Messaggio positivo per individui e società

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Sono stato giorni fa a parlare al Liceo di “Fede e Scienza”, spiegando come pur avendo un interesse comune per la conoscenza, la fede e la scienza hanno metodi, presupposti e campi differenti. Avevo iniziato fra l’altro dicendo che la scienza, tratta di fenomeni misurabili, verificabili e quindi riproducibili e pertanto non fa affermazioni teologiche, né in positivo, né in negativo. Alla fine, però, un ragazzo mi ha fatto la solita domanda provocatoria, come fanno a volte i ragazzi, qualcosa del tipo: “dato che la scienza ha dimostrato impossibile la resurrezione, perché parlarne ancora?”

Vedete che è troppo forte spesso il pregiudizio, il luogo comune, quello che sembra che tutti dicano, per staccarsene un momento e ragionare…

L’esistenza dei testimoni del Risorto e la non riproducibilità della resurrezione (che significativamente non è mai raccontata degli evangelisti) ci fanno capire che non potendo fare un esperimento di laboratorio in tal senso, noi possiamo o non possiamo credere con fede alla resurrezione, ma non è che possiamo dimostrare o non dimostrare, né dover credere o dover non credere. È qualcosa di moderno (a partire dall’Ottocento) dovuto ad una certa visione della scienza e ad una certa propaganda atea, che si affermi che si possa negare la resurrezione con un approccio scientifico.

Però, in un certo modo è anche qualcosa di antico, visto che anche l’apostolo Paolo ne parla diffusamente ad esempio al capitolo 15 della I lettera ai Corinzi. L’opposizione di alcuni fra i corinzi, però probabilmente non era contro la resurrezione in generale, ma contro la resurrezione “fisica” dei morti, quella cioè dei corpi come affermiamo nel Credo. (Questo spiega anche come a quel tempo una delle prime chiese cristiane in un clima assolutamente non ateo come quello ellenistico, si potesse avere quel tipo di dubbi). Forse a loro faceva un po’ “orrore” che si desse una qualche importanza al fisico umano.

Erano o si ritenevano troppo spirituali per guardare alla realtà umana concreta. Avevano alcuni un’avversione alla fisicità, perché ritenuta connessa al male, al negativo. Per alcuni allora forse la resurrezione era qualcosa di mentale, spirituale, probabilmente la vedevano già avvenuta con la conversione, col passaggio dal paganesimo alla fede nella rivelazione cristiana data da Gesù Cristo.

Molti cristiani oggi, per un motivo o per un altro, ancora oggi rimangono scettici sulla resurrezione e in particolare sulla resurrezione dei corpi. E quello che scrive l’apostolo in quel contesto, ci aiuta a parlarne. Infatti, non possiamo non parlare della resurrezione, non solo a Pasqua, ma ogni volta che ragioniamo sul cristianesimo. E non è nemmeno qualcosa solo per credenti, ma qualcosa -oserei dire- su cui tutti dovrebbero ragionare, perché influenza profondamente la nostra visione dell’esistenza e del mondo, e quindi il nostro vivere.

In effetti, la chiesa di Corinto appare preda di profonde divisioni e di comportamenti non etici oppure secondo una visione di un “improbabile” cristianesimo. E Paolo, che pone, come si usava fare a quel tempo, il tema più importante alla fine della lettera, vi pone quello della resurrezione. La valutazione della resurrezione è per l’apostolo legata indubbiamente strettamente al modo in cui la chiesa di Corinto e chi ne fa parte viveva e si conduceva. Ne era il risultato esistenziale concreto.

Quindi, dopo aver parlato dei testimoni del Risorto, di coloro che lo hanno visto e ne hanno testimoniato, dopo aver ragionato sulla resurrezione, l’apostolo scrive in un punto di svolta del suo ragionamento:

Se abbiamo sperato in Cristo per questa vita soltanto, noi siamo i più miseri fra tutti gli uomini. Ma ora Cristo è stato risuscitato dai morti, primizia di quelli che sono morti.

I Corinzi 15:19-20

Siamo o saremmo i più miseri fra gli esseri umani…Non è così semplice come sembra, questa frase, da dar luogo a due possibili interpretazioni.

a) Se il Cristo non è stato risuscitato dai morti, noi abbiamo sperato solo per questa vita e allora noi ci beffiamo da soli, crediamo ad un’impostura, e dunque propagandiamo un messaggio di illusione e menzogna verso noi stessi e gli altri.

