Introduzione

La lettera ai Galati ha avuto grande importanza per Lutero e i primi Riformatori per mettere a fuoco l’annuncio della salvezza per Sola Grazia.

È una lettera polemica. Ed oggi alcuni commentatori sottolineano che la polemica che Paolo fa contro non era contro una visione come quella della chiesa medioevale o pelagiana. Ciò non toglie nulla però al forte annuncio della salvezza per grazia.

In effetti, cosa dicessero gli oppositori e chi fossero non è chiaro. Lo possiamo dedurre solo da ciò che è scritto nella lettera, e quindi possiamo trovarci ad immaginare situazioni più vicine al nostro tempo. Però, ciò che è scritto in positivo nella lettera già è chiaro e molto importante nel senso dell’evangelo.

Sicuramente è lettera dell’apostolo Paolo e sulla datazione ci sono due tesi. Se i Galati a cui è scritta sono le chiese raggiungete nel primo viaggio missionario o nel secondo. I commentatori la situano fra il 48 e il 56. Altri fra il 53 e il 55. Ovviamente da un punto di vista storico ciò è importante, ma per la lettura e in fondo anche per un commento non è cosa così determinante.

È comunque una lettera di una ventina di anni dopo la resurrezione di Gesù Cristo.

Contiene anche delle notizie che ritroviamo nel libro degli Atti e ci apre ad una visione plurale della prima chiesa cristiana, che è ovvia, ma sulla quale c’è sempre da ritornare.

Analisi

Indirizzo e saluti

I 1 Paolo, apostolo non da parte di uomini né per mezzo di un uomo, ma per mezzo di Gesù Cristo e di Dio Padre che lo ha risuscitato dai morti, 2 e tutti i fratelli che sono con me, alle chiese della Galazia; 3 grazia a voi e pace da Dio nostro Padre e dal Signore Gesù Cristo, 4 che ha dato se stesso per i nostri peccati, per sottrarci al presente secolo malvagio, secondo la volontà del nostro Dio e Padre, 5 al quale sia la gloria nei secoli dei secoli. Amen.

L’inizio è l’inizio classico di una lettera antica. Con la presentazione del mittente e i saluti.

Ma già dalla qualificazione che dà di sé l’apostolo notiamo qualcosa di polemico. Apostolo appunto, ma non da parte umana, ma divina.

Se Luca, l’autore di Atti fosse stato discepolo di Paolo come sembra probabile oppure abbia letto questa lettera, va da sé che abbiamo qui un parallelo all’inizio del libro di Atti in cui viene scelto a sorte Mattia (quando lo Spirito non è ancora giunto), ma solo dopo si capisce che è Paolo il dodicesimo apostolo (Giuda infatti si era suicidato).

In effetti, il termine apostolo da come appare in varie lettere non è solo connesso a i 12. È anche chiaro che apostolo significa inviato, mandato; e che acquisisce per i cristiani un significato speciale ma solo dopo.

Rifiuto di un altro vangelo

6 Mi meraviglio che così presto voi passiate da colui che vi ha chiamati mediante la grazia di Cristo a un altro vangelo; 7 ché poi non c’è un altro vangelo, però ci sono alcuni che vi turbano e vogliono sovvertire il vangelo di Cristo. 8 Ma anche se noi o un angelo dal cielo vi annunciasse un vangelo diverso da quello che vi abbiamo annunciato, sia anatema. 9 Come abbiamo già detto, lo ripeto di nuovo anche adesso: se qualcuno vi annuncia un vangelo diverso da quello che avete ricevuto, sia anatema. 10 Vado forse cercando il favore degli uomini, o quello di Dio? Oppure cerco di piacere agli uomini? Se cercassi ancora di piacere agli uomini, non sarei servo di Cristo.

Origine divina del vangelo di Paolo

11 Vi dichiaro, fratelli, che il vangelo da me annunciato non è opera d’uomo; 12 perché io stesso non l’ho ricevuto né l’ho imparato da un uomo, ma l’ho ricevuto per rivelazione di Gesù Cristo1.

13 Infatti voi avete udito quale sia stata la mia condotta nel passato, quando ero nel giudaismo; come perseguitavo a oltranza la chiesa di Dio, e la devastavo; 14 e mi distinguevo nel giudaismo più di molti coetanei tra i miei connazionali, perché ero estremamente zelante nelle tradizioni dei miei padri. 15 Ma Dio che m’aveva prescelto fin dal seno di mia madre e mi ha chiamato mediante la sua grazia, si compiacque 16 di rivelare in me il Figlio suo perché io lo annunciassi fra gli stranieri. Allora io non mi consigliai con nessun uomo, 17 né salii a Gerusalemme da quelli che erano stati apostoli prima di me, ma me ne andai subito in Arabia; quindi ritornai a Damasco2.

18 Poi, dopo tre anni, salii a Gerusalemme per visitare Cefa e stetti da lui quindici giorni; 19 e non vidi nessun altro degli apostoli, ma solo Giacomo, il fratello del Signore. 20 Ora, riguardo a ciò che vi scrivo, ecco, vi dichiaro, davanti a Dio, che non mento.

21 Poi andai nelle regioni della Siria e della Cilicia; 22 ma ero sconosciuto personalmente alle chiese di Giudea, che sono in Cristo; 23 esse sentivano soltanto dire: «Colui che una volta ci perseguitava, ora predica la fede che nel passato cercava di distruggere». 24 E per causa mia glorificavano Dio.

Confrontando il testo di Galati con quanto riferito in Atti si possono vedere delle differenze. Certamente c’è da notare come Atti è scritto almeno circa 40 anni dopo i fatti. Inoltre, è chiaro che c’è da parte di Paolo l’interesse a dimostrare tutta la sua autonomia dai Dodici e anche la sua “investitura” dal Signore.

Un problema storico sta nel fatto che per Luca in Atti le apparizioni del risorto durino 40 giorni fino all’Ascensione, ma che l’episodio di Damasco è posteriore. Forse per questo, contro Paolo, in Atti non è detto così esplicitamente che sia un’apparizione del Risorto, ma un più generico intervento divino per la conversione del persecutore.

