Il senso della vita

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Le lettere ai corinzi sono piene di spunti perché sono uno spaccato di vita delle prime chiese e della vita dell’apostolo. Esse nascono dal contrasto fra modi di vivere e di essere che ci sono in quella chiesa e ciò che l’apostolo Paolo predica, ma anche è. Nel senso che probabilmente c’erano anche critiche alla persona di Paolo.

Potenza umana e di Dio

Capiamo, ad esempio, come ci fosse nella chiesa cristiana di Corinto una corrente di membri della chiesa, che volevano un “modello” di apostolo, anzi una guida della chiesa: da ammirare per la sua prestanza, di cui potersi gloriare di fronte agli altri e a sè stessi. Invece Paolo, al contrario di quello che avrebbero voluto, non era probabilmente così immaginifico nella sua predicazione, ma anche e soprattutto la sua vita era piena di insuccessi, di malanni e di sofferenze.

L’apostolo stava invecchiando, forse perdeva qualche colpo, e quelli si chiedevano come potesse essere egli l’alfiere della salvezza per l’umanità? Poteva essere considerato un prescelto dal Signore? Non impressionava nessuno.

C’era dietro l’idea antica, quanto traditrice, del successo come garanzia del favore divino. Qualcosa di pagano, è ovvio, ma che si ritrova nella storia delle chiese (come l’idea di chiesa trionfante) e anche oggi fra molti.

Allora l’apostolo parla della sua vita e dell’esperienza nel suo ministero di apostolo, rapportato al valore del messaggio dell’evangelo. Qualcosa di personale dell’apostolo, ma che insegna a tutti noi, per quanto giovani possiamo essere. Il testo che leggiamo non di seguito, inizia paragonando il messaggio di salvezza dell’evangelo ad un tesoro.

II Corinzi 4:7 – 5:1 Ma noi abbiamo questo tesoro in vasi di terra, affinché questa grande potenza sia attribuita a Dio e non a noi.

Noi siamo tribolati in ogni maniera, ma non ridotti all’estremo; perplessi, ma non disperati; perseguitati, ma non abbandonati; atterrati, ma non uccisi; portiamo sempre nel nostro corpo la morte di Gesù, perché anche la vita di Gesù si manifesti nel nostro corpo; infatti, noi che viviamo siamo sempre esposti alla morte per amore di Gesù, affinché anche la vita di Gesù si manifesti nella nostra carne mortale. Di modo che la morte opera in noi, ma la vita in voi.

II Cor 4:7-12

La grande potenza di vita, di salvezza va attribuita interamente a Dio.

L’idea che ci serva un campione di forza e di potenza per la proclamazione dell’evangelo sarebbe contrario all’evangelo stesso. Ci illuderebbe nel riporre la nostra fiducia nel guaritore, nel santo, nell’istituzione, cioè in qualcosa di umano e non divino. Non solo una teologia del successo sarebbe contraria all’evangelo, ma anche una sua proclamazione grandiosa porta fuori strada.

Le difficoltà affrontate dall’apostolo: “La morte opera in noi, ma la vita in voi“, spiegano che la sua fatica e le sue privazioni lo facciano invecchiare, ma gli facciano predicare l’evangelo della grazia al vero. E ciò dà vita ai corinzi e a noi che leggiamo.

E questa resistenza alle condizioni avverse: “tribolati in ogni maniera, ma non ridotti all’estremo…” parla anche della nostra esistenza. C’è anche una resistenza, una vita che non viene mai meno, per i cristiani. È vita, vita eterna donataci, che fa sì che spesso si possa ripartire dopo i traumi, ma anche man mano che le forze scendono non avere scoraggiamenti, ma fiducia.

Anche se una volta potevamo fare affidamento su di una grande forza, adesso riconosciamo che oggi, come ieri, è solo per merito del Signore che viviamo.

Il mito delle giovinezza, però, come quello della produttività rimangono inalterati nella nostra epoca.

Ho visitato persone anziane che si dichiaravano inutili, pensavo fosse il pensiero dei loro parenti che facevano loro pesare la loro debolezza e bisogno di cure. Poi ho scoperto che non era così, in fondo avevano vissuto tutta la vita con quel mito in testa e adesso che erano in quelle condizioni, si ritenevano da buttar via, come erano stati da buttar via gli altri quando loro erano giovani. Certamente erano coerenti. Ma non è una visione cristiana.

Affrontare la vecchiaia, come le altre cose della vita, è anche una questione di fede.

