Il testo della predicazione di oggi, è costituito da due versetti che sono nella I lettera di Pietro, alla conclusione di un brano che parla della sofferenza che si patisce ad essere schiavi. Allora schiavi non era un modo di dire, ma era in senso proprio. Il sopportare la sofferenza senza fare il male, veniva indicata seguendo l’esempio di Cristo. E subito l’apostolo non può che aggiungere che per questo è divenuto nostro Salvatore. Dunque questi versetti hanno evidentemente portata generale.
egli ha portato i nostri peccati nel suo corpo, sul legno della croce, affinché, morti al peccato, vivessimo per la giustizia, e mediante le sue lividure siete stati guariti. Poiché eravate erranti come pecore, ma ora siete tornati al pastore e guardiano delle vostre anime.
I Pietro 2:24-25
L’essenziale
Il nostro Signore Gesù Cristo ha preso su di sè i peccati del mondo, i nostri, nel senso di quelli di ognuno e dell’umanità tutta, per darci salvezza. Cioè per farci essere giustificati dinnanzi al Signore e in questo avere salvezza. Notate che qui la salvezza è espressa come essere “guariti”, eravamo in una malattia mortale e ora siamo guariti, salvati.
Questo versetto non solo ha valore in generale, ma potremmo dire è l’essenza dell’evangelo, la spiegazione della realtà della croce di Cristo per la nostra salvezza.
Proprio perché siamo salvati, cioè siamo riscattati dal potere del mondo e abbiamo come nostro Signore il Cristo, si può riprendere qui l’immagine divina del buon pastore. Dopo la resurrezione, Gesù Cristo, il Risorto, il Vivente, diviene il nostro buon pastore.
Ho ripetuto che questo annuncio vale per tutti, pensate però come doveva suonare forte per degli schiavi. C’erano cioè persone che per la loro nascita erano proprietà di altre persone e a loro si diceva che il vero Signore (se volete il vero padrone) era invece Gesù Cristo, quel Salvatore che aveva dato la sua vita per loro.
Quindi anche se non si combatteva l’istituto della schiavitù, c’era un messaggio di dignità e di speranza notevolissimo, che vale per tutti, ma era inteso fortemente da coloro che erano in quella condizione.
Egli è qui anche definito come guardiano, dando all’immagine anche il significato, quindi, di chi ci protegge. Di chi si batte contro i “lupi” (come ricordava l’immagine della lettura di Giovanni). Dalla cura e presenza del buon pastore da cui nulla ci può strappare.
Erranti
Il pastore, nell’immagine che abbiamo qui, raccoglie le pecore disperse, le persone erranti.
Essere erranti significa vivere la nostra vita senza meta e soggetti a tutti gli influssi e i pericoli del mondo.
Questa condizione era vera a quel tempo e lo è in ogni tempo. Di epoca in epoca gli influssi del mondo sono differenti, ma la sensazione di vivere “per caso” e in balia degli elementi è sempre presente.
Al giorno di oggi, si vede spesso come le persone non abbiano una “struttura” personale che li aiuti ad essere liberi e coerenti in questo oggi così tumultuoso. Ad esempio: si dice che le persone votino in politica, ma anche investano i loro risparmi di pancia. Espressione che significa: da una parte che reagiscono alle ultime mode e emozioni e che lo fanno senza rifletterci troppo; dall’altra significa anche che spesso votano o investono denaro o il loro tempo in contrasto con i propri principi o contro il loro stesso interesse.
Forse una volta le ideologie spingevano in altro modo la gente, adesso le ideologie –che per un tempo si era detto fossero moribonde– agiscono in modo meno palese. “Di pancia” appunto, con false notizie, con la superficialità diffusa e penetrante.
In una situazione così, cosa significa che non siamo più erranti grazie a Gesù Cristo?
Significa, a mio avviso, due cose:
a) che il Signore in realtà guida la vita dei credenti, anche se il mondo ci porta a volte fuoristrada o anche se noi stessi vi remiamo contro.
b) che proprio avendo fede in Gesù Cristo riusciamo ad essere da Lui guidati e protetti, come il guardiano delle anime nostre.
Anime nostre
Il termine tradotto qui con anima ha nel mondo moderno vari significati, in quello biblico si riferisce alla nostra stessa essenza.
Infatti, il termine greco sotteso al testo è infatti ψυχή, da dove viene il nostro termine “psiche”, e si può tradurre oltre che con anima con vita, nel senso della vita specifica di una persona, con vitalità, ciò che la persona è non in opposizione con il corpo, e più in generale si può tradurre con animo, il proprio animo profondo. La propria essenza.
Dunque, il nostro buon pastore preserva ciò che noi realmente siamo, sta attento che non conduciamo una vita “alienante” che ci porta fuori di noi e di quello che, grazie al Creatore e al Salvatore, effettivamente siamo.
Stiamo parlando di una identità che ci è donata dal Cristo e che non ci viene tolta e questa identità è la nostra autentica identità.
Per questo il peccato è alienante, infatti ci fa vivere non secondo la nostra essenza, ma secondo quello che impone il mondo circostante.
Ad esempio, nel testo che precede c’è Cristo come esempio di sopportazione e dunque c’è l’idea di non reagire al male con violenza, con il male, perché se no diverremmo altro da noi, non più cristiani. E ciò vale per il reagire di pancia, come per l’essere egoisti o guidati dall’invidia o pianificare il male…
Ovviamente non è affatto facile essere chi realmente siamo, anzi. Ecco, dunque, l’invito implicito ad affidarsi al Salvatore come buon pastore, che ci insegna il cammino e insieme ci protegge con il suo intervento.
In questo tempo, dunque, in cui c’è in generale superficialità, e in particolare poca conoscenza del messaggio di salvezza dell’evangelo, questo annuncio combatte il vivere alienati, l’agire fuori o contro noi stessi.
E il guardiano delle anime nostre o delle vite nostre, non in senso solo fisico, ma nel senso della vita e di difesa della nostra identità interviene.
Affidandoci a Lui ed essendo Gesù Cristo il nostro buon Pastore abbiamo questo dono di sapere che nella vita non siamo erranti. Ma guidati e sostenuti.
Non significa che non ci siano delle vie del mondo che prendiamo e ci fanno perdere, ma che in ogni via, non viviamo abbandonati, ma siamo preservati interamente nella nostra identità profonda e vera.
Per questo non temiamo se camminiamo nella valle dell’ombra della morte, il Salvatore è con noi come il nostro buon pastore. Amen