Non per un domani, ma già per oggi

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Vediamo come alcuni ateniesi accolgono l’annuncio dell’apostolo Paolo sulla resurrezione di Gesù Cristo, in un discorso dell’apostolo Paolo. Ora sappiamo che Luca, l’autore degli Atti, è uno scrittore colto del suo tempo e al pari di tutti gli scrittori antichi ricostruisce un discorso, che in maniera sintetica vuole dare il tono e sottolineare gli elementi chiave di quello che avrebbe detto il protagonista.

(Versione audio)

Inoltre, come d’uso, ha spiegato prima per noi lettori anche il clima in cui si svolge la scena. (E al pari di altri particolari che si trovano negli Atti e nell’evangelo di Luca, questi corrispondono a ciò che gli storici moderni hanno riscontrato.)

In particolare, Luca dice che ad Atene c’erano non solo vari filosofi stoici ed epicurei che discutevano per le vie e le piazze, ma che tutta la gente era appassionata alla novità e alle discussioni filosofiche e religiose. Dunque, l’apostolo Paolo si trovava in un ambiente ricco di religiosità, con i loro vari templi e predicatori, e di filosofie le più disparate e sempre più elaborate e diversificate…per questo motivo Paolo trova gente molto interessata ad ascoltare anche il suo messaggio e lo portano all’Areopago, un antico luogo di discussione. E per la curiosità di novità che alcuni vogliano che l’apostolo Paolo parli in pubblico. Leggo il testo un paragrafo alla volta commentandolo.

Atti 17:22-34 E Paolo, stando in piedi in mezzo all’Areòpago, disse: «Ateniesi, vedo che sotto ogni aspetto siete estremamente religiosi. Poiché, passando e osservando gli oggetti del vostro culto, ho trovato anche un altare sul quale era scritto: “Al dio sconosciuto”. Orbene, ciò che voi adorate senza conoscerlo, io ve lo annuncio.

Paolo inizia il suo discorso come a voler blandire i suoi ascoltatori, in realtà conoscendo che quella degli idoli e delle statue è la cultura in cui sono nati e vissuti, inizia in modo che essi possano capirlo.

Paolo si potrebbe dire che inizia con una “captatio benevolentiae” come i retori classici, però indica una strada a tutti coloro che vogliano annunciare l’evangelo. Non gli dice che sono degli idolatri che si devono pentire. Sa infatti che quella è la cultura in cui sono nati e vissuti fino ad allora.

Inoltre è vero che fossero religiosi. Infatti, tutta la vita del pagano era piena di riferimenti religiosi essendoci una divinità per ogni azione si dovesse fare…E in effetti i primi cristiani sembravano a loro poco religiosi, anzi li accusavano di essere atei.

(Al giorno d’oggi sembra di essere in un’altra situazione, anzi, c’è una certa aria di superiorità in molti che si dichiarano atei, mentre i credenti si dovrebbero scusare e mostrare di non essere troppo fanatici. Però non solo ci sono ancora pesanti superstizioni e una religiosità popolare vivace, ma anche c’è una curiosità e una sete di idee nuove, che –se non vengono dall’istituzione chiesa– sembrano per questo più accettabili. E, infine, vediamo che le varie religiosità anche cristiane siano sfruttate dai poteri umani.)

Comunque, l’apostolo prende sul serio i suoi interlocutori (Ebbene, quello che adorate senza conoscerlo, io ve lo annuncio ha detto)e allora prosegue:

Il Dio che ha fatto il mondo e tutte le cose che sono in esso, essendo Signore del cielo e della terra, non abita in templi costruiti da mani d’uomo; e non è servito dalle mani dell’uomo, come se avesse bisogno di qualcosa; lui, che dà a tutti la vita, il respiro e ogni cosa. Egli ha tratto da uno solo tutte le nazioni degli uomini perché abitino su tutta la faccia della terra, avendo determinato le epoche loro assegnate e i confini della loro abitazione, affinché cerchino Dio, se mai giungano a trovarlo, come a tastoni, benché egli non sia lontano da ciascuno di noi. Difatti in lui viviamo, ci muoviamo e siamo, come anche alcuni vostri poeti hanno detto: “Poiché siamo anche sua discendenza”. Essendo dunque discendenza di Dio, non dobbiamo credere che la divinità sia simile a oro, ad argento, o a pietra scolpita dall’arte e dall’immaginazione umana.

Questa parte del discorso è un’introduzione che potrebbe sembrare portare ad una teologia naturale. Non sarà così, ma certamente come inizio costituisce un ponte con la mentalità pagana. La teologia naturale, detta in maniera semplice, è quella che incontriamo spesso: guardo la grandezza del cosmo, la perfezione della Natura e mi chiedo chi sia il dio che l’abbia creata oppure chi sia il divino che la alimenti. Ciò però non porta ad una vera conoscenza di Dio, che si ha solo con la rivelazione di Gesù Cristo, come sarà fatta alla fine del discorso. Attenzione, infatti, a non confondere il Creatore con il dio dedotto dalla Natura. E l’apostolo per questo anche dice che il Signore non ha bisogno di templi, cioè che non si deve “umanizzare” Dio.