Paolo a Gerusalemme

Il viaggio ufficiale a Gerusalemme, avviene molto tempo dopo:

II 1 Poi, trascorsi quattordici anni, salii di nuovo a Gerusalemme con Barnaba, prendendo con me anche Tito3. 2 Vi salii in seguito a una rivelazione, ed esposi loro il vangelo che annuncio fra gli stranieri; ma lo esposi privatamente a quelli che sono i più stimati, per il timore di correre o di aver corso invano. 3 Ma neppure Tito, che era con me, ed era greco, fu costretto a farsi circoncidere. 4 Anzi, proprio a causa di intrusi, falsi fratelli, infiltratisi di nascosto tra di noi per spiare la libertà che abbiamo in Cristo Gesù, con l’intenzione di renderci schiavi, 5 noi non abbiamo ceduto alle imposizioni di costoro neppure per un momento, affinché la verità del vangelo rimanesse salda tra di voi. 6 Ma quelli che godono di particolare stima (quello che possono essere stati, a me non importa; Dio non ha riguardi personali), quelli, dico, che godono di maggiore stima non m’imposero nulla; 7 anzi, quando videro che a me era stato affidato il vangelo per gli incirconcisi, come a Pietro per i circoncisi 8 (perché colui che aveva operato in Pietro per farlo apostolo dei circoncisi aveva anche operato in me per farmi apostolo degli stranieri), 9 riconoscendo la grazia che mi era stata accordata, Giacomo, Cefa e Giovanni, che sono reputati colonne, diedero a me e a Barnaba la mano destra in segno di comunione perché andassimo noi agli stranieri, ed essi ai circoncisi; 10 soltanto ci raccomandarono di ricordarci dei poveri, come ho sempre cercato di fare.

Si noti che qui si hanno delle differenze rispetto a quello detto in Atti, in particolare il fatto che ci sia un decreto sull’astensione delle carni non pure. Inoltre i falsi fratelli in Atti appaiono come farisei convertiti a Cristo.

Il perché dell’astenersi dalle carni sacrificate agli idoli potrebbe essere motivo, come in Romani, pastorale? Comunque ciò che segue non tiene conto o non sembra ciò che sappiamo da Atti, che sia un episodio precedente? Che l’interpretazione di Paolo sia differente di quanto invece attribuito ai Dodici nella loro lettera? Ovviamente molte sono le risposte ipotizzate dai commentatori, ma nessuna può essere decisiva.

Abbiamo visto, dunque, che quella dei Galati è una lettera polemica perché come dice l’apostolo perché ci sono alcuni che li “turbano” e vogliono sovvertire l’evangelo.

Cosa predichino non lo sappiamo esattamente, ma da quello che dice la lettera e da alcune altre informazioni del tempo, scopriamo che vogliono far circoncidere i cristiani di origine pagana, cioè che prima diventino ebrei (o comunque parte dell’ebraismo) e poi possano essere veri cristiani.

L’apostolo ricorda il suo viaggio a Gerusalemme e la divisione dei compiti che si era dato con i dodici, con gli altri apostoli.

Nella seconda parte del capitolo però troviamo che c’è stato già un motivo di contrasto.

Pietro ripreso pubblicamente da Paolo in Antiochia

11 Ma quando Cefa venne ad Antiochia, gli resistei in faccia perché era da condannare. 12 Infatti, prima che fossero venuti alcuni da parte di Giacomo, egli mangiava con persone non giudaiche; ma quando quelli furono arrivati, cominciò a ritirarsi e a separarsi per timore dei circoncisi. 13 E anche gli altri Giudei si misero a simulare con lui; a tal punto che perfino Barnaba fu trascinato dalla loro ipocrisia. 14 Ma quando vidi che non camminavano rettamente secondo la verità del vangelo, dissi a Cefa in presenza di tutti: «Se tu, che sei giudeo, vivi alla maniera degli stranieri e non dei Giudei, come mai costringi gli stranieri a vivere come i Giudei?»

Qui apprendiamo che Giacomo è dalla parte “partito” giudeocristiano. (Ma in Atti 15 sembra poi che si chiarisca la situazione)

E che Pietro si trova in difficoltà a giustificarsi della sua apertura, al pari di Paolo, verso i pagani (cfr. Atti).

(Mutatis mutando qualcosa di simile è in quelle chiese europee che non vedono di buon occhio le chiese nate dalla missioni, che hanno una sensibilità diversa).

La parte che segue dà una interpretazione teologica a quest’accettazione dei pagani senza imporre loro delle prescrizioni giudaiche.

Il problema non è di etnia o tradizioni, il problema è che quelle prescrizioni erano (o provenivano tramite interpretazione) dalla Scrittura. In qualche modo un problema che si ritrova ogni qual volta leggiamo come cristiani le pagine dell’Antico Testamento.

La questione che introduce della giustificazione dalla fede e non dalla legge era probabilmente spiazzante (come la predicazione di Gesù d’altronde). E in fondo lo è ancora per molti.

15 Noi Giudei di nascita, non stranieri peccatori, 16 sappiamo che l’uomo non è giustificato per le opere della legge, ma soltanto per mezzo della fede in Cristo Gesù, e abbiamo anche noi creduto in Cristo Gesù per essere giustificati dalla fede in Cristo e non dalle opere della legge; perché dalle opere della legge nessuno sarà giustificato.

Questa parte che per alcuni commentatori sembra ancora un sunto del discorso fatto a Pietro, sembra essere già argomento verso i galati.

La prima parte del “noi giudei di nascita” potrebbe riferirsi ad un’interpretazione che già nel giudaismo conosce quanto sia fondamentale la fede, anche se ora però va specificato che è fede in Gesù Cristo. (A questo senso potrebbe portare la scoperta del Cristo alla luce della Scrittura ebraica).

