Ma quanto è grande la misericordia di Dio!

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L’episodio (II Re 5:1-19) che commento è quello di Naaman, il Siro, il siriano, e di Eliseo uno degli antichi profeti (approssimativamente del IX secolo a. C.). Certamente ci sono varie cose della mentalità religiosa orientale antica che si possono e devono spiegare, ma è un testo grande impatto e significato, che ci fa pensare all’universalismo e alla vastità della misericordia di Dio, è un’anticipazione di quello che sarà il messaggio di Gesù Cristo ed anzi dall’opera di Gesù Cristo questo testo riceve una luce ancora più forte.

(Versione audio)

Il nostro testo inizia così:

Naaman, capo dell’esercito del re di Siria, era un uomo tenuto in grande stima e onore presso il suo signore, perché per mezzo di lui il SIGNORE aveva reso vittoriosa la Siria; ma quest’uomo, forte e coraggioso, era lebbroso.

Lo stile degli antichi testi è asciutto e con poche parole però delinea già la situazione. Abbiamo Naaman un uomo di successo, un guerriero, un generale dell’esercito dei nemici di Israele, forte e coraggioso, ma che si ritrova i segni della lebbra. La situazione sta precipitando. Nonostante i successi, nonostante le prospettive di vita all’apice della sua forza e fortuna politica, Naaman sta per essere privato del suo successo e della sua vita. Anche se non ha la lebbra propriamente detta, come dicono alcuni commentatori perché non è ancora allontanato dalla società, ma una sua variante più debole, certo è solo questione di tempo che sia allontanato.

La storia prende, però, subito vita per una circostanza, che era avvenuta poco prima.

Alcune bande di Siri, in una delle loro incursioni, avevano portato prigioniera dal paese d’Israele una ragazza che era passata al servizio della moglie di Naaman. La ragazza disse alla sua padrona: «Oh, se il mio signore potesse presentarsi al profeta che sta a Samaria! Egli lo libererebbe dalla sua lebbra!»

Bisogna osservare che questo è un particolare decisivo del racconto. C’era una specie di tregua armata fra Israele e i Siri. Allora alcune delle loro bande in una incursione avevano rapito e ridotto in schiavitù una ragazza di Israele. Ed è proprio quella ragazza, prigioniera dei suoi nemici, che dà avvio al racconto e a quella che sarà la svolta nella vita di Naaman.

Perché lo fa? Forse perché conosce Naaman e la sua famiglia non come un nemico astratto, ma come persone reali. Ed anche perché in realtà è mossa dallo Spirito santo, nel fare del bene anche ad un nemico.

Dunque, Dio veglia ovunque. E Dio si serve di vie segrete e umili. E rovescia i superbi. Non è un caso che saranno proprio la sua serva e poi altri servitori a salvare dalla lebbra il grande generale.

E Naaman, dato che non sa che altro possa fare contro la lebbra, va dal suo re per dar seguito a quello detto dalla ragazza.

Naaman andò dal suo signore e gli riferì la cosa, dicendo: «Quella ragazza del paese d’Israele ha detto così e così». Il re di Siria gli disse: «Ebbene, va’; io manderò una lettera al re d’Israele». Egli dunque partì, prese con sé dieci talenti d’argento, seimila sicli d’oro e dieci cambi di vestiario; e portò al re d’Israele la lettera, che diceva: «Quando questa lettera ti sarà giunta, saprai che ti mando Naaman, mio servitore, perché tu lo guarisca dalla sua lebbra».

Reperti di quell’epoca dicono che questo tipo di lettere era usato a quel tempo e quindi questo ci dà un riassunto del messaggio inviato. Insieme ci sono doni, come in diplomazia dell’epoca si usava, doni di indubbio valore, veramente una ricchezza, proprio perché si chiede un grande favore. E il favore è chiesto al re, perché contrariamente a quanto avveniva in Israele (c’è già quella che è una divisione di poteri), i re di quella zona erano ritenuti insieme anche sacerdoti e profeti. Dunque il re di Siria non ha dubbi e invia Naaman dal re d’Israele. Ma il re di Israele invece si preoccupa, grandemente.

