Introduzione
Ecco una introduzione generale ai quattro vangeli (evangelo è il termine in uso in italiano di qualche tempo fa, che rendeva più evidente la sua derivazione greca).
Quattro sono gli evangeli canonici. E tutti i documenti antichi in nostro possesso li citano insieme, nello stesso ordine, con gli stessi nomi. Questi quattro sono da sempre nel Canone, senza dubbi.
Il primo nell’ordine è quello di Matteo. Guardando a quanto materiale c’è in comune (il cosiddetto problema sinottico) con Marco, a quanto di questo appare anche in Luca, è stata sviluppata l’ipotesi che il primo ad essere stato scritto è quello di Marco e che poi Matteo e Luca lo abbiano conosciuto e lo abbiano usato per il loro. Questo è rafforzato dal fatto che sembrano seguire l’ordine dei fatti di Marco, con aggiunte e tralascino alle volte alcuni particolari di Marco.
C’è poi un’altra serie di versetti, di solito discorsivi, che appaiono in Luca e in Matteo e che hanno suggerito circolasse una raccolta di detti di Gesù.
Ovviamente queste sono ipotesi, che alcuni tradizionalisti non seguono (con questo termine non voglio esprimere un giudizio di valore, ma osservare che in fondo la motivazione del tutto difendibile è quella di non cambiare i dati tradizionali a meno di evidenze certe). Però ci aiutano a pensare che nella redazione del testo entrino anche le convinzioni e i gusti degli evangelisti. Dunque, perché siano accostati elementi diversi, perché si dia risalto ad alcune cose e non ad altre, oltre che le osservazioni dirette, dipendano dall’evangelista.
La chiesa antica mantenendo nel Canone quattro evangeli ha testimoniato di apprezzare questa diversità di testimonianze come una ricchezza.
Che genere letterario sono gli evangeli? È escluso che siano biografie. Troppi sono gli elementi di una biografia classica che mancano. Si veda più sotto per una risposta.
Inoltre per quanto riguarda i discorsi di Gesù, essi appaiono scritti come si usava al tempo, un riepilogo di temi e di frasi che dovevano rendere conto del tenore dei discorsi fatti, ma che non erano, ovviamente, un resoconto stenografico. Importante notare però che nella tradizione orale si mantengono formule particolari paradossali o proverbiali che vengono ricordate più a lungo, anche rispetto alle situazioni in cui sono state pronunciate.
Sul genere “evangelo”
Iniziamo leggendo l’inizio del vangelo di Luca.
Poiché molti hanno intrapreso a ordinare una narrazione dei fatti che hanno avuto compimento in mezzo a noi, come ce li hanno tramandati quelli che da principio ne furono testimoni oculari e che divennero ministri della Parola,
è parso bene anche a me, dopo essermi accuratamente informato di ogni cosa dall’origine, di scrivertene per ordine, illustre Teofilo, perché tu riconosca la certezza delle cose che ti sono state insegnate. (Luca 1:1-4)
Da questo inizio dell’evangelo di Luca apprendiamo che:
- prima di lui già c’erano delle persone che avevano posto per iscritto le vicende di Gesù
- che ciò che era stato posto per iscritto veniva da testimoni oculari
- che il suo scritto è storicamente accurato, informandosene dall’origine e scritto per ordine
- e l’intento è quello di dare certezza ai cristiani di ciò che hanno appreso da altri credenti (Per questo ultimo punto l’evangelo si pone come genere letterario particolare, da cui possiamo anche ricavare informazione storiche, ma che non vuole essere una biografia).
Si noti che capire quale sia il genere letterario di ciò che si sta leggendo è fondamentale per la sua comprensione. Spesso per i cosiddetti letteralisti il genere letterario è solamente: racconto storico e vero.
La situazione storica in cui vengono scritti gli evangeli si situa al passaggio della prima generazione cristiana alle seguenti, dove c’è la scomparsa dei primi testimoni e dunque dalla necessità di porre per scritto la loro testimonianza, anche perché ben presto sorgono tutta una serie di interpretazioni e di assimilazioni in altri ambiti del messaggio cristiano.
I quattro evangeli all’incirca alla fine del primo secolo erano già disponibili.
Breve digressione sugli apocrifi
Gli apocrifi sono sostanzialmente di tre specie. Ci sono testi giudicati interessanti anche nel tempo antico, ma non inseriti nel canone, altri chiaramente fantasiosi, altri che presentano una elaborazione gnostica. In breve però l’analisi di questi testi anche con le conoscenze attuali dimostra che il criterio della chiesa antica fosse corretto. C’è da aggiungere che riguardo ai quattro vangeli questi appaiono sempre insieme fin dai primi manoscritti da noi posseduti e furono sempre considerati insieme come degni di lettura (da parte alcune significative eccezioni: Marcione e Taziano con la sua concordanza di evangeli).
Storicità e incongruenze
In special modo Luca appare molto accurato.
Testimoni non sempre concordi. Questo costituisce una vanto anziché un problema per i cristiani. C’è una pluralità, come c’è sempre una pluralità nei testimonianze.
Il pluralismo della chiesa è dunque presente fin dall’inizio anche nella chiesa che chiamiamo ortodossa in riferimento ad altre che sono definite eterodosse o eretiche.
Una ricerca che non ha portato a risultati degni di nota è quella di vedere un processo aggiuntivo di dichiarazioni sul figlio di Dio o di post-datazione in base agli elementi gnostici, che però si è dimostrato pensiero molto antico. (Molti elementi vengono addirittura da Platone 428-328 a. C. È stato trovato anche uno gnosticismo pre-cristiano. Inoltre Filone d’Alessandria (20 a.C.-45 d.C) che introduce il platonismo nella lettura della Bibbia, presenta il Creatore della Genesi come il demiurgo, e ha una lettura allegorica come faranno gli gnostici.)
Lo storico del tempo non faceva spesso differenza fra i fatti e la sua interpretazione. D’altronde ciò è in buona parte vero ancor oggi. Non solo se io racconto certi fatti e non altri ne sto dando una interpretazione, ma ponendoci dinnanzi a racconti, specie di miracoli, dicendo che non sono reali ne ho dato già una interpretazione.
A noi è data dunque una pluralità di testimoni e noi abbiamo fede nel senso che ci fidiamo dell’interpretazione di quei testimoni. Ma non abbiamo certezza, se non certezza di fede. L’interpretazione letteralista è il tentativo di sostituire alla verità di fede una verità oggettiva. Il tentativo di molti commentatori atei è trasportare nel mito ciò che è testimonianza storica, testimonianza certo, ma storica.