Testimoni non rassegnati

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Cosa serviva per trasformare i discepoli e le discepole da increduli a credenti? Serviva che il Risorto si mostrasse loro. E questo fece.

Vi ricordo, fratelli, il vangelo che vi ho annunciato, che voi avete anche ricevuto, nel quale state anche saldi, mediante il quale siete salvati, purché lo riteniate quale ve l’ho annunciato; a meno che non abbiate creduto invano.

Poiché vi ho prima di tutto trasmesso, come l’ho ricevuto anch’io, che Cristo morì per i nostri peccati, secondo le Scritture; che fu seppellito; che è stato risuscitato il terzo giorno, secondo le Scritture; che apparve a Cefa, poi ai dodici.

Poi apparve a più di cinquecento fratelli in una volta, dei quali la maggior parte rimane ancora in vita e alcuni sono morti. Poi apparve a Giacomo, poi a tutti gli apostoli; e, ultimo di tutti, apparve anche a me, come all’aborto; perché io sono il minimo degli apostoli e non sono degno di essere chiamato apostolo, perché ho perseguitato la chiesa di Dio. Ma per la grazia di Dio io sono quello che sono; e la grazia sua verso di me non è stata vana; anzi, ho faticato più di tutti loro; non io però, ma la grazia di Dio che è con me.

Sia dunque io o siano loro, così noi predichiamo, e così voi avete creduto.

I Corinzi 15:1-11

(Versione audio)

testimoni

Anche al giorno d’oggi molti dubitano della resurrezione e della vita eterna. È una caratteristica del mondo moderno. Almeno in Europa, sembra essere una specie di tratto comune, sociale.

Vari e convergenti ne sono i motivi, fra questi: 1) Molti dubitano che il Signore possa riuscire a vincere la morte e ancor di più dubitano di una nuova Creazione senza più morte né dolore. Forse perché non sanno immaginare come Egli possa fare e come potrebbe essere una nuova Creazione…È un po’ il mito tecnologico, più che scientifico, sappiamo fare moltissime cose e se non riusciamo ad immaginarle, sembra non si possano realizzare, è un po’ la mancanza di umiltà, che hanno più spesso le persone che si dicono “dotte”. Sembrano scordare che il Signore è il Creatore di ogni cosa, e quindi può ricreare come vuole ogni cosa.

2) Spesso possono pesare sulla nostra immaginazione rappresentazioni medioevali, diciamo qualcosa da “Divina Commedia” che continuiamo a sentir dire e che sono oramai del tutto inadeguate. Considerate, però, che Dante l’aveva chiamata solo “Commedia” proprio per sottolineare il carattere terreno di ciò che voleva comunicare.

Come evangelici però dobbiamo rivolgerci alla Scrittura, l’unica fonte ispirata. E cosa dice la Bibbia? Vi troviamo gli annunci di resurrezione di Gesù Cristo, alcuni brani simbolici come quelli dell’Apocalisse, ma nessuna descrizione del Regno di Dio, nessuna guida del paradiso. Quello che vi troviamo copioso e abbondante, però, è la testimonianza dei primi apostoli, come quella che abbiamo letto.

Ecco, ogni tanto qualcuno mi dice: “da lì però non è mai tornato nessuno!“. Invece, no, Gesù Cristo è risorto ed è tornato su questo mondo proprio per farsi vedere dai discepoli, proprio per testimoniare la realtà della vita eterna.

paradosso

Abbiamo allora questa specie di paradosso. Della resurrezione, l’evento più extra-terreno che possiamo concepire, la singolarità storica più assoluta, nel senso di essere del tutto irripetibile, abbiamo molte testimonianze. E come cristiani abbiamo dunque fede in queste testimonianze.

Cioè, in un mondo in cui tutte le religioni e le filosofie parlano di miti, di arcani misteri, di corrispondenze astrali, noi basiamo la nostra fede su un fatto testimoniato in un luogo e in momento preciso della storia umana. L’assoluto viene sperimentato e quindi testimoniato da esseri umani concreti.