(È anche questa l’accusa che spesso viene fatta ai cristiani, dal di fuori.)

b) Oppure, siamo miseri perché speriamo solo in un Cristo terreno che muore senza risorgere. Se non abbiamo la fede nella vita eterna concreta per tutti noi, e non solo ideale, ma proprio di noi chiamati a risorgere, allora viviamo miseramente nel senso che non viviamo per gli altri, ma rimaniamo egoisti e disperati. Infatti, più in là scrive meglio sarebbe mangiare e bere…

Invece, ci annuncia nuovamente l’apostolo: Gesù Cristo risorge come primizia, come anticipo rispetto a tutti noi. (Infatti, nel pensiero giudaico del tempo questo era ovvio; come anche Gesù lo aveva anticipato.). La resurrezione del Messia era anticipazione della resurrezione di tutti.

Comunque intendiamo questa frase, essa dà un’altra dimensione rispetto ai pensieri che sembrano prevalere del nostro tempo.

Certamente la resurrezione è qualcosa di mai visto, se non con Gesù Cristo, che rappresenta un unicum, anche se un unicum formidabile però, oltre che testimoniato. E proprio per questo è argomento di fede, contenuto della nostra fede e questi versetti pongono al centro della fede cristiana proprio la resurrezione di Cristo e la nostra.

Quando si parla di questo sento spesso che alcuni si sentono sotto accusa. Ma non voglio proprio che siano usati per escludere altri che non credono così sicuramente, che sono distratti da quello che costantemente si dice in giro. Infatti, siamo di fronte ad un messaggio di annuncio, per non essere miseri, per non vivere miseramente la nostra esistenza. Quindi quando parliamo con qualcuno che dubita della resurrezione, non dovremmo mai avere un atteggiamento di censura, ma di incoraggiamento, stiamo offrendo una cosa bellissima, oltre che vera.

Valore comunitario

C’è anche altro nella lettera dell’apostolo: un progetto di chiesa e di vita dei cristiani, che invece i corinzi, come dicevo, non avevano appreso o avevano fuorviato. L’annuncio di resurrezione, infatti, non è qualcosa che ha valore solo personale, come la fede non è solo strettamente privata. E proprio la visione di molti contemporanei della fede come fatto privato, irrelevante per l’aspetto sociale della nostra vita, ha fatto sì che lo divenisse anche il confidare nella resurrezione.

Ma invece il confidare nella resurrezione ha una valenza concreta comunitaria e sociale.

1) Non è qualcosa di ideale, che riguarda solo delle idee o delle fantasie, ma ha un aspetto fisico, anche se riguardo ad un corpo rinnovato in un mondo rinnovato. Questa fisicità ci fa prendere sul serio la vita concreta del prossimo, di chi è povero, come fra i corinzi ce ne erano ed erano sprezzati, ma anche di chi è ammalato o disabile o senza una grande intelligenza. È contro quel dualismo di quel tempo, fra spirito e corpo, che faceva valere solo le buone intenzioni e un’ideale solidarietà, ma non interveniva per cambiare la cruda realtà delle cose. Alla fine non erano attenti realmente al dolore del “fisico” umano.

Forse questo aspetto, “gnostico” come si dice in termine tecnico, non sembra più esserci nella mentalità odierna, ed anzi al contrario sembra esserci un culto del corpo, della bellezza e della giovinezza. Ma lo ritroviamo in un modo differente, proprio quando si consideri questa ossessione moderna, in cui sembra che contino solo persone ideali, corpi idealizzati, perfetti secondo un’ideale sempre più non naturale, anzi sempre più artificiale. Ed allora sembra bene trascurare e sdegnare chi non ne sia allineato. Fossimo pure noi stessi.

In effetti, quando parli della resurrezione dei corpi (sia pure non più soggetti più al male, al dolore, al decadimento) accolti di persona nel Regno di Dio, qualcuno dice: “Chi io? Non voglio proprio il mio corpo così per l’eternità”. “Magari con le rughe e i segni del tempo”…

2) Inoltre, è qualcosa di comunitario e non solo personale. Risorgeremo come popolo di Dio, come schiera del Regno del Cristo trionfante. Saremo seduti al tavolo del banchetto messianico insieme, gomito a gomito con gli altri che oggi magari ignoriamo o ci feriscono…

Concludendo: La finitudine dell’esistenza, la morte a dirla senza giri di parole, ci condiziona in tutto ciò che viviamo. E la resurrezione dà un’altra prospettiva al nostro vivere e lo rende positivo.

La fede nella resurrezione dei corpi, delle persone concrete che noi e gli altri siamo, non solo dà una visione nuova all’esistenza perché ci dice che avremo ancora tempo per vivere, quando saremo con il Signore, per chi noi siamo effettivamente, non solo prolunga la nostra visione oltre il tempo terreno, ma ci dice anche molto sulle cose a cui diamo importanza oggi e dunque su come noi viviamo adesso e nel prossimo domani.

È un annuncio che parla quindi della nostra importanza come persone oggi e dell’importanza del prossimo e della società umana. È un annuncio dunque positivo su di noi e gli altri. Amen


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