Umiltà per essere nazione

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Poi, partiti di là, attraversarono la Galilea; ma egli non voleva che si sapesse. Infatti stava istruendo i suoi discepoli, dicendo loro: «Il Figlio dell’uomo sta per essere dato nelle mani degli uomini ed essi l’uccideranno; ma tre giorni dopo essere stato ucciso risusciterà». Ma essi non capivano le sue parole e temevano d’interrogarlo.

Giunsero a Capernaum; quando fu in casa, domandò loro: «Di che discorrevate per strada?» Essi tacevano, perché per via avevano discusso tra di loro chi fosse il più grande. Allora, sedutosi, chiamò i dodici e disse loro: «Se qualcuno vuole essere il primo, sarà l’ultimo di tutti e il servitore di tutti». E preso un bambino, lo mise in mezzo a loro; poi lo prese in braccio e disse loro: «Chiunque riceve uno di questi bambini nel nome mio, riceve me; e chiunque riceve me, non riceve me, ma colui che mi ha mandato».

Marco 9:30-37

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Non dimenticare Questa parte dell’evangelo di Marco contiene due cose –o se volete tre cose– che vanno insieme: il secondo annuncio della passione seguito da una discussione su chi sia il più grande dei due discepoli, ciò dà poi lo spunto per un insegnamento di Gesù.

La discussione dei discepoli su chi sia il più grande fra loro avviene praticamente proprio mentre Gesù sta dicendo loro che andrà ad essere ucciso. È una discussione particolarmente fuori luogo, denota una grande insensibilità dei discepoli, ma permette a Gesù di insegnare non solo per quel momento particolare, ma in generale su quello che deve essere l’atteggiamento dei discepoli, dunque di tutti i cristiani.

Perché è importante? Dopo la resurrezione si poteva magari avere un atteggiamento di superiorità e di potenza. Cioè:

1) presto dimenticare l’insegnamento del soffrire di Gesù per riscattare gli esseri umani. Ci si poteva limitare a ricordare la sola potenza della resurrezione dimenticando il prezzo pagato da Gesù Cristo.

2) la sofferenza che comunque tocca ai discepoli. Nel senso che non perché siamo cristiani siamo immuni da difficoltà, dolore e morte.

3) Infine, che l’atteggiamento di Gesù è stato a favore dell’umanità, così anche quello dei discepoli deve esserlo, anche se sono sicuri della resurrezione e della salvezza, nondimeno non devo adagiarsi nella loro elezione, ma adoperarsi per gli altri.

Sembrano idee che non servono da ribadire, eppure, come non dirlo, le chiese sono cadute varie volte in questa dimenticanza, cercando di essere le chiese della gloria, della potenza, del successo.

Ci viene anche da riflettere sulle chiese evangeliche che fanno della salvezza per grazia il centro dell’annuncio cristiano. Perché mentre chi pensa di salvarsi per opere vede sempre la necessità di un impegno altruistico, in funzione salvifica. La stessa motivazione non si ha con l’evangelo della grazia. Certo c’è un senso di riconoscenza, ma potrebbe essere la tentazione di dire di essere già a posto. Invece, il seguire la via di Gesù Cristo diviene un essere con Lui sempre, già in questa vita, e non solo una questione del futuro di Dio, mentre oggi facciamo come ci pare.

Mancanza di comprensione Non è solo questione di una chiesa o di una teologia o di un’altra. Saltare l’esperienza di Gesù della croce, con ciò che significa per noi, per concentrarsi subito sulla salvezza che da quella croce è stata assicurata, è comune all’animo umano, pur nelle differenze teologiche.

Si vedano i discepoli come abbiano una assoluta mancanza di comprensione verso il dramma di Gesù. Forse è per paura, perché in realtà hanno intuito cosa significhi per loro, forse è solo un meccanismo innato di protezione nel cercare di schivare le difficoltà, ma certo non vogliono realmente ascoltare e comprendere Gesù Cristo su questo tema. Un commentatore l’ha definita una “incomprensione esistenziale” verso il Cristo.

In altre parole, l’idea di dover passare per la nostra croce è totalmente estranea alla mentalità umana, da non venir compresa dai discepoli, neanche riguardo alla necessità del Salvatore di essere dato nelle mani degli uomini.

