(Predicazione in occasione della Domenica dell’eternità)
Nel capitolo 6 dell’evangelo di Giovanni, troviamo che Gesù interloquisce con una folla, dopo che ha fatto il miracolo della moltiplicazione dei pani.
Quella gente ha capito che potrà avere da mangiare a sazietà, con una certa continuità, se si tiene vicino a Gesù. In realtà, Gesù lo ha fatto per far conoscere loro la sua potenza benigna e vuole chiarire che il pane è solo un simbolo della sua persona, che porta vita eterna, infatti Egli è il pane della vita.
Essi quindi gli dissero: «Signore, dacci sempre di questo pane». Gesù disse loro: «Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà più fame e chi crede in me non avrà mai più sete. Ma io ve l’ho detto: “Voi avete visto, eppure non credete!” Tutti quelli che il Padre mi dà verranno a me; e colui che viene a me, non lo caccerò fuori; perché sono disceso dal cielo non per fare la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato. Questa è la volontà di colui che mi ha mandato: che io non perda nessuno di quelli che egli mi ha dati, ma che li risusciti nell’ultimo giorno. Poiché questa è la volontà del Padre mio: che chiunque contempla il Figlio e crede in lui, abbia vita eterna; e io lo risusciterò nell’ultimo giorno».
Giovanni 6:34-40
Fame
La folla quindi, come dicevo, ha equivocato. In tempi di povertà, come erano quelli, l’idea di avere sempre pane da mangiare, o comunque aver pane con una certa regolarità da parte di un personaggio “buono” era già una notizia proprio bella e miracolosa. Forse, quelli saranno restati un poco delusi, in quanto la lotta per l’esistenza materiale sarebbe dovuta continuare più o meno come prima. Ma Gesù sta parlando di una vita più vera e più ricca del piano strettamente materiale.
Mi viene da pensare che in tutte le epoche, anche se il lato materiale è così importante, la gente in fondo si accontenti di questo: di un po’ di vita, di un po’ di sazietà. Non che non ci si debba impegnare per questo e che tutto questo non ci debba rendere soddisfatti e far ingraziare il nostro Signore, ma denota come una visione miope, che non guarda più in là di un giorno o di qualche anno, oppure che non si ponga il senso del vivere. Realmente tutta la gioia e la felicità sta in una pancia sazia e nelle piccole gioie della vita? Dato che la vita poi finisce: cosa realmente ci dà una gioia duratura, visto che tutto passa?
Gesù offre, invece, di saziare per sempre tutta la nostra esistenza. La sete di vivere, la sete del senso della vita, la gioia che non tramonta, perché confida nella risoluzione di ogni problema e enigma dell’esistenza.
C’è dunque fame e sete di Dio, fame e sete di sapere che non siamo su questa terra per caso, per un capriccio di un destino ignoto.
Certamente, anche credendo in Gesù Cristo, noi non capiamo tutto della nostra vita come degli avvenimenti del mondo, noi non abbiamo risposte ai tanti perché della nostra vita, come quella dei nostri cari e dell’umanità. Ma sappiamo che c’è un Signore, che sa, che conosce, e che opera infine in maniera ineffabile per ogni vicenda umana.
E c’è anche da dire che poi nel vivere la quotidianità: del lavoro, della ricerca del pane da mangiare, ma anche della cura dei figli o dei nostri cari come anche dello svago e dell’attività pubblica, la visione di non essere abbandonati agli eventi, dà una nuova percezione e quindi anche una nuova vitalità. Anche se l’inflazione aumenta o se dobbiamo rinunciare a qualcosa, ecco che non è un avvenimento così tragico, ma abbiamo una visione più grande e più solida della nostra vita.
Nessuno si perde
Dice Gesù che la volontà di Dio Padre è: <<che io non perda nessuno di quelli che egli mi ha dati>>.
Le chiese hanno spesso insistito sul fatto di credere in un certo modo, di essere in una certa maniera. La questione però non è legata a quanto siamo bravi noi o a quanta fede abbiamo. Nessuno di quelli dati da Dio a Gesù sarà mai perduto.
Noi annunciamo dunque di avere piena fiducia in Gesù Cristo anche se ci sfuggono alle volte le nostre certezze e ci chiediamo se siamo o meno dei veri credenti. E invece confidiamo che nessuno verrà perduto, né di noi né dei nostri cari, anche per quelli per i quali a volte preghiamo sfiduciati.
Noi che perdiamo tanti affetti, tante occasioni, tanta vita appresso alle cose futili del mondo, che perdiamo alle volte anche i ricordi, noi e proprio noi non saremo perduti, anzi ritroveremo tutta la nostra esistenza.
Resurrezione e vita eterna
La vita eterna è vita già donata oggi, non qualcosa di nuovo, ma qualcosa che continua anche dopo la morte. Proprio in questo suo continuare, nel suo essere “eterna”, c’è resurrezione per accedere al Regno di Dio.
Noi ovviamente non sappiamo niente di come effettivamente possa realizzarsi tutto ciò. In questo possiamo solo riconoscere la nostra perfetta ignoranza e i nostri limiti, anche intellettivi. E questo ci mette al riparo di dire cose vuote e di fare vane descrizioni come un tempo furono fatte.
Però possiamo annunciare seguendo la Parola del Signore, che saremo proprio noi, come nuovamente creati, con una corporeità differente da ciò che siamo oggi, eppure sempre con una estensione e fisicità collegati al noi di oggi.
Qui è la vera e autentica speranza cristiana. Risorgere proprio noi, non un fantasma, né un’idea di noi, ma proprio noi per essere insieme a tutti gli altri e ai nostri cari in particolare, una nuova società: felice, giusta, vera e sazia nel senso di vera esistenza. Amen
Die Menge hat das missverstanden. Vielleicht war die Vorstellung, immer Brot zu essen zu haben, damals schon eine sehr gute Nachricht. Aber Jesus spricht von einem Leben, das wahrer und reicher ist als die rein materielle Ebene.
Die Menschen begnügen sich oft mit ein paar kleinen Freuden im Leben, was aber auf eine kurzsichtige Sichtweise hindeutet, die nicht weiter in die Zukunft blickt. Stattdessen bietet Jesus an, unsere gesamte Existenz für immer zu befriedigen.
Sicherlich werden wir nicht alles verstehen, aber wir wissen, dass es einen Herrn gibt, der alles weiß und niemanden verliert.
Und obwohl wir nicht wissen, wie es sein wird, können wir ankündigen, dass wir wieder erschaffen werden, mit einer anderen Körperlichkeit und doch immer wir. Das ist die wahre und authentische christliche Hoffnung: uns auferstehen zu lassen, um mit allen anderen und insbesondere mit unseren Lieben zusammen zu sein.