Inoltre, in una visione naturalistica si passa presto a dubitare del Signore stesso. È quando ci sono catastrofi e problemi, perché si ragiona la Creazione non è perfetta e dunque non lo è neanche il Signore. Si salta infatti tutta la tematica della distanza da Dio dell’essere umano, tutto l’inquinamento del peccato umano.

Come dicevo però la prima parte del discorso costituisce un ponte con la mentalità pagana, l’apostolo però riconosce positivamente ai suoi ascoltatori che sono in ricerca. È dunque un buon modo di porsi di Paolo che anche noi possiamo assumere verso i nostri contemporanei.

La domanda sostanziale però è: sono in ricerca di una novità dopo l’altra oppure sono in ricerca della verità? E questa domanda vale per gli ateniesi e vale per molti o alcuni del nostro tempo.

Dio dunque, passando sopra i tempi dell’ignoranza, ora comanda agli uomini che tutti, in ogni luogo, si ravvedano, perché ha fissato un giorno nel quale giudicherà il mondo con giustizia per mezzo dell’uomo che egli ha stabilito, e ne ha dato sicura prova a tutti risuscitandolo dai morti».

Due cose sostanzialmente dice l’apostolo agli ateniesi da parte del Signore: 1) la vostra vita così non va, dovete cambiare, ravvedervi; perché ci sarà giustizia. Una vera giustizia.

E 2) la prova di questo è il risuscitare Gesù dai morti. Cioè quella che è la speranza cristiana diviene anche un motivo di ravvedimento.

Ed è qui che si va oltre la teologia naturale, la resurrezione non è qualcosa di naturale, non fa parte del cerchio della vita, né di tante belle cose naturali…ed è ciò che a molti la rende indigesta. Sia perché inimmaginabile, sia perché in fondo prevede la morte, sia forse perché questo ravvedimento non è qualcosa di filosofico o morale, ma di una nuova comprensione della propria esistenza.

E poi spesso molti si chiedono: “Ma come si fa ad esserne sicuri, fra tante religioni e visioni della vita?”. Ne siamo sicuri, perché quel Dio che è Creatore di tutto, ha stabilito un uomo come nostro Salvatore: Gesù Cristo, «e ne ha dato sicura prova a tutti risuscitandolo dai morti» attraverso la testimonianza di numerosi testimoni che hanno visto che dopo la morte era vivo di nuovo. Ed ecco quindi l’epilogo:

Quando sentirono parlare di risurrezione dei morti, alcuni se ne beffavano; e altri dicevano: «Su questo ti ascolteremo un’altra volta». Così Paolo uscì di mezzo a loro. Ma alcuni si unirono a lui e credettero; tra i quali anche Dionisio l’areopagita, una donna chiamata Damaris e altri con loro.

Alcuni si beffano di lui, altri sono solo più educati, ma altri credono. Oggigiorno si vedono un po’ le stesse reazioni.

Magari apprezzamento per la saggezza antica e spirituale delle chiese, ma un’insofferenza riguardo alla resurrezione. Dicono che belle parole, che esempio d’uomo è Gesù, altro che i cristiani (e questo in parte ci può anche stare), che belle preghiere o icone, poi ti chiedono come scandalizzati: “ma come tu credi veramente alla resurrezione?

Anche oggi ci sono persone in ricerca, a volte sbandate e impaurite dal non conoscere ciò che è alla base della loro esistenza, abbagliate dalle innumerevoli religiosità e filosofie del mondo moderno. Anche oggi è fondamentale allora l’annuncio che c’è un solo Dio e un solo Salvatore: Gesù Cristo! E anche oggi, anche fra chi un po’ ci prende in giro c’è gente curiosa, che chiede se lo crediamo davvero, per avere anche loro in senso indiretto una sorta di fede in una vita dopo la morte.

Altri moderni ateniesi nostri contemporanei se ne vanno, dicendoci: “di questo ne parleremo un’altra volta!”. Ma come –verrebbe da dire– se siamo arrivati al nocciolo della speranza umana, se qui è il bello e l’essenziale della fede cristiana!

L’annuncio di vita eterna, infatti, non ci riguarda solo per quando moriremo, ma vale fin d’ora in quanto dà un nuovo modo di vivere. Non rassegnato e vitale. Confidare nella resurrezione va oltre la dimensione intellettuale o addirittura ne fa a meno, ma diviene il mezzo per vivere della salvezza già oggi.

Ecco perché c’è bisogno di chi annunci, di chi parli e insegni a confidare nel nostro Salvatore. E come cristiani siamo qui per questo. Amen


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