Arriviamo oggi alla parabola detta del gran convito. Versione audio
L’immagine di un banchetto celeste, di un grande convito, in cui il Signore ci invita nel suo Regno, come detto era comune ai tempi di Gesù. Infatti, quando Gesù parla della resurrezione, ecco che uno dei presenti inneggia al banchetto celeste.
Gesù non respinge certo questa immagine, ma essa diviene per Gesù motivo, non di una generica esultanza, ma al contrario di riflessione.
Uno degli invitati, udite queste cose, gli disse: «Beato chi mangerà pane nel regno di Dio!»
Gesù gli disse: «Un uomo preparò una gran cena e invitò molti; e all’ora della cena mandò il suo servo a dire agli invitati: “Venite, perché [tutto] è già pronto”. Tutti insieme cominciarono a scusarsi. Il primo gli disse: “Ho comprato un campo e ho necessità di andarlo a vedere; ti prego di scusarmi”. Un altro disse: “Ho comprato cinque paia di buoi e vado a provarli; ti prego di scusarmi”. Un altro disse: “Ho preso moglie e perciò non posso venire”.
Il servo tornò e riferì queste cose al suo signore. Allora il padrone di casa si adirò e disse al suo servo: “Va’ presto per le piazze e per le vie della città, e conduci qua poveri, storpi, ciechi e zoppi”. Poi il servo disse: “Signore, ciò che hai comandato è stato fatto e c’è ancora posto”.
Il signore disse al servo: “Va’ fuori per le strade e lungo le siepi e costringili a entrare, affinché la mia casa sia piena. Perché io vi dico che nessuno di quegli uomini che erano stati invitati assaggerà la mia cena”».
Luca 14:15-24
Gesù è a pranzo da un capo dei farisei, e quindi possiamo supporre che l’affermazione sull’essere beati nel mangiare nel Regno di Dio sia fatta da un fariseo. In questo senso comprendiamo che la parabola, in cui è chiaro come sia il Signore che dà la gran cena, contenga una forte critica innanzitutto per i farisei, che si sentono invitati “naturali” a quel banchetto.
Essi però rifiutano l’invito con delle scuse. In che senso?
Non certo perché non vogliano entrare nel Regno di Dio, è proprio l’affermazione iniziale del fariseo a ribadirlo.
Per comprendere la parabola consideriamo allora che sappiamo ci fosse l’usanza di un primo invito e poi di un secondo quando tutto fosse pronto. Per il secondo invito poi vediamo che c’è un solo servo del signore che va a chiamare tutti, sembra proprio essere questo simbolo di Gesù Cristo. Gli invitati cui era stato mandato il primo invito, allora sono coloro che conoscevano la Scrittura, i voleri del Signore, ma poi quando giunge il servo, Gesù Cristo, rifiutano di accettarlo.
È allora che Gesù invita coloro che non erano inizialmente invitati, cioè a conoscenza del Signore e del suo Regno. Ed esce ben due volte in cerca di umili ed emarginati, ed è detto addirittura “costringili” ad entrare, a sottolineare come sia solo per grazia del Signore che sono ammessi al banchetto. I farisei erano calcolati come ospiti del Regno, ma rifiutando Gesù perdono il loro privilegio. Si è salvati rispondendo all’invito di Gesù Cristo, non con i propri sforzi.
Proprio il fatto che sono alla presenza di Gesù in quel momento spiega l’urgenza della situazione, non ci sono altre attività, non ci sono scuse, ora è il momento di accettare l’invito del Signore.
Accogliere l’invito
Cosa dice la parabola ai giorni nostri, che non abbiamo con noi Gesù Cristo stesso, dell’accogliere l’invito al convito di Dio?
Spesso la Chiesa si è sic et simpliciter, semplicemente e direttamente sostituita a Gesù, nel senso di dire che essa porta il suo messaggio e quindi ne assume il ruolo. Quindi l’accettare o meno l’invito diverrebbe accettare l’appartenenza alla chiesa. Ad una chiesa? È chiaro però che non sempre la Chiesa è fedele al messaggio evangelico e che anzi alle volte le chiese rischiano di mettersi nella tranquilla posizione dei farisei, che si sentono apposto, e invece non vedono in che modo rimangano fuori dal Regno.