Imparare a fidarsi di Dio

Prosegue infatti l’apostolo scrivendo:

Siccome abbiamo lo stesso spirito di fede, secondo ciò che è scritto: «Ho creduto, perciò ho parlato», anche noi crediamo, perciò parliamo, sapendo che colui che risuscitò il Signore Gesù risusciterà anche noi con Gesù, e ci farà comparire con voi alla sua presenza. Tutto ciò infatti avviene per voi, affinché la grazia che abbonda per mezzo di un numero maggiore di persone moltiplichi il ringraziamento alla gloria di Dio.

II Cor 4:13-15

La fede dunque nella potenza di Dio che risuscita è fondamentale per parlare, per predicare l’evangelo. Ma anche per vivere ritrovando la speranza in ogni situazione e tempo, come anche la prospettiva di vita eterna per grazia di Dio in Gesù Cristo è fondamentale.

Ciò apre allora all’appello finale dell’apostolo che è un incoraggiamento sostanziale per tutto il nostro vivere.

Perciò non ci scoraggiamo; ma, anche se il nostro uomo esteriore si va disfacendo, il nostro uomo interiore si rinnova di giorno in giorno. Perché la nostra momentanea, leggera afflizione ci produce un sempre più grande, smisurato peso eterno di gloria, mentre abbiamo lo sguardo intento non alle cose che si vedono, ma a quelle che non si vedono; poiché le cose che si vedono sono per un tempo, ma quelle che non si vedono sono eterne. Sappiamo infatti che se questa tenda, che è la nostra dimora terrena, viene disfatta, abbiamo da Dio un edificio, una casa non fatta da mano d’uomo, eterna, nei cieli.

II Cor 4:16-5:1

C’è una forza di vita che ci tiene in vita, ed è quella del Signore. E sarà quella forza e non la nostra che ci darà ovviamente resurrezione. Spesso come nel salmo iniziale il Signore ci soccorre, per salvarci e darci fede anche in futuro.

C’è da imparare a fidarsi di Dio, per vedere coma sua sia la potenza e non nostra.

Il senso della vita

Le cose che non si vedono sono eterne, dice l’apostolo. Noi viviamo nelle cose che si vedono, ma dobbiamo avere lo sguardo, la direzione a quelle che non si vedono, alle opere di Dio.

Come osservavamo il mondo di valori della società umana lontana da Dio è quel mondo che vuole prestanza, successo… Restando con quella dimensione terrena siamo presto portati non solo fuori strada (la critica che veniva fatta all’apostolo Paolo non era solo una critica al suo operare, ma diviene una critica all’evangelo), ma anche ci rende presto scoraggiati.

Lo sguardo intento alle cose che non si vedono, invece, è una tensione verso la dimensione della resurrezione. E dà il senso della vita, come direzione. Quando si parla del senso della vita si parla di solito (e non è del tutto sbagliato) di cose che si fanno che ci fanno star bene, che ci fanno sentire di spendere bene le nostre energie e il nostro tempo.

Il senso della vita, nel significato primario, è però una direzione, non solo o non tanto come ciò che si fa, ma come viaggio verso qualcosa o in questo caso verso il Signore.

Ovviamente, noi facciamo tante cose nella vita. E fare conto di quante cose giuste e vere abbiamo fatto, oggi o nell’esistenza, è da una parte espressione di responsabilità personale, ma d’altra parte può essere un altro modo di pensare in maniera utilitaristica alla vita.

Come persona man mano che invecchio posso fare meno cose, e non è detto che quel meno sia poi così meno importante, ma il senso della vita è nel viaggiare verso il Signore, acquistando esperienza di Dio, imparando e glorificando Dio. È il vivere verso il Signore che dà il senso, la direzione alla nostra esistenza, che rende vera la mia vita anche se non ho poi combinato un granché.

Vivere in direzione di Dio e conoscere sempre meglio l’evangelo, non è tempo sprecato ma tempo ritrovato, è tempo d’eternità, che magari quando si è più giovani non si è fatto in tempo a trovare e utilizzare…

Quella saggezza che talvolta si attribuisce agli anziani (anche se nella nostra società lo si fa sempre meno) viene forse proprio dall’aver vissuto molteplici situazioni e dal constatare i propri limiti ed errori, e poi aver riflettuto su come il Signore ha agito, per portarci a sperare in Lui.

Vivere come nomadi di questa vita, come pellegrini su questa terra, che però hanno sempre e comunque una direzione e una meta, la casa che Dio ci ha costruito, forse è qui il segreto per imparare a vivere. Amen


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