Per i commentatori, invece, qui il “noi” si riferirebbe ai cristiani di origine giudaica. Gli “stranieri peccatori” sarebbe allora una affermazione classica verso coloro che non conoscono le legge e non una qualche forma di disprezzo.

Per alcuni commentatori i versetti 15-16 sono la base di accordo con i giudeo-cristiani (nel senso che potevano aver accettato senza portarla alle logiche conseguenze la predicazione di Gesù in tal senso). Ma potrebbe invece già essere in aperta polemica con loro.

Detto con parole moderne, si passa dal primato della religione a quello della fede. Non è quello che fai o hai fatto, ma l’affidarti con fiducia a Gesù Cristo che conta.

Paolo prosegue la sua discussione rispondendo implicitamente ad un’obiezione che gli avevano o avrebbero potuto fargli. Infatti, fede può essere inteso come affidarsi, aver fiducia, ma anche nel greco con la sfumatura di essere fedeli.

17 Ma se nel cercare di essere giustificati in Cristo, siamo anche noi trovati peccatori, vuol dire che Cristo è un servitore del peccato? No di certo! 18 Infatti, se riedifico quello che ho demolito, mi dimostro trasgressore.

Potrebbe significare: se dico di essere giustificato da Cristo e poi sono di nuovo trovato peccatore, non è colpa di Cristo. Sono io che sono trasgressore. Allora anche se Lutero lo trae da Romani 7 si potrebbe anche qui richiamare l’espressione che usa: “Simul iustus et peccator” (Zugleich gerecht und Sünder).

Altri commentatori considerano la parte come una ipotesi irreale, nel senso che che come cristiano giustificato posso partecipare alla mensa con i pagani senza per questo ricadere nel peccato (di impurità legale). Non è così convincente per me.

Poi inizia una parte fondamentale, ripresa anche in seguito nella lettera.

19 Quanto a me, per mezzo della legge, sono morto alla legge affinché io viva per Dio. 20 Sono stato crocifisso con Cristo: non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me! La vita che vivo ora nella carne, la vivo nella fede nel Figlio di Dio il quale mi ha amato e ha dato se stesso per me.

Sulla giustificazione per fede, di cui qui l’apostolo Paolo comincia a parlare, le obiezioni di alcuni moderni sull’interpretazione riformata classica sono sostanzialmente due.

1) Quando leggiamo i testi secondo Agostino e i primi Riformatori (non solo Lutero) noi non stiamo valutando che il contesto del contendere è l’immissione dei pagani nella chiesa e non il sentimento di colpa del singolo credente.

2) Secondo c’è comunque una dimensione di santificazione in Paolo. Per quest’ultima contestazione va ribadito che non solo Paolo ha molte esortazioni tenute in piena considerazione dai Riformatori, non solo in Calvino la santificazione appare assai importante, ma che il problema da far attenzione è che la santificazione viene dopo e non è un criterio di salvezza, come potrebbe divenirlo il mangiar puro.

La prima obiezione a mio avviso non è pertinente fino in fondo perché se come fariseo l’apostolo Paolo avesse inteso essere apostolo delle genti, avrebbe potuto solamente propagandare gli usi legalistici e predicare il divenire “timorati di Dio”, cioè ebrei non si sangue, ma per associazione, come anche in quei tempi il giudaismo già faceva abbondantemente. Certo che si deve tenere conto del contesto storico, ma appunto quello ci dà la forza delle affermazioni di Paolo.

Ci sono tre coppie di affermazioni, che penso vadano prese assieme. Sono sintetiche, ma illustrano lo stesso concetto.

1) Morto (è all’aoristo: cioè puntuale) alla legge, per vivere in Dio. Ciò non vivere in funzione della legge, ma per il Signore.

2) Essere crocifisso (c’è un perfetto e può avere significato di azione continuata) e Cristo che vive in me, hanno il significato dell’azione della fede in noi, come una potenza di Dio. (Ma da qui ad affermare che abbiamo la perfezione, non è una possibilità, “non esiste proprio”). E tutto è centrato sulla credere che Gesù Cristo Risorto è il Signore.

3) La vita che vivo non è più nella carne (per le cose fisiche in cui è compresa la legge), ma nella fede in Gesù Cristo. (Ma qui non c’è ovviamente l’esclusione della santificazione).

Paolo appare in qualche senso spiritualista, nel senso che la sua esperienza di conversione al Cristo (anche qui c’è contrasto con le tesi che vogliono rimuovere l’esperienza personale dei credenti) e la sua maniera di vivere non sono basate su cose oggettive come le regole della legge, ma spirituali come appunto la fede.

Infine chiude questo capitolo un versetto che ritorna sul fatto che: “se io penso di aver bisogno delle opere dettate dalla legge per essere giustificato da Dio, ecco che sarebbe inutile il sacrificio di Gesù Cristo”.

21 Io non annullo la grazia di Dio; perché se la giustizia si ottenesse per mezzo della legge, Cristo sarebbe dunque morto inutilmente.

È qui che penso che il concetto qui ben si chiarisca. Se io seguendo la legge potessi salvarmi (ottenere giustizia) allora Cristo sarebbe morto inutilmente sulla croce, basterebbe seguire le varie regole, come ancora oggi pur sottolineando anche l’importanza di aver fede, ampia parte dell’ebraismo fa ancora.

La storia ha visto poi la diatriba fra Agostino e Pelagio, sulla salvezza per opere (non più strettamente legalistiche). Le affermazioni di Pelagio (personaggio di successo fra i cristiani di Roma) furono condannate proprio in base alle affermazioni paoline.

Due domande qui si possono fare.

1) Colpisce il carattere controverso della persona di Pietro. Mentre Paolo mostra una determinazione senza compromessi. Pietro sembra in balia delle convenzioni. E pavido come prima del gallo, si astiene dal sedersi a mangiare con i non circoncisi, sembra per non incorrere nel giudizio critico di altri ebrei-cristiani.

