ci occuperemo.

Le idee sull’Oltre si possono dividere grossomodo in sei tipi (Gounelle e Vouga 1995, 7-9), che a volte si mescolano.

  1. Vita minorata, dopo la morte segue un’esistenza impoverita, per i pagani nell’Ades i morti sono scialbi, i luoghi sono oscuri. Qui possiamo anche citare il tenebroso inferno degli antichi egizi in cui ci sono fuoco e castighi, ma anche una sorte di Campi elisi, in cui si sta relativamente bene.
  2. Vita esaltata. Nelle rappresentazioni popolari cristiane e islamiche il paradiso è un mondo migliore, l’opposto della vita minorata, con gioia e abbondanza. Forse anche per gli etruschi (che adesso sappiamo essere italici direttamente sviluppatesi dal neolitico)
  3. Esistenza terrena invisibile. Esisterebbero due modi terreni di vivere, i morti vivono insieme a noi e farebbero da intermediari, mantengono la coesione nel gruppo. Esempio dei Voodoo. Un periodo di transizione vale dunque per sempre.
  4. Separazione dell’anima dal corpo. Ci sono due componenti che si separano. Uno è il corpo che decade, l’altra parte è ciò che diciamo anima. Ma anche qui ci sono differenti idee e non è sempre concepita come spirituale, ma ad esempio di una materia differente (atomi più piccoli pensavano gli atomisti greci). Per alcuni questo distacco è positivo ed è ad esempio l’idea base della gnosi: che l’anima si liberi dal corpo come da una prigione. Per altri è negativo, è uno stato di spoliazione, il corpo è il vestito si lascia e in qualche passo addirittura così sembra esprimersi anche l’apostolo Paolo. Da questo tipo di impostazione nasce l’idea di reincarnazione. Interessante fra i moderni è ciò che affermava il filosofo francese Henri Bergson, che immagina il corpo come lo strumento dell’anima, che lo suona e lo fa agire, ma il cervello non produrrebbe il pensiero, così quando si dissolve non si è dissolto il pensiero, il noi stessi, ma questo permane in altra modo.
  5. Fusione nel tutto. C’è la dissoluzione individuale della persona, ma un’immortalità dell’insieme. Non solo il Nirvana, ma anche in Aristotele c’è qualcosa di riunione delle singole anime.
  6. Resurrezione della persona. Corpo e anima sono annientati dalla morte e poi un atto di Dio ricrea la persona. Per altri solo il corpo è annientato, essendo l’anima immortale, ma questo è un adattamento di idee filosofiche greche e non bibliche, nonostante abbia avuto, come sappiamo, molto successo fra i cristiani. L’idea di immortalità dell’anima toglie un po’ di drammaticità e fa scivolare su una specie di corso naturale, differente dal dono creativo di resurrezione di Dio.

C’è da dire che quando parliamo di questo argomento molti sono gli influssi che abbiamo e che hanno avuto i cristiani ed anche gli scrittori biblici.

Resurrezione

Prima di tutto bisogna esser chiari sul fatto che la resurrezione di Gesù Cristo e quindi dei credenti è fondamentale nella religione cristiana. Vediamo come scrive Paolo Ricca in fondo ad un suo libretto sull’argomento:

Custodiamo la parola «resurrezione» e non scambiamola con nessun’altra. Custodiamo il segreto che essa racchiude e ad un tempo rivela: credere in Dio e credere nella resurrezione è proprio la stessa cosa. (Ricca 1978)

Osserviamo qui non solo l’affermazione della centralità della resurrezione per la fede cristiana, come anche nel Credo, ma che alle volte, anzi molte volte, suscita perplessità e dubbi proprio fra i cristiani, ma anche quel “segreto” che rende conto delle difficoltà del trattarla.

La Bibbia sulla vita eterna

Secondo Calvino e gli altri riformatori, i cristiani non dovrebbero andar oltre ciò che è nella Scrittura.

