Essere in famiglia, nella famiglia umana

Galati 4:4-7 Quando giunse la pienezza del tempo, Dio mandò suo Figlio, nato da donna, nato sotto la legge, per riscattare quelli che erano sotto la legge, affinché noi ricevessimo l’adozione. E, perché siete figli, Dio ha mandato lo Spirito del Figlio suo nei nostri cuori, che grida: «Abbà, Padre». Così tu non sei più servo, ma figlio; e se sei figlio, sei anche erede per grazia di Dio.

Pienezza del tempo

Quando giunse la pienezza del tempo, quando cioè il Signore decise che era il tempo opportuno, quando era il tempo giusto, quello esatto perché si realizzasse la salvezza, ecco che Dio mandò il Cristo.

Il tempo dopo essere stato preparato dai profeti e dal Battista era dunque arrivato, come ricordiamo in Avvento. Era anche il momento storico adatto, qualcuno ha detto, perché il messaggio dell’evangelo si diffondesse per tutto un impero pieno di schiavi e di persone in ricerca di salvezza.

Da una parte è vero, ma da un altro punto di vista, la pienezza del tempo arriva perché è il Signore Gesù che perfeziona il tempo, che lo completa, che lo rende pieno. Infatti se il tempo opportuno non avesse visto l’arrivo del Salvatore, sarebbe rimasto comunque un tempo come tanti altri, un momento di possibilità non realizzate.

Quando arriva Natale, pensiamoci!

La nostra vita è fatta di tanti momenti. Alcuni sono momenti speciali, altri sembrano più ordinari. Ma il momento è davvero speciale solo quando arriva lo Spirito a portarci il messaggio di Gesù Cristo nel nostro cuore, nel profondo della nostra esistenza. Natale è un momento speciale solo quando ci rivolgiamo al Salvatore e ascoltiamo il messaggio davvero speciale dell’evangelo.

Sotto la Legge

Questo evangelo comincia con Gesù che, come scrive l’apostolo, fu mandato da Dio nato di donna, come essere umano, dunque, per condividere la nostra umanità dal di dentro e portare salvezza a questa umanità.

Ma, l’apostolo scrive anche: nato sotto la legge. Certamente l’apostolo usa questa espressione sia per indicare che viene ad essere parte del popolo della Legge, del popolo di Israele, sia per indicare la sua assoluta umanità, senza privilegi.

Però, conoscendo un po’ come va la storia umana e con tanti esempi attuali, noi non possiamo non pensare che Gesù, non è –e ci mancherebbe– un fuorilegge, ma non si pone neanche sopra la legge. Quanti re, quanti dittatori, ma anche quanti politici e ricchi, pretendono di essere al di sopra della legge. E dunque di essere speciali dinnanzi agli altri e di avere trattamenti di favore.

Non così il nostro Signore, che vuole invece essere proprio parte dell’umanità, che vuole che proprio esseri umani reali, con i loro difetti, contraddittorietà ed errori, siano salvati, non più condannati dalla legge, ma salvati per grazia di Dio. Infatti viene sotto la legge per essere il giusto che salva i peccatori.

Quando festeggiamo il Natale non festeggiamo il compleanno di Gesù –che peraltro sarebbe già cosa bella– ma festeggiamo l’incarnazione, l’inizio della salvezza attesa, agognata, nella storia umana.

Famiglia di Dio

Cosa sia la salvezza non è poi così semplice da dire, in quanto ha molti aspetti e sfumature. L’apostolo parla della salvezza, nella parte della lettera in cui si trovano i nostri versetti, mescolando due immagini quella degli eredi e quella dell’adozione.

Da una parte ci sono infatti come dei figli minori, che non hanno ancora accesso all’eredità, ma sono sotto tutore, la Legge, cioè gli ebrei, coloro che sono del popolo di Israele. Dall’altra parte ci sono come degli orfani, che rappresentano quelli di origine pagana, che si sentono esclusi dalla familiarità con Dio.

Da una parte il popolo eletto, che però stenta ad avere familiarità con il Signore in quanto sotto la Legge, dall’altra persone che si sentono di nessun popolo, di nessun privilegio dinnanzi a Dio. Ebbene, per la grazia di Dio in Gesù Cristo: i primi divengono come eredi adulti, che hanno a disposizione tutta l’eredità, gli altri come figli adottati e dunque anch’essi pienamente eredi delle promesse e della benignità di Dio. E lo Spirito, mandato nei cuori, farà sì che sia gli uni sia gli altri si possano sentire profondamente in familiarità con Dio e quindi fra loro.

La realtà sociale di oggi è del tutto differente da quel tempo, eppure ­­–specie per quelli che erano di origine pagana– valeva un senso di solitudine e di abbandono, in una società globalizzata e senza garanzie, che sentiamo anche oggi. Anche noi siamo alle prese, sempre di più, con una società complessa e con l’incertezza. Una volta ad esempio il Comune, il senso della patria, le famiglie con più generazioni ma anche i partiti politici, le associazioni e –non ultima– la chiesa stessa erano realtà in cui ti sentivi parte di un insieme, se non proprio una famiglia, un gruppo coeso, che in alcuni momenti era concretamente vicino.

Adesso invece tutti i rapporti sono più diluiti, più lontani. L’incertezza del futuro, del lavoro, delle famiglie stesse rende tutto più provvisorio. Il grido che riporta l’apostolo: «Abbà, Padre», rischia di divenire un grido di un singolo che si sente solo in mezzo alla massa, oppure di piccoli gruppi che stentino a riconoscersi parte di una famiglia di Dio più ampia, che comprenda anche altri.

L’apostolo parla al contrario di sentirsi figli di Dio insieme agli altri. Figli adulti, ma sempre amati e accolti, per essere parte della famiglia di Dio, non in modo retorico, ma fortemente esistenziale. Non abbandonati in un mondo incerto, ma sicuri della guida di Dio.

E insieme non come singoli, ma come insieme di persone, attraverso cui sentiamo la vicinanza di Dio.

L’essere parte di una comunità, certo può essere offuscato da divisioni, incomprensioni, errori… ma non può essere abolito o distrutto perché è dono dello Spirito di Dio, è lo Spirito che crea comunione, che ci fa pregare il Padre nostro.

Ritrovare questo senso di famiglia, con la famiglia umana, di ritrovare il senso di appartenenza al Signore, a cui con estrema familiarità possiamo rivolgerci, è uno dei doni del Natale, di cui ringraziamo il nostro comune Padre celeste. Amen


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