Il testo della predicazione di oggi è proprio un testo della passione di Gesù. È il cosiddetto processo di fronte al Sinedrio, cioè all’assemblea dei capi dei sacerdoti. Forse tecnicamente non è un vero e proprio processo, ne è una preparazione, ma è un passo decisivo verso la condanna a morte di Gesù.
I capi dei sacerdoti e tutto il sinedrio cercavano qualche falsa testimonianza contro Gesù per farlo morire; e non ne trovavano, benché si fossero fatti avanti molti falsi testimoni. Alla fine se ne fecero avanti due, che dissero: «Costui ha detto: “Io posso distruggere il tempio di Dio e ricostruirlo in tre giorni”».
E il sommo sacerdote, alzatosi in piedi, gli disse: «Non rispondi nulla? Non senti quello che testimoniano costoro contro di te?» Ma Gesù taceva. E il sommo sacerdote gli disse: «Ti scongiuro per il Dio vivente di dirci se tu sei il Cristo, il Figlio di Dio».
Gesù gli rispose: «Tu l’hai detto; anzi vi dico che da ora in poi vedrete il Figlio dell’uomo seduto alla destra della Potenza e venire sulle nuvole del cielo». Allora il sommo sacerdote si stracciò le vesti, dicendo: «Egli ha bestemmiato; che bisogno abbiamo ancora di testimoni? Ecco, ora avete udito la bestemmia; che ve ne pare?» Ed essi risposero: «È reo di morte».
Matteo 26:59-66
La difficoltà di trovare delle testimonianze per condannare Gesù, ci fa capire che questo è un processo politico: i capi sacerdoti hanno già deciso il verdetto, servono almeno due testimoni concordi (come prescriveva la legge) solo per salvaguardare una parvenza di legalità nella loro azione. Alcuni commentatori si affannano a trovare in quello che è raccontato dagli evangelisti errori di procedura legale, quando non si accorgono che è un processo farsa, che la procedura è seguita dal Sinedrio dunque solo in maniera approssimativa.
L’accusa di voler distruggere il Tempio di Gerusalemme che viene rivolta a Gesù, non trova un esplicito parallelo nei testi giunti fino a noi. In Giovanni 2, ad esempio, che abbiamo letto, abbiamo il passo più vicino, ma lì Gesù lanciava come una sfida a distruggere il Tempio in modo che poi lo potesse ricostruire. Però è anche chiaro che Gesù non è stato affatto tenero e può aver dato proprio l’impressione di volerlo distruggere.
Distruggere il Tempio è un’accusa grave, in quanto è un atto considerato sovversivo e anche sacrilego, verso il Signore e verso tutta la nazione ebraica. Probabilmente però è proprio l’annuncio di volerlo ricostruire, che qui è implicito, che è giudicato più grave, infatti è un annuncio messianico.
Lo vediamo anche nel fatto che il Sommo Sacerdote collega subito l’accusa di voler distruggere il Tempio all’accusa di volersi presentare come Figlio di Dio. Ciò non è spiegato dal nostro passo, ma a quei tempi un riferimento in Zaccaria 6:12, oltre che accenni di Ezechiele facevano pensare al Messia come a Colui che avrebbe ricostruito un nuovo e perfetto Tempio.
Al Sommo sacerdote questo non sfugge, e allora domanda a Gesù, in modo forse sarcastico: Sei tu il Cristo? Come a dire: “Sei tu incatenato, percosso, umiliato, il Messia che deve venire, che instaurerà un regno perfetto e vittorioso?”
Fin lì Gesù era rimasto silenzioso, ma la domanda è però ora introdotta da una richiesta (magari discutibile per questo suo scongiurare), che significa però l’invito a dire la verità dinnanzi a Dio. La risposta di Gesù, che allora non può sottrarsi dal dire la verità, inizia con: Tu l’hai detto. Come a dire: “anche se volevi essere sarcastico, ad indicare il Messia in uno che è incatenato e via dicendo. La risposta è sì, lo sono” Non solo. Gesù aggiunge una frase sul vederlo seduto alla destra di Dio, in cui fa capire che Egli non è solo il Messia, ma anche qualcosa in più; e che presto sarà pienamente vittorioso.
Infatti, a differenza di quel Messia terreno che loro hanno in mente (come molti nostri contemporanei in fondo), Gesù Cristo, anche se sulla terra è messo a morte, o proprio per questo motivo, è invece assolutamente glorioso con il Signore, il Figlio dell’uomo è proprio il Figlio di Dio. E nonostante ora sia umiliato e incatenato, annuncia che lo vedranno presto alla destra di Dio, alla pari con Dio, nella sua altissima gloria. E qui il testo usa “potenza” per non nominare il nome del Signore esplicitamente, ma forse anche per ribadire che la vera potenza e gloria e regno appartiene solo a Dio.
La scelta
Gesù sta dicendo pubblicamente, allora, proprio chi Egli è: il Figlio di Dio. Ed è proprio per questo che viene condannato come bestemmiatore di Dio. In quanto, negando i sacerdoti il suo essere divino, come Gesù si è presentato loro, allora lo vedono come un bestemmiatore, uno cioè che denigra il Signore, e quindi in quei tempi per questo reato c’era la pena di morte.