“È follia e temerarietà andare a cercare cose sconosciute, poste più in alto di quanto Dio ci permetta di sapere…” (..) la Bibbia per Calvino non si occupa di soddisfare le nostre curiosità, di fornirci conoscenze (…) ci insegna quel che è necessario per la nostra salvezza (Gounelle e Vouga 1995, 114).

Sulla resurrezione di Gesù Cristo, che non viene mai descritta dagli evangeli e invece abbonda nei quadri rinascimentali, si possono dire alcune cose:

  • Il Cristo risorto non viene subito riconosciuto, ma è lui che si fa riconoscere, chiamando per nome, con lo spezzare il pane ad Emmaus, oppure lasciando che lo comprendano
  • Appare avere un corpo non più naturale, spirituale lo dice l’apostolo Paolo o glorioso, che supera barriere fisiche
  • Eppure è indubbiamente lui
  • La sua apparizione serve per creare dei testimoni che vadano nel mondo ad annunciare l’evangelo

L’apostolo Paolo parte da qui per rispondere alle perplessità dei cristiani suoi contemporanei. Si nota una sempre maggiore consapevolezza del ritardo della parusia.

Ma ovviamente anche nel Nuovo Testamento abbiamo domande e sviluppi.

Tutti i primi cristiani si interrogavano sulla parusia, sul ritorno ritenuto prossimo del Signore, sul come sarebbe ritornato il Cristo glorioso. Anzi, anche in Paolo è chiaro che all’inizio si aspetta di non morire, ma di essere trasformato. Per questo motivo c’è in fondo poca riflessione sull’aldilà, e vengono prese a prestito immagini dall’ebraismo e anche dal paganesimo, come l’Ades, anche perché il tema non è così sviluppato da Gesù, che utilizza immagini popolari.

Inoltre, le apocalissi usano un genere letterario proprio, molto simbolico, che non può essere assunto come descrittivo.

Dunque, interessante è l’evoluzione in Paolo, dovuto al fatto che passano gli anni fra una lettera e l’altra. Dalla I Tessalonicesi 4:13-18

Fratelli, non vogliamo che siate nell’ignoranza riguardo a quelli che dormono, affinché non siate tristi come gli altri che non hanno speranza. Infatti, se crediamo che Gesù morì e risuscitò, crediamo pure che Dio, per mezzo di Gesù, ricondurrà con lui quelli che si sono addormentati. Poiché questo vi diciamo mediante la parola del Signore: che noi viventi, i quali saremo rimasti fino alla venuta del Signore, non precederemo quelli che si sono addormentati; perché il Signore stesso, con un ordine, con voce d’arcangelo e con la tromba di Dio, scenderà dal cielo, e prima risusciteranno i morti in Cristo; poi noi viventi, che saremo rimasti, verremo rapiti insieme con loro, sulle nuvole, a incontrare il Signore nell’aria; e così saremo sempre con il Signore. Consolatevi dunque gli uni gli altri con queste parole.

Nella I Corinzi troviamo alla fine di I Corinzi 13 la “persistenza” dell’amore che si è fatto!

Ora dunque queste tre cose durano: fede, speranza, amore; ma la più grande di esse è l’amore. (I Cor 13:13)

In cui quel durare ha per orizzonte proprio la vita eterna (infatti le profezie saranno abolite…).

C’è poi il capitolo 15 che andrebbe letto e commentato tutto per un’analisi delle idee dell’apostolo, in cui l’affermazione che la resurrezione di Cristo è testimoniata é la base dell’annuncio di resurrezione per tutti. Inoltre, l’immagine del seme (che va anche contro una certa ritualità dei cimiteri), ma soprattutto i versetti finali del capitolo:

Ora io dico questo, fratelli, che carne e sangue non possono ereditare il regno di Dio; né i corpi che si decompongono possono ereditare l’incorruttibilità. Ecco, io vi dico un mistero: non tutti morremo, ma tutti saremo trasformati, in un momento, in un batter d’occhio, al suono dell’ultima tromba. Perché la tromba squillerà, e i morti risusciteranno incorruttibili, e noi saremo trasformati. Infatti bisogna che questo corruttibile rivesta incorruttibilità e che questo mortale rivesta immortalità. (I Cor 15:50-53)

In cui si vede che l’immortalità non è solo dell’anima.