2) Si sta forse delineando ciò a cui si è assistito poi? Una chiesa a diverse velocità nella quale vi sono persone che non esitano a mettere la fede davanti a tutto semplificando, in fondo, il messaggio per farlo capire ai più, contrapposta ad un’altra caratterizzata dal dubbio e dalla ricerca della verità attraverso ragionamenti complessi che distolgono dalla semplicità del messaggio?

Si può rispondere che, sì, i caratteri contano. Certo qui non abbiamo la versione dei fatti di Pietro che magari direbbe che lo ha fatto per non scandalizzare i più deboli, come Paolo dirà in qualche modo anche nella lettera ai Romani. Il carattere però conta e in positivo non dobbiamo essere una chiesa di “uguali”, una stessa fede ma doni differenti dello Spirito.

Una chiesa a diverse velocità, ma ci sono anche diverse chiese. a) la chiesa era plurale fin dall’inizio (Paolo afferma infatti che non si consulta prima con i gerosolomitani) b) l’unità della chiesa su temi centrali era perseguita, ma si ottiene infine solo con l’intervento statale costantiniano c) il valore delle differenze non è solo una necessità ecumenica (di necessità virtù), ma qualcosa di connesso al carattere della cristianità (doni differenti dello Spirito).

Il dubbio e i ragionamenti tortuosi sono colpa a mio avviso di chi presenta il messaggio cristiano. D’altra parte il messaggio cristiano è alle volte chiaro, ma si fa fatica ad accogliere come la salvezza per grazia, che in Galati troviamo delineata.

Vediamo in particolare che il messaggio dell’apostolo Paolo, doveva essere ben chiaro, ma la mentalità umana e quella ebraica del tempo erano così forti da trasportare i Galati in un altro evangelo, se pure ce n’è un altro, come dice Paolo all’inizio della lettera.

L’evangelo annunciato da Paolo si fonda sulla convinzione profonda che il Cristo vivente (morto e risorto) ha cambiato ogni cosa.

Affermazioni che abbiamo trovato come “Cristo vive in me, non vivo più per la carne ma la vivo nella fede del Figlio, se no sarebbe morto invano.” Sono troppo nette e precise per offrire a mio avviso altre interpretazione da quelle classiche della Riforma.

Per alcuni interpreti contemporanei, quelli di Paolo sarebbero solo dei requisiti di ingresso nel popolo di Israele, validi per superare solo la questione della circoncisione, con cui si apre la lettera, ma che in realtà la tensione con il ruolo della legge non sarebbe poi così netta.

Forse è invece proprio un bene che l’apostolo sia così determinato e se volete polemico, perché ci fa capire che qui è questione di vita e di morte. (Dove sta o cade la chiesa, come si esprimeva Lutero).

Vediamo come si apre il terzo capitolo.

La legge e la fede

III 1 O Galati insensati, chi vi ha ammaliati, voi, davanti ai cui occhi Gesù Cristo è stato rappresentato crocifisso? 2 Questo soltanto desidero sapere da voi: avete ricevuto lo Spirito per mezzo delle opere della legge o mediante la predicazione della fede? 3 Siete così insensati? Dopo aver cominciato con lo Spirito, volete ora raggiungere la perfezione con la carne? 4 Avete sofferto tante cose invano? Se pure è proprio invano. 5 Colui dunque che vi somministra lo Spirito e opera miracoli tra di voi, lo fa per mezzo delle opere della legge o con la predicazione della fede?

Abbiamo qui un insensati, o pazzi o senza cervello, direttamente ai Galati e non solo agli altri predicatori. Perché per l’apostolo si sono fatti presto sviare da ciò invece che egli gli aveva ben presentato.

Inoltre, il riferimento allo Spirito che opera miracoli, è importante, anche se non sappiamo bene a cosa si riferisca.

Cioè, non solo c’è stata la predicazione della fede, ma questa è avvenuta attraverso lo Spirito, che anche produce novità concreta della vita della comunità e dei singoli.

“Carne”, questo termine in italiano oramai ricorda carnalità, qualcosa di negativo o di “basso”. Ciò è dovuto ad una teologia dualista, gnostica, condannata ufficialmente ma che ha comunque pervaso la teologia cristiana. Qui indica il contrasto fra ragionamenti con la logica umana e invece ciò che dice lo Spirito di Dio.

Non è attaccata la legge (che si vedrà ha una sua funzione), ma l’affidarsi alle opere della legge, a quanto si è fatto seguendo la legge, considerandola salvifica.

Guardate che il contrasto è fra opere della legge e predicazione. Qui potrebbe sembrare che ci siano fatti da una parte e parole dall’altra (e questo alle volte viene rimproverato a Paolo come spiritualista), ma l’accenno ai miracoli ci dice che al contrario quella fede produce opere concrete, anzi molto più efficaci.

L’obiezione che si potrebbe fare è che tutto questo è roba nuova. Paolo allora comincia una rilettura biblica che mostra che questo è in linea con l’Antico Testamento, in questo preceduto ovviamente da Gesù stesso.

6 Così anche Abraamo credette a Dio e ciò gli fu messo in conto come giustizia.

Questa è una citazione di Genesi:Poi lo condusse fuori e gli disse: «Guarda il cielo e conta le stelle, se le puoi contare». E soggiunse: «Tale sarà la tua discendenza». Egli credette al SIGNORE, che gli contò questo come giustizia. Genesi 15:5-6

Vedete in effetti che questa fiducia nella promessa di Dio, questa fede è messa in conto come giustizia, è qualcosa che rende giusto Abramo agli occhi di Dio. E possiamo anche aggiungere che la Legge viene data solo molto tempo dopo a Mosè sul Sinai.

Questo però non solo vale nel ragionamento dell’apostolo solo per Abramo, perché Abramo è il progenitore non solo del popolo ebraico, ma benedizione per tutte le genti.

7 Riconoscete dunque che quanti hanno fede sono figli di Abraamo. 8 La Scrittura, prevedendo che Dio avrebbe giustificato gli stranieri per fede, preannunciò ad Abraamo questa buona notizia: «In te saranno benedette tutte le nazioni». 9 In tal modo, coloro che hanno la fede sono benedetti con il credente Abraamo.