Si può non volersi fidare dei testimoni, certo questo è possibile; si può cercare di spiegare in altri modi come un trucco –come anche è stato fatto fin dai tempi antichi– la resurrezione; e come mai quell’incontro abbia fatto divenire coraggiosi fino al martirio quelle persone; tutti i dubbi che i non credenti vogliono avere sono infine leciti.

Ma non si dovrebbe accusare i cristiani di essere fuori dalla storia, di credere in miti e leggende. Nella Scrittura stessa ci sono passi, specie nell’Antico Testamento, che possiamo interpretare in vario modo, ma ciò non vale per la testimonianza apostolica. Questa è vera oppure sono falsi i testimoni, ma tutto ciò è agganciato ad un tempo preciso della storia umana.

predicazione

Notate come l’apostolo inizi e finisca questo passo: ribadendo che la predicazione di tutti gli apostoli si basa su questo annuncio. Fin dall’inizio il credere e il parlare ruotano tutti su questo punto. Anzi, tutta la vicenda del Cristo, compresa la sua resurrezione, è secondo le Scritture. Questo è il centro interpretativo della Scrittura e di Gesù Cristo.

E la morte di Gesù Cristo, vera morte, infatti fu seppellito, e la resurrezione hanno come fine il perdono dei peccati e quindi la resurrezione anche per tutti noi.

È un annuncio verso qualcosa che non possiamo proprio immaginare, perché troppo diverso dal nostro mondo terreno, in cui tutto decade e infine muore. È annuncio di una nuova Creazione, bellissima. Troppo bella per alcuni, è infatti un terzo motivo sorprendente di incredulità. E in questo mondo di pace, di gioia e di eterna e completa salute, ci sarà posto per un’umanità rinnovata. Dove l’intera nostra esistenza sarà salvata, pacificata e dove riabbracceremo coloro che non ci sono più. Un annuncio che motiva a vivere.

fatica non vana

Torniamo ai Corinzi. Perché probabilmente per motivi filosofici faceva loro orrore una resurrezione dei corpi, del fisico. Anche fosse come spiega l’apostolo un corpo sanato, glorioso, trasformato. Infatti alcuni di loro scindevano mente e corpo, squalificando tutto quanto fosse terreno. Due però erano le conseguenze. Una etica, una morale che si disinteressava delle questioni reali, perché bastava la mente retta. E l’altra esistenziale, una visione disinteressata dell’esistenza concreta, cosa conta impegnarsi. In qualche modo si ritrovano idee simili anche oggi, sotto altri aspetti.

L’apostolo in effetti chiuderà il capitolo scrivendo che la fatica nel Signore non è vana. Già la fatica nel Signore è una fatica umana, concreta, fattiva, fisica. Fatta di cose reali anche se non sempre materiali per noi e per il nostro prossimo. Non bastano le belle idee, serve da perseguire una buona vita concreta, pratica, fattuale oltre che ideale.

Inoltre, la fatica non è vana, proprio perché c’è la resurrezione, che rende la vita cristiana degna di essere vissuta comunque e in ogni situazione.

Tutto questo porta ad una vita non rassegnata. Non rassegnata alla morte, che no si arrende all’ingiustizia, al dolore, alla mancanza di amore e bellezza della vita nostra e di questa società.

Alcuni dicono che le chiese cristiane dovrebbero essere più politiche, altri che dovrebbero badare ai sentimenti. Poi sento di funerali che non hanno annuncio di resurrezione. È chiaro che stiamo sbagliando, secondo l’apostolo. Il motore, l’energia, per vivere con dignità, in pace e con comprensione e amore per il prossimo, passa tutto dal sapere che questa vita non è vana, ma che sarà recuperata insieme a Dio nel suo Regno.

anticipo

Impegnarsi per la giustizia è allora un anticipo della vita eterna. Impegnarci per trovare soluzioni ai problemi reali delle persone, anzi concentrarsi sulla realtà concreta lasciando da parte falsi ragionamenti è vitale ed è vitale proprio nell’ottica della vita eterna. Non solo dunque l’annuncio di resurrezione è una consolazione, ed una consolazione nel senso vero del termine e non come qualcosa che non valga poi molto. Ma è anche un annuncio che dà forza alla nostra vita attuale in ogni situazione viviamo.

E di questo non possiamo che continuamente rendere gloria al Signore della vita. Amen


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