Appena il re d’Israele lesse la lettera, si stracciò le vesti e disse: «Io sono forse Dio, con il potere di far morire e vivere, ché costui mi chieda di guarire un uomo dalla lebbra? È cosa certa ed evidente che egli cerca pretesti contro di me».

Il re d’Israele pensa che sia un pretesto per fargli guerra. Si straccia le vesti in segno di lutto imminente dato dalla guerra. È un re che sa cosa sia la guerra! E la sua esclamazione “sono forse Dio… ” è assolutamente quella di un credente. Il potere di vivere o morire ce l’ha solo Dio.

Quante persone lo dimenticano al giorno d’oggi. Certo il farmaco è importante, ma anche attraverso il farmaco il Signore agisce, ma in più sapere di essere realmente nelle sue mani ci fa avere una nuova sicurezza. Non che ci tolga la prudenza e l’attenzione a tutto ciò che dobbiamo, non tentiamo infatti il nostro Signore, ma sapere che Dio con il suo Spirito è all’opera ed è benigno con noi è fondamentale per avere una vita stabile, anche nelle difficoltà.

La reazione del re, con i timori di una guerra e la richiesta ricevuta, giungono però al profeta Eliseo. Il profeta di Samaria, proprio quello che la ragazza ha indicato.

Quando Eliseo, l’uomo di Dio, udì che il re si era stracciato le vesti, gli mandò a dire: «Perché ti sei stracciato le vesti? Quell’uomo venga pure da me, e vedrà che c’è un profeta in Israele».

C’è un profeta in Israele, che notizia rassicurante! C’è chi porta la Parola di Dio. La Parola del Signore non è assente, non è muta, come in certi tempi.

Oggi i profeti non ci sono più come a quel tempo, eppure la Parola del Signore viene sparsa e annunciata. C’è una chiesa in Bellinzona, anzi più di una. Ci sono chiese in questo mondo, anche se sembra che l’ateismo e la sordità alla Parola di Dio si diffondono, grazie a Dio c’è chi parla di Gesù Cristo, di salvezza, di giustizia e verità, di grazia e misericordia.

E a questo siamo chiamati noi tutti come chiesa. E anche se siamo presi dallo scoraggiamento ricordiamoci che la Parola che viene da Dio non tacerà mai. E la si può ascoltare sempre anche se alle volte è flebile o in mezzo alle contraddizioni della nostra epoca.

Dunque è il momento che il grande generale vada dal profeta Eliseo.

Naaman dunque venne con i suoi cavalli e i suoi carri, e si fermò alla porta della casa di Eliseo. Ed Eliseo gli inviò un messaggero a dirgli: «Va’, làvati sette volte nel Giordano; la tua carne tornerà sana e tu sarai puro».

Il generale si aspettava un’accoglienza cerimoniosa e qualche prodigio spettacolare, riceve, invece, una “non-accoglienza”: Eliso gli manda un messaggero. E un’istruzione semplice. Non è la forma che conta, diremo noi, ma per Naaman e per molti nostri contemporanei conta.

Ma Naaman si adirò e se ne andò, dicendo: «Ecco, io pensavo: egli uscirà senza dubbio incontro a me, si fermerà là, invocherà il nome del SIGNORE, del suo Dio, agiterà la mano sulla parte malata, e guarirà il lebbroso. I fiumi di Damasco, l’Abana e il Parpar, non sono forse migliori di tutte le acque d’Israele? Non potrei lavarmi in quelli ed essere guarito?» E, voltatosi, se ne andava infuriato.

Come molti nostri contemporanei, Naaman pensa che l’intervento del Signore (se almeno pensano avvenga) non avvenga in gesti che definiremo quotidiani, ma che siano necessari clamorosi gesti, miracolosi interventi come i fulmini di Giove… In fondo Naaman ha ragione, le acque dei fiumi di Damasco sono uguali a quelli di Israele. Sì sono uguali, perché non è dalla caratteristica dell’acqua che verrà guarito, ma dall’intervento del Signore.