Abbiamo qui infatti una citazione da Genesi:

Il SIGNORE disse ad Abramo: «Va’ via dal tuo paese, dai tuoi parenti e dalla casa di tuo padre, e va’ nel paese che io ti mostrerò; io farò di te una grande nazione, ti benedirò e renderò grande il tuo nome e tu sarai fonte di benedizione. Benedirò quelli che ti benediranno e maledirò chi ti maledirà, e in te saranno benedette tutte le famiglie della terra». Genesi 12:1-3

Si potrebbe forse interpretare diversamente, ma l’apostolo ci lega alla sua interpretazione che diviene così una spiegazione puntuale dell’annuncio del Signore.

Per ribadire questo l’apostolo spiega scritturalmente come mai la legge non dà giustificazione, ma invece la dia la fede.

10 Infatti tutti quelli che si basano sulle opere della legge sono sotto maledizione, perché è scritto: «Maledetto chiunque non si attiene a tutte le cose scritte nel libro della legge per metterle in pratica». 11 E che nessuno mediante la legge sia giustificato davanti a Dio è evidente, perché il giusto vivrà per fede. 12 Ma la legge non si basa sulla fede; anzi essa dice: «Chi avrà messo in pratica queste cose, vivrà per mezzo di esse». 13 Cristo ci ha riscattati dalla maledizione della legge, essendo divenuto maledizione per noi (poiché sta scritto: «Maledetto chiunque è appeso al legno»), 14 affinché la benedizione di Abraamo venisse sugli stranieri in Cristo Gesù, e ricevessimo, per mezzo della fede, lo Spirito promesso.

Molte sono le citazioni fatte in florilegio da rabbino quale Paolo era stato. Si consideri che sono tratte dalla Legge (4 su 5) perché la Legge sono anche i primi cinque libri della Scrittura.

La più importante riportata anche in Romani e nella lettera agli Ebrei è una citazione piuttosto complessa da comprendere anche nel contesto del profeta Abacuc.

Abacuc 2:4 4 Ecco, egli si è inorgoglito, non agisce rettamente; ma il giusto per la sua fede vivrà.

Riassumiamo quanto detto in precedenza per chiarire anche alcuni punti.

Paolo scrive arrabbiato ai Galati perché alcuni sono venuti a propagandare che bisogna circoncidersi per essere veri cristiani.

Paolo spiega che non solo Pietro e gli altri si erano accordati con lui perché così non dovesse essere, ma che affidarsi alla Legge mosaica fosse un tornare indietro. Non agli elementi del mondo a cui i pagani galati erano un tempo rivolti, ma comunque a qualcosa che è opera della carne.

Il capitolo 3 infatti introduce un contrasto fra lo Spirito e le azioni degli esseri umani senza lo Spirito, fra cui pensarsi giusti attraverso l’osservanza della Legge mosaica, e quindi comunque proveniente da Dio, fosse “carnale”. (in caso contrario Cristo sarebbe morto invano).

La sua successiva trattazione vuole spiegare perché la promessa di Abramo (che si estende a tutte le nazioni e non solo agli ebrei) va intesa come a favore di coloro che vi si affidano per fede.

La legge e la promessa

A questo punto per ribadire che tutto questo è valido per chi ha fede in Gesù Cristo e non solo per Abramo, introduce la spiegazione del testamento. E lo fa attraverso ovviamente alcune affermazioni scritturali.

15 Fratelli, io parlo secondo le usanze degli uomini: quando un testamento è stato validamente concluso, pur essendo soltanto un atto umano, nessuno lo annulla o vi aggiunge qualcosa. 16 Le promesse furono fatte ad Abraamo e alla sua progenie. Non dice: «E alle progenie», come se si trattasse di molte; ma, come parlando di una sola, dice: «E alla tua progenie», che è Cristo. 17 Ecco quello che voglio dire: un testamento che Dio ha stabilito anteriormente, non può essere annullato, in modo da render vana la promessa, dalla legge sopraggiunta quattrocentotrent’anni più tardi. 18 Perché se l’eredità viene dalla legge, essa non viene più dalla promessa; Dio, invece, concesse questa grazia ad Abraamo, mediante la promessa.

La preminenza della promessa sulla Legge (ecco perché è anche importante il numero di 430 anni) è importante perché si affianca, ma non annulla la promessa.

Finalmente la trattazione risponde alla domanda che probabilmente tutti potevano porsi: che motivazione ha la Legge?

19 Perché dunque la legge? Essa fu aggiunta a causa delle trasgressioni, finché venisse la progenie alla quale era stata fatta la promessa; e fu promulgata per mezzo di angeli, per mano di un mediatore. 20 Ora, un mediatore non è mediatore di uno solo; Dio invece è uno solo.

La Legge promulgata a causa delle trasgressioni contiene l’idea di far risaltare il peccato, si veda infatti come poi prosegue l’apostolo. Di fatto l’ingiustizia è già presente, la Legge viene aggiunta proprio per le varie trasgressioni ad una giustizia di Dio. Chiaramente mentre si discute sulla formalità della Legge a livello legale di uno Stato di diritto liberale. Qui stiamo parlando di Legge divina, promulgata da Dio, che quindi presuppone ci sia una giustizia pregressa.

In effetti, il dibattito sulla legge parte dal presupposto che su alcune cose come ad esempio l’omicidio ci sia una non liceità pur in assenza di una legge. Il problema che alle volte viene chiamato in causa un diritto naturale, ma non è questo di cui si parla, ma di giusto o sbagliato definito da Dio per tutte le varie situazioni.

La Legge dunque ha un compito differente rispetto alle promesse di Dio.