Si noti qui il gioco di parole che c’è fra Figlio dell’uomo dato in mano agli uomini, vale a dire Colui che viene per riscattare gli esseri umani, viene invece consegnato e ucciso da loro (non da un certo popolo, dai capi, ma dagli esseri umani tutti). Il dramma dell’incomprensione del Salvatore che sostanzialmente solo si avvierà alla crocifissione è già qui delineato.

Ricevere i bambini Ma senza divenire come quei frati medioevali che invocano su di sè la “malsania” e le varie piaghe del loro tempo, in maniera gratuita. Come si fa ad essere in linea con le parole di Gesù? Ci vuole un cambiamento profondo sulle priorità che debbono esserci per noi nel mondo e della vita.

Abbiamo qui l’esempio del bambino. Al contrario di passi che sembrano paralleli in cui Gesù paragona l’atteggiamento nei suoi confronti a quello che hanno i bambini, qui ciò che viene richiesto è l’accoglienza dei bambini, paragonata all’accogliere Gesù.

Si dice di ricevere dei bambini, di prenderli in considerazione, loro che a quel tempo erano i più umili e piccoli degli esseri umani. I bambini, infatti, erano scarsamente considerati a quei tempi (anche forse per la mortalità infantile così alta che c’era)e considerali come il Signore dell’alto dei cieli appariva ancor più fuori luogo che al giorno d’oggi.

Il detto di Gesù è paradossale, come molti suoi detti, in quanto capovolge i valori del mondo. E qui è interessante che in fondo non neghi che ci siano delle priorità, né si disprezza la volontà di primeggiare, ma si accetta se si fa al contrario di come va nel mondo, al contrario dei valori del mondo. E, detto per inciso, certo che poi non ci possa essere realmente un primo o uno solo all’apice di questo primeggiare.

Abbiamo dunque proprio l’opposto rispetto a quanto discutevano i discepoli per via, invece di essere grandi farsi umili e servitori di tutti, persono di quei piccoli che sono i bambini. Ricevere cioè il Signore concretamente nella propria esistenza e non solo come una questione teorica.

Festa federale Cosa c’entra tutto questo con la Festa Federale?

Indipendentemente da come la pensiamo su vari argomenti, questo testo ci fa riflettere sul modo in cui ci poniamo gli uni verso gli altri e questo fa la differenza fra una nazione che si consideri una nazione, e una nazione spaccata e senza coesione.

Il problema è l’umiltà. Non che alcuni siano umili e altri meno, ma che tutti partano avendo un concetto non troppo alto di sé.

Ma noi abbiamo ragione” diranno alcuni. Sì, a parte che spesso le ragioni non stanno tutte da una stessa parte, ammettendo che si abbia piena ragione è chiaro che ciò non è mai auto-evidente. Se fosse evidente infatti non ci sarebbero discussioni.

E non è nemmeno che la verità su questioni pratiche o più fondamentali sia relativa o non esista. No è chiaro che in una questione di fede c’è una verità, anche se poi metterla in pratica e ancora un’altra questione. Il problema è considerarsi il più grande, colui che sa le cose e disprezza gli altri, diviene una questione di potere e non di servizio, e non di spiegazione delle proprie ragioni o verità.

Vivere fin da oggi con il Cristo

Riconoscere l’altro come portatore di dignità e almeno di un pezzetto di verità. Riconoscerne le sofferenze. Accoglierlo quando si presenta piccolo e semplice come fosse il Cristo. Non solo la dice lunga per l’attenzione verso gli umili e gli oppressi. Non solo è un’indicazione sulle priorità della propria vita, ma anche un programma per vivere con il Cristo già adesso.

Ti fa riconoscere la tua piccolezza dinnanzi al Signore e nello stesso tempo la sua misericordia. Ti fa vivere con rinnovata fiducia non nell’umanità, attenzione, ma nello Spirito santo che soffia in mezzo a questa umanità spesso superba e spesso lacera. Ti fa essere consapevole che il nostro percorso è pieno di sofferenze certamente, ma che Gesù Cristo il Salvatore non è mai lontano. Amen


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