La lettera agli Ebrei è così detta perché parla di Gesù Cristo con molti riferimenti, non solo all’Antico Testamento, ma anche al culto del Tempio di Gerusalemme.
Infatti la parola di Dio è vivente ed efficace, più affilata di qualunque spada a doppio taglio, e penetrante fino a dividere l’anima dallo spirito, le giunture dalle midolla; essa giudica i sentimenti e i pensieri del cuore. E non v’è nessuna creatura che possa nascondersi davanti a lui; ma tutte le cose sono nude e scoperte davanti agli occhi di colui al quale dobbiamo rendere conto.
Avendo dunque un grande sommo sacerdote che è passato attraverso i cieli, Gesù, il Figlio di Dio, stiamo fermi nella fede che professiamo. Infatti non abbiamo un sommo sacerdote che non possa simpatizzare con noi nelle nostre debolezze, poiché egli è stato tentato come noi in ogni cosa, senza commettere peccato. Accostiamoci dunque con piena fiducia al trono della grazia, per ottenere misericordia e trovare grazia ed essere soccorsi al momento opportuno.
Ebrei 4:12-16
Questo brano è composto da due parti. La prima parla sulla parola di Dio, sul suo intervento nel mondo, alla quale nulla sfugge. Ogni cosa, anche pensieri e sentimenti non sono ignoti al Signore, che viene definito “Colui al quale dobbiamo rendere conto”.
Questa prima parte dunque ci dice, implicitamente, che abbiamo proprio bisogno di un Salvatore.
La seconda parte ci annuncia che questo Salvatore è Gesù Cristo. E questo Salvatore non solo ci salva, ma “simpatizza con noi”. Simpatizza in quanto pur non avendo commesso peccato, è stato “tentato come noi in ogni cosa”.
Conosce dunque le debolezze e le contraddizioni umane. E pur non accettando il peccato, ci dona invece salvezza. Le tentazione di Gesù –che è il brano che leggeremo dopo– sono dunque una garanzia sia del fatto che Gesù Cristo è il Figlio di Dio e nostro Salvatore, sia che possa simpatizzare con noi. E più della parola penetrante di Dio, ci sorprende questa simpatia, che anche ci rassicura.