21 La legge è dunque contraria alle promesse di Dio? No di certo; perché se fosse stata data una legge capace di produrre la vita, allora sì, la giustizia sarebbe venuta dalla legge; 22 ma la Scrittura ha rinchiuso ogni cosa sotto peccato, affinché i beni promessi sulla base della fede in Gesù Cristo fossero dati ai credenti. 23 Ma prima che venisse la fede eravamo tenuti rinchiusi sotto la custodia della legge, in attesa della fede che doveva essere rivelata. 24 Così la legge è stata come un precettore per condurci a Cristo, affinché noi fossimo giustificati per fede.

È dunque un precettore (pedagogo, custode, maestro), nel senso probabile che ti fa scoprire l’esigenza di un Salvatore per tutti. Tutti sotto peccato, no nel senso che ti fa peccare (anche se c’è in altre parti questo aspetto psicologico), ma perché ti mostra il tuo errore. Possiamo aggiungere che se anche siamo liberati dall’idea che seguire la Legge sia (a) possibile e (b) salvifico, nondimeno ci dà una direzione di vita (e su questo l’apostolo ritorna al 5:14 e 6:2, con alcune “modifiche”).

25 Ma ora che la fede è venuta, non siamo più sotto precettore; 26 perché siete tutti figli di Dio per la fede in Cristo Gesù. 27 Infatti voi tutti che siete stati battezzati in Cristo vi siete rivestiti di Cristo. 28 Non c’è qui né Giudeo né Greco; non c’è né schiavo né libero; non c’è né maschio né femmina; perché voi tutti siete uno in Cristo Gesù. 29 Se siete di Cristo, siete dunque discendenza di Abraamo, eredi secondo la promessa.

La vita degli eredi segna la fine dell’identità nel seguire la Legge a quella di essere in Cristo.

Cade la distinzione fra quelli della legge e i pagani, ma cadono anche tutte le altre divisioni (quelle citate sono del mondo antico). Le separazioni sono il frutto del peccato?

Dalla schiavitù della legge alla libertà in Cristo

IV 1 Io dico: finché l’erede è minorenne, non differisce in nulla dal servo, benché sia padrone di tutto; 2 ma è sotto tutori e amministratori fino al tempo prestabilito dal padre. 3 Così anche noi, quando eravamo bambini, eravamo tenuti in schiavitù dagli elementi del mondo; 4 ma quando giunse la pienezza del tempo, Dio mandò suo Figlio, nato da donna, nato sotto la legge, 5 per riscattare quelli che erano sotto la legge, affinché noi ricevessimo l’adozione. 6 E, perché siete figli, Dio ha mandato lo Spirito del Figlio suo nei nostri cuori, che grida: «Abbà, Padre». 7 Così tu non sei più servo, ma figlio; e se sei figlio, sei anche erede per grazia di Dio.

8 In quel tempo, è vero, non avendo conoscenza di Dio, avete servito quelli che per natura non sono dèi; 9 ma ora che avete conosciuto Dio, o piuttosto che siete stati conosciuti da Dio, come mai vi rivolgete di nuovo ai deboli e poveri elementi, di cui volete rendervi schiavi di nuovo? 10 Voi osservate giorni, mesi, stagioni e anni! 11 Io temo di essermi affaticato invano per voi.

12 Siate come sono io, fratelli, ve ne prego, perché anch’io sono come voi.

La lettera prosegue con una parte in cui sembra che l’aspetto fisico dell’apostolo fosse oggetto di critica. (La potenza dello Spirito che si deve vedere???).

13 Voi non mi faceste torto alcuno; anzi sapete bene che fu a motivo di una malattia che vi evangelizzai la prima volta; 14 e quella che nella mia carne era per voi una prova, non la disprezzaste né vi fece ribrezzo; al contrario mi accoglieste come un angelo di Dio, come Cristo Gesù stesso. 15 Dove sono dunque le vostre manifestazioni di gioia? Poiché vi rendo testimonianza che, se fosse stato possibile, vi sareste cavati gli occhi e me li avreste dati. 16 Sono dunque diventato vostro nemico dicendovi la verità? 17 Costoro sono zelanti per voi, ma non per fini onesti; anzi vogliono staccarvi da noi affinché il vostro zelo si volga a loro. 18 Ora è una buona cosa essere in ogni tempo oggetto dello zelo altrui nel bene, e non solo quando sono presente tra di voi. 19 Figli miei, per i quali sono di nuovo in doglie finché Cristo sia formato in voi, 20 oh, come vorrei essere ora presente tra di voi e cambiar tono, perché sono perplesso a vostro riguardo!

Adesso l’apostolo prosegue con una parte che mostra come la legge a suo avviso non porti a ciò che vogliono fare. Come scrive esplicitamente ne fa un’interpretazione allegorica.

21 Ditemi, voi che volete essere sotto la legge, non prestate ascolto alla legge? 22 Infatti sta scritto che Abraamo ebbe due figli: uno dalla schiava e uno dalla donna libera; 23 ma quello della schiava nacque secondo la carne, mentre quello della libera nacque in virtù della promessa.

24 Queste cose hanno un senso allegorico, poiché queste donne sono due patti; uno, del monte Sinai, genera per la schiavitù, ed è Agar. 25 Infatti Agar è il monte Sinai in Arabia e corrisponde alla Gerusalemme del tempo presente, che è schiava con i suoi figli.

26 Ma la Gerusalemme di lassù è libera, ed è nostra madre. 27 Infatti sta scritto: «Rallègrati, sterile, che non partorivi! Prorompi in grida, tu che non avevi provato le doglie del parto! Poiché i figli dell’abbandonata saranno più numerosi di quelli di colei che aveva marito».

28 Ora, fratelli, come Isacco, voi siete figli della promessa. 29 E come allora colui che era nato secondo la carne perseguitava quello che era nato secondo lo Spirito, così succede anche ora. 30 Ma che dice la Scrittura? «Caccia via la schiava e suo figlio; perché il figlio della schiava non sarà erede con il figlio della donna libera». 31 Perciò, fratelli, noi non siamo figli della schiava, ma della donna libera.

Essere figli della promessa dunque e liberi e non schiavi, né della legge, né di Dio (confronta Islam).

