Noi siamo suoi

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Il capitolo 43 del libro del profeta Isaia giunge quasi inatteso. Certo viene dopo aver parlato del servo del Signore, in cui noi riconosciamo Gesù Cristo. Ma ha anche descritto l’infedeltà del popolo di Israele, il loro non ascoltare e seguire il Signore, e che per questo è esposto al saccheggio e alla sconfitta. Qui, però, invece di parole di definitivo ripudio e di abbandono da parte del Signore, ci sono parole di accoglienza incondizionata.

(Versione audio)

Ma ora così parla il SIGNORE, il tuo Creatore, o Giacobbe, colui che ti ha formato, o Israele: «Non temere, perché io ti ho riscattato, ti ho chiamato per nome; tu sei mio!

Quando dovrai attraversare le acque, io sarò con te; quando attraverserai i fiumi, essi non ti sommergeranno; quando camminerai nel fuoco non sarai bruciato e la fiamma non ti consumerà, perché io sono il SIGNORE, il tuo Dio, il Santo d’Israele, il tuo Salvatore; io ho dato l’Egitto come tuo riscatto, l’Etiopia e Seba al tuo posto.

Perché tu sei prezioso ai miei occhi, sei stimato e io ti amo, io do degli uomini al tuo posto e dei popoli in cambio della tua vita.

Non temere, perché io sono con te; io ricondurrò la tua discendenza da oriente e ti raccoglierò da occidente. Dirò al settentrione: “Da’!” e al mezzogiorno: “Non trattenere!” Fa’ venire i miei figli da lontano e le mie figlie dalle estremità della terra: tutti quelli cioè che portano il mio nome, che io ho creati per la mia gloria, che ho formati, che ho fatti.

Isaia 43:1-7
Dio con noi

Il popolo di Israele è in un periodo quanto mai fosco, incatenati, in esilio, distrutti come popolo e quindi in piena crisi come persone e famiglie. E tutti i profeti sottolineano che è per loro colpa. Proprio a questo punto però troviamo l’annuncio di salvezza che abbiamo letto, un annuncio del tutto rassicurante. È come se dicesse: “è vero che agendo in contrasto al Signore ti sei procurato questa situazione, ma nonostante tu ti sia allontanato dal Signore, tu sei sempre del Signore, che quindi non ti abbandona, anzi vi farà ritornare dall’esilio”. Come poi avverrà effettivamente.

Una prima domanda che ci possiamo porre è: “Queste parole si rivolgono al popolo di Israele nell’insieme, come soggetto plurale. Ma cosa significa per i singoli?” Infatti, alcuni singoli sono già stati “spazzati via”, ci si rivolge dunque qui ad un resto del popolo di Israele? E di questi, tutti ne fanno parte? Qual è la portata dunque di quest’annuncio di salvezza?

Certamente possiamo notare che c’è un riferimento anche ai singoli, in quanto non esiste un popolo come individuo, ma tanti ne fanno parte. Se rimanessimo a questo testo ci rimarrebbe però un dubbio.

Notate però come qui ci sia “io sarò con te“, che è come dire che sarà l’Emmanuele (come in altro passo di Isaia). Ecco allora che nella dimensione cristiana, con Gesù Cristo che è “Dio con noi” e insieme “Dio che salva”, la dimensione dell’annuncio si fa anche di salvezza personale e non solo generale. E ciò ci permette di vedere queste parole –di così sicura accoglienza– come rivolte a ognuno di noi.

Tu sei mio

Quando stai male o starai affrontando percorsi difficili dell’esistenza, quando non sai più che cosa pensare di te e della tua vita, quando le speranze del futuro terreno sono distrutte, quando magari sai che morirai di lì a poco, può succedere –non tanto di dubitare che il Signore sia il Signore dei cieli e della terra– ma di avere paura, timore che il Signore ti abbandoni nell’oscurità più profonda.

Allora, ma anche in ogni giorno della nostra esistenza, fa bene sentire attraverso il profeta la parola del Signore: “Non temere”, “sono con te”, “sei prezioso ai miei occhi”. Qualunque acqua tumultuosa attraversi, un’immagine della vita, sarai salvato, al sicuro.

È implicito –per lo meno nella lettura cristiana– che l’annuncio di salvezza comprenda quello di resurrezione e vita eterna. Dunque un annuncio di salvezza sia sulla terra sia per un’altra vita.

