Non mancherà nessuno

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Ecco la parabola della pecora smarrita, che viene cercata e ritrovata, introdotta dal contesto da cui se ne comprende il significato.

Tutti i pubblicani e i peccatori si avvicinavano a lui per ascoltarlo. Ma i farisei e gli scribi mormoravano, dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro».

Ed egli disse loro questa parabola: «Chi di voi, avendo cento pecore, se ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e non va dietro a quella perduta finché non la ritrova? E trovatala, tutto allegro se la mette sulle spalle; e giunto a casa, chiama gli amici e i vicini, e dice loro: “Rallegratevi con me, perché ho ritrovato la mia pecora che era perduta”. Vi dico che, allo stesso modo, ci sarà più gioia in cielo per un solo peccatore che si ravvede che per novantanove giusti che non hanno bisogno di ravvedimento.

Luca 15:1-7

(Versione solo audio)

Visione nuova

C’è qualcosa di nuovo, in questa parabola, come in tanto insegnamento di Gesù, qualcosa di nuovo rispetto a quello che si pensava allora e non presente nella letteratura rabbinica, e –in un certo senso– è sempre qualcosa di nuovo rispetto all’animo umano.

Certamente nell’Antico Testamento c’è l’idea del Signore come buon pastore che pasce il suo popolo, ma questa immagine è rivolta spesso al “resto” del popolo di Israele, cioè a coloro che non si sono allontanati dal Signore. Il testo di Isaia, del consolate il mio popolo, ci si avvicina, ma qui si parla esplicitamente di peccatori. L’aspetto innovativo in ciò che presenta Gesù è nel fatto che il Signore viene presentato come chi va in ricerca, in ricerca assidua, finché non li trova, dei peccatori. Vuole trovarli e ricondurli a sè. E proprio attraverso Gesù Cristo li cerca, li trova e li porta di nuovo a casa.

L’elemento è nuovo, non perché sia una nuova interpretazione di qualcosa di antico, ma perché è proprio di Gesù Cristo, che mangia con i peccatori, che racconta la parabola. È proprio nell’ascoltare Gesù che si realizza questa accoglienza degli smarriti. E quindi non siamo dinnanzi ad un’accoglienza generica, c’è invece quel ravvedimento che inizia con l’ascolto di Gesù Cristo. L’ascoltare, e non solo il sentire, il Cristo fa la vera differenza.

Una digressione: a volte il messaggio delle chiese parla del Signore in una maniera che vuole essere generale, che vuole raggiungere –come si usa dire– tutte le persone di buona volontà, ma diviene spesso generica. Mi spiego: noi possiamo dire tante cose di Dio, ma è Gesù Cristo che ce lo presenta al vero, che ci fa scoprire realmente chi Egli sia. Partire da Gesù Cristo, essere cristocentrici, non è un di più, non è una specie di vezzo dei protestanti, ma è il fondamento di tutta la nostra fede. È il modo per conoscere veramente Dio. È la via che porta realmente al Signore.

L’errore dei farisei e degli scribi, che pure conoscono bene le Scritture ebraiche e hanno anche una grande teologia, è per appunto il non riconoscere Gesù Cristo come il Signore. Hanno le loro idee di Dio e dinnanzi al Figlio di Dio dovrebbero cambiarle. Non vogliono ascoltarlo, così essi mormorano invece di essere gioiosi.

Non è solo per una ideologia o per un partito preso teologico, ma è qualcosa di umano. Sentirsi superiori, così superiori da voler definire chi sia Dio. E dato che siamo umani, stiamo attenti che siamo sempre nella china del divenire scribi, con il loro voler definire il volere di Dio partendo dalle nostre idee e teologie.

Perduto e ritrovato

Ho ritrovato la mia pecora che era perduta” dice il pastore ai suoi vicini e amici al suo ritorno. Si noti che ciò che viene ritrovato era del Signore (come anche nella parabola gemella che segue). Si appartiene dunque al Signore, infatti il nostro buon pastore è il nostro Creatore e Signore e noi siamo suoi, non siamo mai sconosciuti al Signore, ma invece siamo conosciuti da Lui ed Egli si preoccupa per noi. Certamente il peccato è separazione da Dio, è l’andare lontani da Lui, ma al contrario dei farisei che dichiarano perduti per sempre alcuni, non è così per il Signore.