Ciò precede un appello netto e ripetuto:

V 1 Cristo ci ha liberati perché fossimo liberi; state dunque saldi e non vi lasciate porre di nuovo sotto il giogo della schiavitù.

2 Ecco, io, Paolo, vi dichiaro che se vi fate circoncidere, Cristo non vi gioverà a nulla. 3 Dichiaro di nuovo: ogni uomo che si fa circoncidere è obbligato a osservare tutta la legge. 4 Voi che volete essere giustificati dalla legge siete separati da Cristo; siete scaduti dalla grazia.

5 Poiché quanto a noi, è in spirito, per fede, che aspettiamo la speranza della giustizia. 6 Infatti, in Cristo Gesù non ha valore né la circoncisione né l’incirconcisione; quello che vale è la fede che opera per mezzo dell’amore.

Si noti la fede che opera per mezzo dell’amore. Non opera per seguire o per paura della legge, ma per seguire il comandamento dell’amore.

Poi l’apostolo si chiede come mai possano essersi allontanati così semplicemente, da quanto predicato e creduto inizialmente.

7 Voi correvate bene; chi vi ha fermati perché non ubbidiate alla verità? 8 Una tale persuasione non viene da colui che vi chiama. 9 Un po’ di lievito fa lievitare tutta la pasta. 10 Riguardo a voi, io ho questa fiducia nel Signore, che non la penserete diversamente; ma colui che vi turba ne subirà la condanna, chiunque egli sia. 11 Quanto a me, fratelli, se io predico ancora la circoncisione, perché sono ancora perseguitato? Lo scandalo della croce sarebbe allora tolto via. 12 Si facciano pure evirare quelli che vi turbano!

L’invettiva finale lascia comprendere l’enormità del contrasto su questo punto.

La carne e lo Spirito

Inizia adesso una sezione che spiega come il vivere nella libertà non sia un vivere secondo il mondo (come alcuni potrebbero rimproverare), bensì secondo lo Spirito.

È quello che si è rimproverato all’apostolo spesso.

13 Perché, fratelli, voi siete stati chiamati a libertà; soltanto non fate della libertà un’occasione per vivere secondo la carne, ma per mezzo dell’amore servite gli uni agli altri; 14 poiché tutta la legge è adempiuta in quest’unica parola: «Ama il tuo prossimo come te stesso».

L’apostolo (come anche Gesù) condensa la legge nel comandamento dell’amore verso il prossimo. Si noti che qui non è espresso l’amore verso Dio, che è dato per sottinteso e non è conteso. E si noti anche che l’amore del prossimo non è qualcosa di sentimentale, ma di fattivo. Per spiegarlo introduce il non amore.

15 Ma se vi mordete e divorate gli uni gli altri, guardate di non essere consumati gli uni dagli altri. 16 Io dico: camminate secondo lo Spirito e non adempirete affatto i desideri della carne. 17 Perché la carne ha desideri contrari allo Spirito e lo Spirito ha desideri contrari alla carne; sono cose opposte tra di loro, in modo che non potete fare quello che vorreste. 18 Ma se siete guidati dallo Spirito, non siete sotto la legge.

L’affidarsi allo Spirito e non alla legge garantirebbe il vero seguire il Signore.

L’apostolo contrappone infatti le opere della carne e il frutto dello Spirito. Notate le opere della carne sono cose che si fanno di nostra volontà e decisione, lo Spirito invece ci dona le cose buone.

19 Ora le opere della carne sono manifeste, e sono: [adulterio,] fornicazione, impurità, dissolutezza, 20 idolatria, stregoneria, inimicizie, discordia, gelosia, ire, contese, divisioni, sètte, 21 invidie, [omicidi,] ubriachezze, orge e altre simili cose; circa le quali, come vi ho già detto, vi preavviso: chi fa tali cose non erediterà il regno di Dio.

Vedete che qui c’è una lista che probabilmente non vuole essere esaustiva, ma che riprende degli elenchi usuali al tempo.

22 Il frutto dello Spirito invece è amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, mansuetudine, autocontrollo; 23 contro queste cose non c’è legge. 24 Quelli che sono di Cristo Gesù hanno crocifisso la carne con le sue passioni e i suoi desideri. 25 Se viviamo per lo Spirito, camminiamo altresì per lo Spirito. 26 Non siamo vanagloriosi, provocandoci e invidiandoci gli uni gli altri.

Ecco che qui troviamo una lista non di opere, ma di atteggiamenti, di stile di vita.

La vita nuova in Cristo

Adesso enunciato il frutto dello Spirito in generale, Paolo passa a considerare le modalità di azione.

Ne viene fuori dunque due orientamenti dell’esistenza, quello dominato dalla sarks e quello del pneuma. Se si vuole due stili di vita differenti, che possono alle volte essere simili in certe decisioni, ma con spirito nettamente differente.

E viene data una presentazione pratica, ma non sistematica, di ciò che vuol dire.

VI 1 Fratelli, se uno viene sorpreso in colpa, voi, che siete spirituali, rialzatelo con spirito di mansuetudine. Bada bene a te stesso, che anche tu non sia tentato. 2 Portate i pesi gli uni degli altri e adempirete così la legge di Cristo. 3 Infatti se uno pensa di essere qualcosa pur non essendo nulla, inganna se stesso. 4 Ciascuno esamini invece l’opera propria; così avrà modo di vantarsi in rapporto a se stesso e non perché si paragona agli altri. 5 Ciascuno infatti porterà il proprio fardello.

6 Chi viene istruito nella parola faccia parte di tutti i suoi beni a chi lo istruisce.

7 Non vi ingannate, non ci si può beffare di Dio; perché quello che l’uomo avrà seminato, quello pure mieterà. 8 Perché chi semina per la sua carne, mieterà corruzione dalla carne; ma chi semina per lo Spirito mieterà dallo Spirito vita eterna. 9 Non ci scoraggiamo di fare il bene; perché, se non ci stanchiamo, mieteremo a suo tempo. 10 Così dunque, finché ne abbiamo l’opportunità, facciamo del bene a tutti, ma specialmente ai fratelli in fede.