Spesso i lettori contemporanei considerano solo l’aspetto politico del processo, che pure c’era, infatti i capi dei sacerdoti avevano estremo timore dell’invasore romano e di perdere la loro preminenza fra i vari partiti ebraici. Allora oggi alcuni giudicano esagerata l’azione dei capi dei sacerdoti oppure dovuta ad una ragion di stato, come se fosse una giustificazione. Chiaramente la pena di morte era legata a quell’epoca, ma quello che non si valuta bene è la religiosità dei capi dei sacerdoti, anzi la loro fede. Sono politici, ma nello stesso tempo sono i custodi delle tradizioni e della vita religiosa del popolo e credenti nell’unico Iddio vivente.
Allora i capi dei sacerdoti hanno solo due possibilità: o accettano la sua dichiarazione e lo riconoscono come Figlio di Dio o la rifiutano e quindi vogliono, o anche sentono che devono condannarlo.
La scelta con il Cristo o contro di esso, è una scelta di fede. Fuori da una logica di fede si possono fare disquisizioni, valutare una vicinanza a Gesù Cristo e anche una lontananza verso uno o un altro aspetto, ma in una visione di fede deve prendere posizione. Accettare la pretesa di Gesù di essere il Cristo, glorioso e divino, oppure rifiutarla senza mezzi termini.
Il loro è un rifiuto di principio basato sulla loro fede. Ovviamente, il fatto che subito dopo ci sia il rinnegamento di Pietro per paura, ci dice che esiste anche un rifiuto nel quotidiano, non di principio, un aspetto di incoerenza e di difficoltà nel seguire nella pratica l’esempio di Gesù della Passione nella vita. In questo caso, invece, ci troviamo dinnanzi ad una scelta netta che interroga anche noi lettori dell’evangelo e che, in qualche modo, non può essere elusa, magari forse rimandata, ma è la scelta di fede dei cristiani.
Lo vedrete
In che senso da ora in poi vedrete il Cristo alla destra di Dio? Questa affermazione ci inserisce nel ricorrente tema del vedere oppure no la gloria di Dio in Gesù Cristo, e in generale nel vedere la potenza di Dio all’opera incontrovertibilmente nel nostro mondo.
Il Cristo a quel tempo appariva incatenato e umiliato, così oggi pur con tutte le testimonianze della Scrittura e dei credenti, ci si chiede però come si possa decidersi per il Cristo in quanto non appare nella sua gloria, potenza, non è palese in questo mondo la presenza dello Spirito e via dicendo. C’è chi pensa che forse se venisse sulle nuvole con squilli di tromba, oppure ci fossero miracoli clamorosi…sarebbe una cosa più facile a decidersi, ma non solo le cose non sono così, ma anzi anche se alcuni vedessero, saprebbero poi decidersi per il Cristo oppure invece seguiterebbero con superficialità nella loro solita esistenza?
Molti nostri contemporanei vorrebbero vedere, infatti, prima di avere fede, come se quella fosse fede. E poi, detto per inciso, si affidano magari a cose che non controllano, credono ai sentito dire come a cose vere.
No, la decisione è vincolata a qualcosa di più profondo.
Riandiamo al testo. Con “il Figlio dell’uomo seduto alla destra della Potenza” Gesù parla della sua Ascensione e dunque della sua avvenuta resurrezione. La tensione con la situazione di estrema debolezza che sta vivendo è palpabile. Però proprio questa tensione e la drammaticità della Passione ci assicurano della realtà e efficacia del sacrificio di Cristo per la nostra salvezza, e anche il suo essere il Signore.
Proprio quello che il sommo sacerdote sembra rimproverare al Cristo come follia, cioè pretendere di essere il Figlio di Dio essendo sottoposto a esseri umani, diviene per noi –in una maniera forse profonda e non spiegabile, cioè per fede– la garanzia della potenza di Dio che non ha timore della sconfitta e della morte terrena.
La speranza cristiana, infatti, non è né quella di non morire nè quella di non soffrire, ma quella di risorgere.
Questa speranza rende differente il nostro modo di vivere, ma non è per questo abbiamo fede. La fede viene prima. Anche per questo sappiamo che potremmo essere messi in crisi per paura o altro, come Pietro, ma non per questo avremmo perso la fede.
La decisione per il Cristo, la fiducia in Lui, la fede non si basa su inesistenti test su Dio che potremmo sperimentare sulla terra, ma sul dono spirituale di Dio, con il quale possiamo vedere la gloria di Dio, il Cristo come Signore, e non viceversa: la fede viene prima del vedere.
Poi la visione che ci dona la fede, sì che ci porta a vedere con occhi nuovi la vita e la morte, la nostra esistenza e quella delle persone, le cose felici e le cose tragiche e sbagliate ed ingiuste della Terra, e che ci fa vedere allora nonostante tutto: il Figlio di Dio seduto alla destra di Dio Padre, che viene sulle nuvole del cielo. Amen