Speranza costruttiva

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Per il tempo liturgico degli “ultimi tempi”, abbiamo un brano dell’apostolo Paolo che è apocalittico, sia pure in modo più sobrio rispetto ad altri.

(Versione audio)

L’apocalittica ebraica di quel tempo, da cui deriva quella cristiana, era un genere letterario, un modo di annunciare che il futuro è nelle mani di Dio, che infine trionferà glorificando con sé anche chi crede, così da fortificare i credenti smarriti dinnanzi alla tristezza e agli orrori del mondo. Spesso c’erano immagini tenebrose, paurose, ma che riguardavano il presente o il prossimo futuro, che effettivamente era così, ma c’era una grande e assoluta luce e speranza per l’avvenire assicurato da Dio.

Paolo, dunque, il ragionatore che collega frase con frase in un susseguirsi logico serrato, il predicatore che è pieno di esempi concreti, il polemista tagliente, è anche apocalittico. Lo è perché appartiene e conosce la sua epoca, lo è perché fa parte del messaggio cristiano. Infatti, l’apocalittica era un messaggio di speranza per situazioni disperanti, ma anche in generale.

Infatti io ritengo che le sofferenze del tempo presente non siano paragonabili alla gloria che deve essere manifestata a nostro riguardo. Poiché la creazione aspetta con impazienza la manifestazione dei figli di Dio; perché la creazione è stata sottoposta alla vanità, non di sua propria volontà, ma a motivo di colui che ve l’ha sottoposta, nella speranza che anche la creazione stessa sarà liberata dalla schiavitù della corruzione per entrare nella gloriosa libertà dei figli di Dio.

Sappiamo infatti che fino ad ora tutta la creazione geme ed è in travaglio; non solo essa, ma anche noi, che abbiamo le primizie dello Spirito, gemiamo dentro di noi, aspettando l’adozione, la redenzione del nostro corpo. Poiché siamo stati salvati in speranza. Or la speranza di ciò che si vede non è speranza; difatti, quello che uno vede perché lo spererebbe ancora? Ma se speriamo ciò che non vediamo, lo aspettiamo con pazienza.

Romani 8:18-25

La nostra situazione sociale attuale è drammatica quanto quella dell’apostolo Paolo. A quel tempo non erano arrivate le persecuzioni sistematiche, che saranno motivo dell’Apocalisse di Giovanni, ma certo non c’erano prospettive di tranquillità per i primi cristiani. E non solo: c’era una situazione di crisi nell’Impero romano, un sentirsi in balia di tanti eventi e di essere infine soli ad affrontare il futuro. Tutti avevano un senso di insicurezza e di perplessità.

La nostra situazione attuale è drammatica, per noi, non tanto alle nostre latitudini come cristiani, ma per le vicine guerre, per problemi complessi che sembrano irrisolvibili, come il cambiamento climatico, e infine vediamo sfaldarsi anche le chiese stesse. Le tante notizie negative e le situazioni dolorose, come anche la superficialità corrente, ci rendono sofferenti, instabili, dubbiosi e ci fanno vedere come il mondo sia –come sempre d’altronde– infido, subdolo e ingiusto.

Potremo dire cattivo. Però non cattivo di per sè. Perché la Creazione tutta, di cui facciamo anche parte, era buona, ma viene abbandonata da Dio all’espandersi del peccato umano, cioè alle azioni umane distanti da Dio, trascinano tutta la creazione (anche quella non umana senza colpa) nella sofferenza e nella vanità, nel deperimento e annullamento.

Questa visione così netta è ancor più desolante di quanto possiamo immaginare. L’essere umano non è buono, ma intriso di egoismo e ribellione contro il Signore. Ed anche noi stessi, che pur riceviamo lo Spirito, non siamo perfetti e salvati solo in speranza.

Come se ne esce? Se ne uscirà solo quando il Signore Gesù Cristo ritornerà nella sua gloria. Allora sì, bontà e verità, giustizia e pace, saranno trionfanti in tutta la Creazione redenta e rinnovata.

primizie

Nel frattempo noi abbiamo però le primizie dello Spirito, quindi gemiamo, ma abbiamo speranza.

Infatti, Gesù Cristo in terra portava il Regno di Dio e lo Spirito fornisce scampoli del suo Regno e la fede nel ritorno di Gesù.

Cioè le sofferenze del tempo presente sono inevitabili, ma lo Spirito interviene sia per darci fede nella vita eterna e nel ritorno del Signore e Salvatore, sia con il suo intervento di illuminare la nostra esistenza con situazioni non perfette, ma episodi che grazie a Dio ci fortificano e illuminano. Può essere una guarigione, l’incontro con un amico, la soluzione di un problema, la nascita di un figlio…

Dunque con il dono della fede otteniamo speranza nel ritorno del Signore e con l’intervento dello Spirito in momenti particolari, siamo rafforzati in questa fede e quindi nella speranza cristiana.

pazienza

Tutto ciò ci dà pazienza.

La pazienza, dice un detto vero, è la virtù dei forti. Perché il forte può aspettare, non è impaziente. Anche noi possiamo aspettare il Regno che viene e vivere nell’oggi, perché conosciamo la verità del Regno di Dio arrivato in Gesù Cristo e che ritornerà nella sua gloria. Nonostante tutto quindi siamo forti, pur nella nostra debolezza di esseri umani.

Possiamo affrontare il futuro, dunque, con speranza sapendo che, anche se il Regno non lo instauriamo noi, già possiamo muoverci come suoi cittadini: costituendo la chiesa insieme, agendo nella società con responsabilità, intervenendo con amore del prossimo, specie quando è in difficoltà.

Dunque non vogliamo imporre una soluzione facile ai tanti problemi del mondo, come i falsi salvatori, ma possiamo agire cercando il giusto. Stando attenti ai mezzi e non solo ai fini, sapendo che con pazienza si costruisce e con pazienza arriveremo un giorno ad essere figli adottati di Dio.

Il messaggio apocalittico è quindi: non abbiate paura del presente, non lasciatevi vincere dall’ansia per il domani, non arrendetevi con rassegnazione mai, ma vivete questo giorno, questo anno, questo periodo con quella speranza costruttiva dei cristiani che hanno anche solo un piccola primizia dello Spirito. E ciò porterà un po’ di luce nelle tenebre del mondo. Amen


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