Il testo che rappresenta un’evoluzione finale si trova nella conclusione del capitolo 8:37-39 della lettera ai Romani:

Ma, in tutte queste cose, noi siamo più che vincitori, in virtù di colui che ci ha amati. Infatti sono persuaso che né morte, né vita, né angeli, né principati, né cose presenti, né cose future, né potenze, né altezza, né profondità, né alcun’altra creatura potranno separarci dall’amore di Dio che è in Cristo Gesù, nostro Signore.

In cui non c’è più descrizione, è una delle ultime lettere, ma un’affermazione di fede nell’amore di Cristo.

Alcuni aspetti dalla lettura della Bibbia, risultano allora chiari, sempre come annuncio più che descrizione:

Il grandioso messaggio dell’Apocalisse, anche se intriso di simbolismo e di messaggi cifrati, ci indirizza verso una riflessione non tanto degli ultimi tempi, ma anche della speranza cristiana. E l’aspetto della nuova città celeste ci annuncia una nuova società umana e un essere insieme nel pace e con lo stesso Signore.

  • la resurrezione è un atto di Dio
  • c’è un apprezzamento della fisicità delle persone che infatti viene ricreata (il corpo glorioso di Paolo, il Cristo risorto)
  • pur con un fisico diverso, è indubbia una persistenza della personalità (storia e relazioni delle persone)
  • fondamentale è l’aspetto comunitario.

Certamente bisogna avere coerenza fra ciò che si crede e ciò che si sa dalla Scrittura ed essere sobri, non solo per avere un messaggio credibile, ma per la nostra stessa fede. Però sappiamo che le persone si fanno comunque delle immagini “paradisiache“, ma come scriveva André Gounelle:

In questo campo occorre accettare di deludere, piuttosto che dare l’illusione di sapere. (Gounelle e Vouga 1995, 185)

Concezioni cristiane

Nel corso della storia della chiesa si sono sviluppate comunque delle concezioni sul dopo morte, che possono essere viste in due filoni.

Spaziale

La concezione spaziale è quella classica del Medioevo, quella ad esempio della Divina Commedia (ma anche in fondo dell’Eneide di Virgilio, che non a caso è l’accompagnatore di Dante nelll’Inferno), e più ancora era quella ufficiale della chiesa cattolica romana, tratta dalla Summa Theologica di Tommaso d’Aquino (anche se non aveva completato tutte le parti). Si ricordi che il purgatorio venne elevato a dogma nel Duecento, basandosi su scritti apocrifi, ma rispondeva al problema temporale nato con le concezioni (scientifiche di allora) temporali, con la domanda cosa succede fra il presente e la fine del tempo a chi muore. (Le Goff, 1982) Si noti, inoltre, che il problema su cosa succeda nell’intervallo fra la morte e la resurrezione è ancora dibattuto nella Chiesa cattolica attuale.

La versione tomista era anche quella resa ufficiale dal Concilio di Trento (1545-1563), che quindi viene subito dopo l’opera di Copernico e anche dopo la scoperta dell’America e ignora pertanto la fisica del tempo e salta il problema di dove inserire il purgatorio.

Una delle sue basi bibliche ne è ad esempio il ricco e Lazzaro (Luca 16) e alcune visioni dell’Apocalisse, come anche le “dimore” che Gesù dice di andare a preparare. Cioè si prendono analogie e una parabola come una descrizione effettiva dell’aldilà.

