Render conto della speranza

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La Prima lettera di Pietro appare scritta in un tempo in cui non c’era una persecuzione sistematica nei confronti dei cristiani, che verrà solo successivamente, ma in quel tempo sappiamo di aggressioni sporadiche da parte di chi non vedeva di buon occhio un altro culto che non si integrava con gli altri. Così l’apostolo scrive:

Chi vi farà del male, se siete zelanti nel bene? Se poi doveste soffrire per la giustizia, beati voi! Non vi sgomenti la paura che incutono e non vi agitate; ma glorificate il Cristo come Signore nei vostri cuori. Siate sempre pronti a rendere conto della speranza che è in voi a tutti quelli che vi chiedono spiegazioni. Ma fatelo con mansuetudine e rispetto, e avendo una buona coscienza; affinché quando sparlano di voi, rimangano svergognati quelli che calunniano la vostra buona condotta in Cristo. Infatti è meglio che soffriate per aver fatto il bene, se tale è la volontà di Dio, che per aver fatto il male.

I Pietro 3:13-17

(Versione audio)

perseguitati?

“Chi vi farà del male se fate il bene?” La domanda con cui inizia il passo è una domanda retorica, nel senso che la risposta dovrebbe essere ovvia: se non si fa del male si è al sicuro. Però i cristiani potevano essere presi di mira o anche accusati ingiustamente, proprio per il loro risultare differenti dagli altri.

Il “beati voi” che troviamo dopo si riferisce allora all’essere simili ai profeti che hanno obbedito più a Dio che agli esseri umani, e per questo sono stati perseguitati. Oppure, con significato complementare, che la beatitudine di Dio verrà in soccorso a chi gli è fedele.

glorificare

Tutto ciò è vero, ma ciò non cura l’ansia nella vita quotidiana, e l’apostolo invita a glorificare il Cristo come il Signore, come alternativa alla paura.

Glorificare il Cristo come Signore in ogni tempo e situazione, dunque, perché è un’azione a) per non dimenticare mai che il Signore è il Signore di ogni cosa e b) che anche nella notte più oscura che Egli è la fonte di ogni bene.

speranza

Il glorificare il Signore nei cuori, nel nostro profondo, porta ad avere una speranza che traspare da ciò che facciamo, che vedono anche gli altri. Da qui le domande di altri, magari espresse con uno stile che sembra voler disprezzare.

Ecco allora quel “rendere conto”, che in greco è espresso con il verbo da cui viene apologia. Una difesa, ma anche una spiegazione di quella speranza.

La speranza che è in voi, si veda quanto è bella questa espressione.

Intanto la speranza cristiana è differente da quelle umane. Infatti questa è la speranza al singolare. Le speranze umane sono varie (basate su qualcosa che abbiamo e) sulle possibilità di fare, di vivere, per la salute o capacità o ricchezza o tempo che abbiamo. Infatti, quando la salute vien meno, quando l’età avanza, si dice che “non c’è più speranza”.

La speranza cristiana è valida, invece, in ogni momento, infatti non si basa su una nostra forza o caratteristica, ed è sempre la stessa: che abbiamo un Salvatore eterno: Gesù Cristo nostro Signore, che ci dona salvezza per sola sua grazia. Tutto il resto ne discende.

Non ci saranno altri signori o potenze o fatalità che ci possano strappare da questo Signore. Ma al contrario infine, pur nella tribolazione dell’esistenza, ci darà salvezza e vita nuova.

speranza che è in noi

Questa speranza è in noi, come scrive l’apostolo, nel senso che non è qualcosa di nostro. Questa speranza infatti ce la mette nel cuore Dio. Non è questione della nostra dottrina, né della nostra volontà, ma Dio stesso ce la dona per affrontare la nostra vita.

In che modo? Alle volte lo fa anche –come molti salmi testimoniano– salvandoci da una situazione disperata e facendoci sentire la sua mano benigna, con la quale sappiamo che Egli sarà per sempre il nostro Signore. Altre volte non sappiamo spiegare come abbiamo la fede che ci tiene in vita, perché anche la fede stessa è dono di Dio, magari fin da piccoli, magari nascosta fra le pieghe del nostro ragionare.

Ma non ci è chiesto di dar conto della fede, bensì della speranza cristiana. Non dogmi, né spiegazioni del funzionamento del mondo, ma la speranza che appartengo a Gesù Cristo e niente e nessuno mi potrà separare dal suo amore.

Alle volte abbiamo bisogno che qualcuno ce la rammenti di nuovo, che risvegli nel nostro cuore questa speranza. E per chi non ce l’ha e in qualche modo ce ne chiede c’è da spiegarla con semplicità e in parole nostre.

annunciatori a richiesta

Ora noi come cristiani siamo annunciatori di questa speranza. Questo è il compito che riceviamo insieme alla speranza stessa. L’apologetica cristiana di questo dovrebbe parlare.

Qui ci dice due cose importanti l’apostolo. Primo di rispondere a chi ce lo chiede. In fondo chi non lo chiede non è interessato, forse prevenuto.

“Nessuno lo chiede in realtà”, dicono alcuni. Beh, se uno glorifica il Cristo come Signore nel suo cuore, magari nella difficoltà, chi vede che non solo resiste e non si lascia andare, come farebbero gli eroi antichi, ma ha invece una pace, una speranza di fondo. Allora viene la domanda come mai? Non è fare propaganda, quanto questione di testimonianza.

Ad esempio, quando i vostri nipoti o parenti o amici o conoscenti vi chiederanno come state. Dite certamente loro la verità, non fate mistero dei problemi e magari della fine di alcune speranze umane, infatti come cristiani vediamo la realtà, non rifuggiamo dalla verità, anzi. Ma aggiungete che avete una salda speranza e, se ve lo chiedono, rendete conto di questa.

con rispetto

Il secondo aspetto che ci dice l’apostolo è di comunicare “con mansuetudine e rispetto”. Si potrebbe tradurre con umiltà o anche con dolcezza e rispetto. Ed aggiunge poi avendo la coscienza pulita, sia perché in caso contrario si reagisce in malo modo, sia perché è anche questione di dare una buona testimonianza con i fatti.

C’è molta saggezza cristiana in queste parole. Alcuni cristiani al giorno d’oggi, in rete ad esempio, si esprimono senza rispetto per gli altri e a volte senza comprensione per le difficoltà del prossimo, pronti ad accusare e non a mostrare la speranza. E alle volte senza fatti, che è forse più grave.

Molti però magari non si esprimono. C’è timidezza, educazione sì e mansuetudine, ma abbiamo un annuncio di una salvezza e di una speranza che non muore mai. Allora pensiamo che possiamo fare un dono a chi incontriamo e ci chiede aiuto o anche solo ha una certa curiosità.

È un dono il fargli capire che abbiamo un Signore che si prende cura di noi come un buon pastore, come un padre amorevole o come un fratello maggiore, come amico supremo, come chi è morto e risorto per noi.

E che questo Signore, per tutti e per ciascuno, in ogni tempo e in ogni età è e sarà sempre: Gesù il Cristo. Amen


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