Inizia poi qui una chiusa che riprende alcuni dei temi della lettera.

11 Guardate con che grossi caratteri vi ho scritto di mia propria mano!

I grossi caratteri si riferiscono forse al fatto che Paolo non riesce a scrivere in piccolo come lo scrivano a cui detta. Mentre per alcuni sono grandi per sottolineare l’importanza dell’appello finale.

Prima c’è di nuovo un’accusa di interesse verso i sobillatori che sono arrivati contro Paolo.

12 Tutti coloro che vogliono far bella figura nella carne vi costringono a farvi circoncidere, e ciò al solo fine di non essere perseguitati a causa della croce di Cristo. 13 Poiché neppure loro, che sono circoncisi, osservano la legge; ma vogliono che siate circoncisi per potersi vantare della vostra carne.

Poi si ripresenta il tema della vita partendo dalla crocifissione di Cristo, che viene presentata come essere una nuova creatura. Chi vive dello Spirito è una novità di vita, come spesso in altre lettere Paolo riprenderà, ma che qui è solo accennato. La conversione è proprio vivere come nuove persone, di nuovo lo stile, l’impostazione della vita è fondamentale (poi tutti sbagliano…)

14 Ma quanto a me, non sia mai che io mi vanti di altro che della croce del nostro Signore Gesù Cristo, mediante la quale il mondo, per me, è stato crocifisso e io sono stato crocifisso per il mondo. 15 Infatti, [in Cristo Gesù,] tanto la circoncisione che l’incirconcisione non sono nulla; quello che importa è l’essere una nuova creatura.

Infine c’è questo saluto finale in cui c’è ancora “fratelli” e questo camminare, cioè vivere, secondo la nuova regola della libertà nell’amore.

16 Su quanti cammineranno secondo questa regola siano pace e misericordia, e così siano sull’Israele di Dio. 17 Da ora in poi nessuno mi dia molestia, perché io porto nel mio corpo il marchio di Gesù. 18 La grazia del nostro Signore Gesù Cristo sia con il vostro spirito, fratelli. Amen.


  1. Cfr. Atti 9:1-5 Saulo, sempre spirante minacce e stragi contro i discepoli del Signore, si presentò al sommo sacerdote 2 e gli chiese delle lettere per le sinagoghe di Damasco affinché, se avesse trovato dei seguaci della Via, uomini e donne, li potesse condurre legati a Gerusalemme. 3 E durante il viaggio, mentre si avvicinava a Damasco, avvenne che, d’improvviso, sfolgorò intorno a lui una luce dal cielo 4 e, caduto in terra, udì una voce che gli diceva: «Saulo, Saulo, perché mi perseguiti?» 5 Egli domandò: «Chi sei, Signore?» E il Signore: «Io sono Gesù, che tu perseguiti.↩︎
  2. Cfr. Atti 9:26-30 Quando [Saulo] fu giunto a Gerusalemme, tentava di unirsi ai discepoli; ma tutti avevano paura di lui, non credendo che fosse un discepolo. 27 Allora Barnaba lo prese con sé, lo condusse dagli apostoli e raccontò loro come durante il viaggio aveva visto il Signore che gli aveva parlato, e come a Damasco aveva predicato con coraggio nel nome di Gesù. 28 Da allora Saulo andava e veniva con loro in Gerusalemme, e predicava con franchezza nel nome del Signore [Gesù]; 29 discorreva pure e discuteva con gli Ellenisti; ma questi cercavano di ucciderlo. 30 I fratelli, saputolo, lo condussero a Cesarea e di là lo mandarono a Tarso. E poi dopo Atti 11:25-26 25 Poi [Barnaba] partì verso Tarso, a cercare Saulo; e, dopo averlo trovato, lo condusse ad Antiochia. 26 Essi parteciparono per un anno intero alle riunioni della chiesa e istruirono un gran numero di persone; ad Antiochia, per la prima volta, i discepoli furono chiamati cristiani.↩︎
  3. Cfr. Atti 15:1-2 Alcuni, venuti dalla Giudea, insegnavano ai fratelli, dicendo: «Se voi non siete circoncisi secondo il rito di Mosè, non potete essere salvati». 2 E siccome Paolo e Barnaba dissentivano e discutevano vivacemente con loro, fu deciso che Paolo, Barnaba e alcuni altri fratelli salissero a Gerusalemme dagli apostoli e anziani per trattare la questione. E poi troviamo il decreto della Conferenza di Gerusalemme: Atti 15:22-29 Allora parve bene agli apostoli e agli anziani con tutta la chiesa, di scegliere tra di loro alcuni uomini da mandare ad Antiochia con Paolo e Barnaba: Giuda, detto Barsabba, e Sila, uomini autorevoli tra i fratelli. 23 E consegnarono loro questa lettera: «Gli apostoli e i fratelli anziani, ai fratelli di Antiochia, di Siria e di Cilicia che provengono dal paganesimo, salute. 24 Abbiamo saputo che alcuni fra noi, partiti senza nessun mandato da parte nostra, vi hanno turbato con i loro discorsi, sconvolgendo le anime vostre [dicendo che bisogna che siate circoncisi e osserviate la legge]. 25 È parso bene a noi, riuniti di comune accordo, di scegliere degli uomini e di mandarveli insieme ai nostri cari Barnaba e Paolo, 26 i quali hanno messo a repentaglio la propria vita per il nome del Signore nostro Gesù Cristo. 27 Vi abbiamo dunque inviato Giuda e Sila; anch’essi vi riferiranno a voce le medesime cose. 28 Infatti è parso bene allo Spirito Santo e a noi di non imporvi altro peso all’infuori di queste cose, che sono necessarie: 29 astenervi dalle carni sacrificate agli idoli, dal sangue, dagli animali soffocati e dalla fornicazione; da queste cose farete bene a guardarvi. State sani».↩︎