La parabola così diviene quasi un monito alle chiese stesse e ai cristiani, quando mettono al primo posto le loro preoccupazioni e non l’evangelo.
Si considerino per questo le scuse che rappresenta un elemento importante della parabola. Le varie affermazioni di chi declina l’invito è chiaro infatti che siano scuse, ci sarebbe stato prima il tempo e anche dopo per testare dei buoi o il campo che sono stati già comprati, e che c’entra che sis sia sposato…
Le scuse ci dicono prima di tutto che l’invito di Dio è inserito nella vita quotidiana, non stiamo parlando in particolare del giorno finale del giudizio. E fuor di metafora, l’idea è che si dà una priorità agli impegni nel mondo, impegni che non sono sbagliati di per sé, ma che sono minori di importanza dell’invito al banchetto del Signore, dell’invito di Gesù Cristo.
Il seguito della parabola con gli altri, gli umili, che vengono infine accolti nel banchetto, ci fa pensare che nel seguire l’invito c’è anche la priorità per l’inclusione e la cura degli umili.
Urgenza
In questo senso si può capire meglio l’urgenza di accettare Gesù anche oggi.
L’urgenza non è solo questione della nostra morte, come pensavano spesso nel Medioevo, l’idea cioè che non fai il bene e poi magari non riuscirai più a farlo. Infatti l’urgenza non è solo per noi, non è un problema egoistico, ma l’urgenza è di chi è in difficoltà, di chi aspetta aiuto o la Parola.
Poveri e storpi, ciechi e emarginati, vivono lungo le siepi…aspettano di essere alleviati nelle loro difficoltà e di ascoltare un messagio di dignità e di inclusione e di salvezza dal Signore; di essere invitati al banchetto!
Annunciare l’evangelo non è un tema sentito nel nostro mondo, alle volte anche le chiese lo interpretano solo come occasione di crescita numerica (visti i loro vari problemi), ma invece è tema essenziale se sono sconfitto dagli esseri umani, se sono atterrato o vincolato dalla malattia, sapere di essere invitato, accettato, amato dal mio Signore è fondamentale.
Il bene è urgente, l’amore per il prossimo è urgente, l’annuncio dell’evangelo è urgente per la difficoltà del nostro prossimo, per la nostra stessa esistenza e non per le nostre attività mondane.
Abbondanza e costrizione
È chiaro che quel termine “costringili” ci fa domandare se la grazia di Dio si possa rifiutare o no, ma non è importante, l’importante è accettarlo.
Quel “costringili” insegna quanto il Signore ci tenga alla nostra salvezza e che siamo sempre in tempo per vivere della grazia di Gesù Cristo. La grazia, in questa parabola come nelle altre, è infatti collegata a chi racconta la parabola stessa: al signor Gesù Cristo.
Poi c’è da dire che il “costringili” è un invito non a qualcosa di doveroso, di difficile o perfino doloroso, ma al contrario un invito ad un grande e splendido banchetto, al ritrovarsi insieme, a non essere dispersi in strade periferiche o siepi ma al centro della festa, accettarlo è cogliere una festosa occasione di compagnia e di gioia.
Dunque, l’immagine del convito pieno di gente parla di quel dono di Dio che è la fraternità umana.
La facilità dell’accedervi, il “basta accettarlo”, poi parla della “larghezza” della misericordia di Dio.
E il fatto che ci sia ancora posto, ci annuncia che c’è sempre posto per ognuno di noi al cospetto di Dio, grazie a Gesù Cristo. Dunque come cristiani possiamo sempre dire a tutti coloro che incontreremo nella nostra vita, vieni a conoscere Gesù Cristo, c’è sempre posto per tutti alla sua tavola imbandita. Amen