E non solo: nella parabola il gregge di 99 pecore, come numero emblematico, indica un gregge già abbastanza ricco, ma questo non è completo e questo è il problema. Il gregge del Signore deve essere completo, il Signore non abbandona nessuno che si disperde per le vie dell’esistenza. È un messaggio così tranquillizzante che ci dovrebbe dare ovviamente gioia. La gioia è perfetta perché saremo al completo, non mancherà nessuno.

Se pensiamo a persone qualsiasi, che giudichiamo senza conoscere con gli stereotipi dei farisei, siamo inclini a ragionare come loro, ma se pensiamo ai nostri amici, figli e nipoti, a persone di cui conosciamo gli sbagli ma anche l’umanità, e pensiamo che saranno sempre trovate dal Signore, ecco che la gioia è più autentica e immediata.

Possiamo osservare che non è certo un’accoglienza senza ravvedimento e senza la croce di Cristo. Inoltre, c’è annunciato il giudizio e ci viene annunciato che ci saranno dei non salvati (e qui si può riprendere quanto detto la scorsa domenica sulla necessità di una giustizia divina). Però noi non possiamo che pensar bene di ognuno come cristiani e come chiesa (come detto nella II Confessione Elvetica). Ci sarà ravvedimento, che non tocca a noi riconoscere e valutare. E il perdono non è basato sulla forza del ravvedimento, ma sulla croce di Cristo.

Fondamentale è ascoltare (quindi anche cercare di seguire) Gesù Cristo. I farisei e gli scribi, però, non sperano bene per niente di quei peccatori che stanno ascoltando il Cristo. Perché?

Come dicevo prima, c’è una teologia staccata da Gesù Cristo, e c’è anche un voler essere non solo dalla parte del Signore, ma coloro che ne fanno le veci. Come se il Signore avesse bisogno di esseri umani per la sua difesa. C’è quindi bisogno di una conversione profonda, anche di coloro che qui sono definiti seriamente giusti (nel senso che seguono i comandamenti). Una conversione nel riconoscere la maestà di Dio che ci supera in intelletto, potenza e misericordia.

Gioia

Rallegratevi con me! Tutti, non solo dovrebbero sperar bene di ognuno, ma anche avere una grande grandissima gioia.

I giusti devono partecipare alla gioia del Signore. (Al contrario di certe rappresentazioni antiche del paradiso in cui i giusti sono in paradiso gioiosi nel veder soffrire i dannati). I giusti –se lo sono davvero– devono partecipare alla gioia della pecora perduta e ritrovare, infatti sono loro (o dovrebbero esserlo) i vicini e gli amici del pastore, i vicini al Signore e gli amici del Cristo (che proprio dice così di noi).

Non si può venerare realmente la Legge, la Parola di Dio, senza avere comunione con gli altri. Proprio dinnanzi al Cristo c’è da riconoscere che siamo tutti nella stessa barca, parte dell’umanità creata, voluta, dal Signore e piena di errori e mancanze, peccatori salvati. Non ci sarebbe vera gioia per una salvezza incompleta.

Nel vedere che siamo parte di una folla che ascolta Gesù Cristo, folla in cui ognuno è differente e in cui tutti in senso differente abbiamo bisogno di ascoltare Gesù Cristo e di essere da Lui accolti, ci fa trovare quel senso di gioia, che è gioia per noi stessi e –dato che il perdono di Gesù Cristo ricrea comunione– è anche gioia per tutti gli altri che Gesù ha voluto cercare e salvare. Amen


Zusammenfassung Es ist eine neue Vision, die Jesus Christus vorstellt: Der Herr geht auf die Suche nach die Sündern. Auf Jesus Christus zu hören ist grundlegend. Es ist nicht nur wichtig die Errettung vieler, sondern dass alle vollen, die dazu bestimmt sind, gerettet zu werden. Das Heil Christi schafft Gemeinschaft und deshalb nimmt man an der Freude des Herrn teil.


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