Il Signore però vuole da Naaman un gesto di ubbidienza. Naaman è infuriato, quindi, sia per la scarsa considerazione dimostrata da Eliseo nei suoi confronti, sia perché gli si chiede di sottomettersi e ubbidire all’invito ricevuto nel nome del Signore. Chi lo salverà, chi lo toglierà dalla sua superbia ottusa? Quanti non pregano il Signore per l’orgoglio di dire “ce la faccio da solo” oppure “sono in grado di farcela”?

Ma i suoi servitori si avvicinarono a lui e gli dissero: «Padre mio, se il profeta ti avesse ordinato una cosa difficile, tu non l’avresti fatta? Quanto più ora che egli ti ha detto: “Làvati, e sarai guarito”».

Allora egli scese e si tuffò sette volte nel Giordano, secondo la parola dell’uomo di Dio; e la sua carne tornò come la carne di un bambino: egli era guarito.

Proprio i servitori, umili, che lo chiamano padre in segno di grande rispetto, lo inducono a ragionare, ancora degli umili salvano il gran generale. Perché la sua superbia non lo faceva ragionare e lo avrebbe perduto.

Ed egli finalmente è guarito, ciò che era annunciato dalla ragazza all’inizio del racconto si è realizzato. Cosa possiamo dire? Solo lode a Dio, il Signore è proprio il Signore della vita e della morte. E questo stavolta lo comprende anche Naaman.

Poi tornò con tutto il suo sèguito dall’uomo di Dio, andò a presentarsi davanti a lui e disse: «Ecco, io riconosco adesso che non c’è nessun Dio in tutta la terra, fuorché in Israele. E ora, ti prego, accetta un regalo dal tuo servo». Ma Eliseo rispose: «Com’è vero che vive il SIGNORE di cui sono servo, io non accetterò nulla». Naaman insisteva perché accettasse, ma egli rifiutò.

Notiamo innanzitutto che Eliso non accetta nessuno dei tanti e preziosi doni che Naaman ha portato. Eliseo non vuole guadagni da questa guarigione. Infatti non è lui ad aver lavorato, ma è grazia del Signore ad aver operato. Il suo tramite non conta più di tanto, poteva essere anche qualcun altro al suo posto.

Gheazi (il servo che compare nel racconto che segue, andando indietro a Naaman per guadagnare qualche dono) invece sarà punito, per aver voluto lucrare sulla grazia di Dio. In fondo ciò significa anche, in prospettiva storica, un voler restringere la grazia sovrabbondante di Dio a chi può pagarla. E qui invece si sottolinea la misericordia ampia di Dio.

Naaman si converte e fa la sua confessione di fede dicendo: “non c’è nessun Dio in tutta la terra, fuorché in Israele”. Ecco che subito gli arcigni commentatori che vorrebbero da un uomo del IX secolo avanti Cristo, pagano e soldato, la comprensione precisa di chi sia Dio, come se poi la conoscessero propriamente, storcono il naso di fronte al fatto che crede in un Dio legato propriamente alla terra di Israele, come si vedrà anche dopo. Basta non se ne può più. La misericordia di Dio riconosce la sua conversione e non contesta se i termini non sono precisi rispetto ad un parametro di un’altra epoca.

Infatti, noi che crediamo in Gesù Cristo, come Signore e Salvatore, non lo facciamo perché sappiamo di teologia, ma perché ci affidiamo con la nostra vita, con noi stessi alla fonte della vita, perché vogliamo star bene e Egli è la fonte di ogni bene. E in ciò non c’è nulla di male, anzi è la fede dei bambini semplice e diretta quella che Gesù chiede a noi.

La mentalità antica, legata alla terra, alla sacralità della terra, che è come dimora del Dio, è evidente nella richiesta seguente di Naaman, che vuole da allora pregare solo il Signore.

Allora Naaman disse: «Poiché non vuoi, permetti almeno che io, tuo servo, mi faccia dare tanta terra quanta ne porteranno due muli; poiché il tuo servo non offrirà più olocausti e sacrifici ad altri dèi, ma solo al SIGNORE.