Ovviamente si possono vedere questi luoghi in maniera non strettamente fisica, al contrario di come facevano nel Medioevo. Anzi i Riformatori, Calvino in particolare, non prendono alla lettera le immagini di cui si avvale la Scrittura (Gounelle e Vouga 1995, 107). Si veda in particolare il paragrafo Calvino e l’adattamento qui.

A parte questo c’è il problema di un doppio giudizio: individuale dunque pensato dell’anima (per coloro che la considerano immortale) e poi alla fine dei tempi un giudizio universale con la resurrezione, e quindi alla fine dei tempi un dover immaginare un ricongiungersi del corpo e dell’anima.

Temporale

Forse nel Medioevo non c’era tanto l’idea di un mondo nuovo, quindi la prospettiva temporale, forse per la paura dei millenaristi- L’idea sembra essere più biblica.

La visione temporale infatti, secondo Oscar Cullman che la riassume in Cristo e il tempo, più biblica. Lì si esamina il rifiuto della ciclicità temporale dei greci e di una differenza qualitativa dell’eternità (che è invece nella fisica contemporanea).

Per il pensiero greco, così come è stato formulato da Platone, sussiste, fra tempo ed eternità, una differenza qualitativa (…) L’eternità non per Platone un tempo prolungato all’infinito, ma qualcosa di completamente diverso: assenza di tempo. (…) Il cristianesimo primitivo non conosce un Dio fuori dal tempo. Il Dio «eterno» è quello che era all’inizio, che è ora e che sarà eternamente. (Cullmann 1965, 85)

C’è nella Scrittura l’idea di eoni differenti. Si dice poco del futuro, ma si riprendono gli annunci di una corporeità rinnovata. Poi Cullmann sottolinea (con Menoud) l’incompatibilità con la reincarnazione e l’immortalità dell’anima delle concezioni dei primi cristiani.

È chiaro che la fisica contemporanea con la concezione dello spazio-tempo relativistica, induce modifiche sostanziali alla metafisica spaziale medioevale (anche se si continua a dire lassù e laggiù) e anche l’eternità sembra avere però una qualità differente.

Si può aggiungere che anche se fortemente minoritaria nel pensiero cristiano è sempre esistita una corrente per la salvezza universale (di tutti) questa è stata ripresa anche ultimamente in casa cattolica con l’immagine dell’inferno vuoto. Questa si basa sul versetto:

Dio, nostro Salvatore, (il quale) vuole che tutti gli uomini siano salvati

I Timoteo 2:3-4

Riassumendo

  • Sono impossibili e neanche auspicabili rappresentazioni dell’aldilà.
  • Centrale è l’annuncio di resurrezione basato su quella del Cristo.
  • Contro i dualismi. Anche se nel periodo inter-testamentario ci sono concezioni ebraiche influenzate dal dualismo del pensiero greco, appare un sostanziale anti-dualismo nella teologia del Nuovo Testamento e dei primi cristiani. Dunque una sostanziale importanza del fisico, anche se ovviamente permane in molti pensatori la riflessione sull’anima.
  • Prospettive individuali, umane e del Creato vanno verso una unitarietà. La Creazione che geme ed è in travaglio dell’apostolo Paolo, permette di vedere come un aldilà di sola umanità e senza fisicità che a volte appare nel pensiero non ha senso dal punto di vista biblico.
  • La visione escatologica è fondamentale nel Nuovo Testamento e dà un orizzonte di eternità, anche alla sfera morale, per sostenere la speranza, per l’azione come “riserva escatologica”, oltreché per il rapporto dei cristiani con Israele.

Piccola bibliografia

Cullmann, Oscar. Cristo e il tempo. Bologna: Il Mulino, 1965.
Gounelle, André, e François Vouga. Dopo la morte? Torino: Claudiana, 1995.
Le Goff, Jacques. La nascita del purgatorio. Torino: Einaudi, 1982.
Ricca, Paolo. Il critiano davanti alla morte. Torino: Claudiana, 1978.
L’escatologia contemporanea, Edizioni Messagero Padova, 1995