Questo è “di nuovo” l’annuncio della salvezza per grazia: non per mio merito sono salvo, anzi (Israele era in quella situazione per sua colpa), ma per esclusivo merito di Gesù Cristo vengono salvato oggi, nelle traversie terrene e un giorno anche dalla morte e dall’annullamento. Questa è la mia vera consolazione in vita e in morte.

non accoglienza

Eppure queste parole così rassicuranti, non vengono accolte sempre bene. Per due motivi.

Il primo motivo è che il “tu sei mio” va contro il concetto di autonomia così tipico del nostro mondo, del sono “salvo da me”, “ce la faccio anche senza nessuno che mi aiuti”. Come se la Scrittura non mostrasse che non siamo assolutamente liberi, ma siamo sempre sottoposti a qualche potenza o principato o ideologia oppure al contrario siamo di Dio nostro Signore, Creatore e Salvatore. “Tu sei mio” quindi a volte è sentito lesivo della propria libertà. Non si vogliono signori, anche se poi siamo sotto qualcuna delle tante signorie del mondo durante la nostra esistenza.

Non si capisce invece che “tu sei mio” non è l’affermazione di possesso di un mercante di schiavi, ma una dichiarazione personale di amore da parte del Signore dei cieli e della terra. Una dichiarazione sorprendente d’amore del nostro Salvatore, per la quale conserviamo tante libertà, come in una sana relazione amorosa.

Il secondo motivo per non accettare o travisare questo annuncio è più sottile. “Tu sei mio” si rivolge a ciascun credente, non solo singolarmente, ma anche comunque come parte di un popolo in cammino. Non è solo una questione individuale, ma di “tutti quelli che portano il mio nome”, dice il testo. Noi siamo chiesa in base a questa promessa, non in base alle nostre definizioni.

Questo implica che debbo “guardare”, cioè prendermi cura, al mio fratello e alla mia sorella in Cristo, che la mia vocazione è una vocazione che ricevo insieme a tutti gli altri. Pur nelle differenze e pluralità si vive insieme, comunitariamente, per la gloria di Dio.

Ci sono varie implicazioni. Si deve riflettere che siamo parte di un popolo e che siamo innestati nel popolo di Israele. Che veniamo chiamati a pregare per la chiesa perseguitata e oppressa in tutto il mondo. Che dobbiamo avere una visione non settaria, ma ecumenica, anzi guardare alla società e alla nazione e all’umanità per portare non solo l’evangelo ma anche azioni costruttive.

C’è poi l’appartenenza ad una chiesa. Anche se possiamo criticare giustamente le chiese cristiane del passato e del presente, non possiamo non farne parte. C’è chi al contrario vuole distanziarsi dagli errori del passato, non volendo far parte di alcuna chiesa o solo di un gruppo elitario, illudendosi così di poter essere senza peccato.

Ma, soprattutto, c’è un’implicazione più importante ancora: che dobbiamo adoperarsi non solo per noi stessi, ma anche per gli altri. E al giorno d’oggi questa idea, che io debba faticare anche per il benessere comune e per gli altri, è veramente entrata in crisi.

Ecco allora una propaganda di salvezze assolutamente individuale, di piccole chiese che vogliono essere avulse dalla società, di fanatici solitari. E di un’accoglienza solo parziale del grande annuncio di grazia del nostro Signore.

Eppure

Eppure questa è la salvezza, essa passa per una promessa del Signore verso tutto il suo popolo. E a questa promessa siamo chiamati a partecipare.

Ciò non significa che possa o debba essere perfetto nel fare comunità, ma che lo Spirito santo agisce nelle comunità, attraverso il contatto comunitario ascolto la sua voce, che attraverso le chiese –anche se un poco disastrate– e attraverso il confronto sulla Parola di tanti e non solo di alcuni, mi edifico come cristiano.

E quando sono in acque travagliate, il pensarmi da solo non aiuta mai, neanche con la grazia del Signore.

Ecco noi oggi siamo dispersi, non per l’esilio dei nemici, ma dispersi per le ideologie e mode del mondo che ci portano lontano dall’idea di essere un popolo. Invece il messaggio del Cristo, nostro Signore, viaggia, agisce nel mondo anche attraverso di noi, che possiamo annunciare gli uni agli altri e a tutti la sua grazia.

Possiamo così riscoprire che Dio conosce i suoi e che dei suoi siamo noi, insieme. E che il Signore non perde nessuno dei suoi. E questa è la mia forza in vita e in morte. Amen


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