Vediamo qui che vuole adorare solo il Signore. Per noi è un po’ buffo che pensi di farlo, con preghiere e riti, inginocchiato solo sulla terra che si è portato da Israele, è però la mentalità del tempo e non c’è ancora stato Gesù che dice che Dio si adora in spirito e verità, non in un luogo particolare.

Anche adesso ci sono santuari e monasteri in cui molti vanno in pellegrinaggio, e ciò ci fa pensare che faccia parte della visione umana, ma in Gesù Cristo siamo realmente liberi di adorare il Signore ovunque in una stanza, in mezzo alla folla, in una prigione, sul letto di un ospedale… Ed Egli è lì!

Naaman, che è intelligente, pensa però anche a quando rientrerà nel suo paese. E aggiunge un “tuttavia”.

Tuttavia il SIGNORE voglia perdonare una cosa al tuo servo: quando il re mio signore entra nella casa di Rimmon per adorare, e si appoggia al mio braccio, anch’io mi prostro nel tempio di Rimmon. Voglia il SIGNORE perdonare a me, tuo servo, quando io mi prostrerò così nel tempio di Rimmon!»

Naaman non può fuggire del tutto agli usi e costumi pagani. E se dà il braccio al suo re quando si inchina, anche lui si inchinerà. Quello che prospetta è forse una specie di nicodemismo, non tanto una ragion di Stato, è in fondo la sua umanità semplicemente in contraddizione e in difficoltà.

Quello che chiede, però, sarebbe in aperta contraddizione con il secondo comandamento: Esodo 20:4-5 Non farti scultura, né immagine alcuna … Non ti prostrare davanti a loro.

Cosa dirà allora adesso Eliseo, di fronte a questa sfacciataggine del neo-convertito.

Eliseo gli disse: «Va’ in pace!»

Ma quanto è grande la misericordia di Dio!

Va’ in pace, significa, non ti preoccupare che Dio ti benedirà, e quindi avrai pace.

È una conclusione sorprendente. Dio si preoccupa di persone di popoli diversi e accetta che lo si onori in maniera un po’ diversa. C’è qui un annuncio della salvezza per grazia, cioè non è per nostri meriti che siamo salvati e nemmeno per i nostri riti, ma è per sola grazia di Dio.

In più, qui c’è di mezzo un nemico per i credenti di Israele. Ma la ragazza e Eliseo stesso intervengono spinti dallo Spirito. Da loro Naaman infatti viene visto come un essere umano e non come un “nemico”. Nemico è un’etichetta che serve per creare uno stereotipo e per disumanizzare i nemici, facendoli dunque passare per “tipi” da uccidere e non persone reali. Ben lo sanno tutti i nazionalismi e i guerrafondai. Ma non questo dovrebbero fare i credenti, consapevoli che dinnanzi a loro ci sono non tipi, ma creature di Dio.

Forse è anche questo uno dei motivi dell’incredulità sulla misericordia di Dio. Se è ampia è anche per quelli che considero nemici, allora alle volte viene la tentazione di classificarli come nemici di Dio per dare limiti alla grazia del Signore.

Ma la misericordia di Dio è più grande dei nostri pensieri. Anche quando pensiamo che noi siamo ormai alla fine, ma il nostro Signore clemente ci fa grazia sempre e spesso ci dà anche guarigione. Magari guarigione dalle ferite della vita, ricompone rapporti rotti e ci calma l’animo. Ed anche se non avremo guarigione ci dà pace interiore.

Vai in pace! Che parole assolutamente necessarie e gioiose in questo periodo di guerra e di travaglio e di insicurezza. Per giovani e anziani. Spesso ci si chiede se siamo abbastanza credenti. Se preghiamo. E preghiamo bene. E se Dio si ricorderà di me.

Vai in pace! Ci dice il profeta e ci dice la Parola di Dio. Percorri la vita e che la dolcezza della clemenza di Dio ti accompagni!

Vai in pace, con la pace del cuore, anche se sei in mezzo alle traversie. Perché il Signore è buono, misericordioso e lento all’ira, e in Gesù Cristo fa grazia, una grazia sovrabbondante. A Lui sia la gloria! Amen


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