Possiamo annunciare perché parte della società

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Nell’anno della morte del re Uzzia vidi il Signore seduto sopra un trono alto, molto elevato, e i lembi del suo mantello riempivano il tempio. Sopra di lui stavano dei serafini, ognuno dei quali aveva sei ali; con due si copriva la faccia, con due si copriva i piedi e con due volava. L’uno gridava all’altro e diceva: «Santo, santo, santo è il SIGNORE degli eserciti! Tutta la terra è piena della sua gloria!» Le porte furono scosse fin dalle loro fondamenta dalla voce di loro che gridavano, e la casa fu piena di fumo.

Allora io dissi: «Guai a me, sono perduto! Perché io sono un uomo dalle labbra impure e abito in mezzo a un popolo dalle labbra impure; e i miei occhi hanno visto il Re, il SIGNORE degli eserciti!» Ma uno dei serafini volò verso di me, tenendo in mano un carbone ardente, tolto con le molle dall’altare. Mi toccò con esso la bocca e disse: «Ecco, questo ti ha toccato le labbra, la tua iniquità è tolta e il tuo peccato è espiato».

Poi udii la voce del Signore che diceva: «Chi manderò? E chi andrà per noi?» Allora io risposi: «Eccomi, manda me!» Ed egli disse: «Va’, e di’ a questo popolo: “Ascoltate, sì, ma senza capire; guardate, sì, ma senza discernere!”

Isaia 6:1-9

(Versione audio)

Re santo

Sono perduto! In tutto l’Antico Testamento l’essere umano non può stare al cospetto del Signore senza morire o almeno rischiare la morte. La dimensione di Dio, come Re assoluto, con la sua santità, purezza, bellezza, giustizia, sono troppo forti per un mortale.

Anche i serafini, “coloro che ardono” tradotto letteralmente, hanno le ali sul viso, non possono vedere il Signore Dio, ma possono ascoltare ciò che ordina loro. Essi poi gridano per tre volte santo. Dunque dato che in ebraico si raddoppiava il termine per fare un superlativo, qui poiché è ripetuto tre volte abbiamo un super-superlativo. Santo si riferisce dunque proprio alla maestà di Dio, un termine che ha sia il valore di luminoso, sia quello di separato, cioè che deve essere separato dai mortali che perirebbero.

C’è quindi tutta la simbologia regale legata al trono, ma Egli è ben al di sopra di ogni re e di ogni essere umano. E questo sua separazione (non come per i re terreni posa o per protezione) ma parla di una maestà morale, di una santità assoluta.

Ecco perché il profeta grida di essere perduto. (Il giudizio finale è temuto perché significa essere al cospetto diretto di Dio). Ed sarebbe perduto in particolare perché abita in mezzo ad un popolo corrotto, impuro, lontano dalla perfezione di Dio. In effetti non ci si può separare dalla società umana (anche se ovviamente c’è differenza fra le azioni degli esseri umani), anche se alcuni cristiani pensano di farlo, diviene solo moralismo, un ritagliarsi delle scuse puerili.

Però, questo grandissimo re, non si separa dal suo popolo, per cui fa purificare le labbra di Isaia per far in modo che porti il suo messaggio a quel popolo. Allora ci sarà un intervento speciale per fare in modo che Isaia sopravviva e possa annunciare la Parola di Dio.

Se ci fermassimo qui, senza conoscere Gesù Cristo, non potremmo che rimanere in questo stato oltremodo timoroso di Dio e di qualunque cosa sia divina. E solo alcuni speciali emissari del Signore sarebbero autorizzati ad andare nel mondo ad annunciare l’evangelo.

Figlio

Con Gesù Cristo, invece, chiamando Padre, il Signore, vedendo come il Cristo è anche Egli Dio, ma un Dio che ci ha chiamati amici…noi possiamo avvicinarci senza timore, salvati dalla sua croce, al trono dell’Altissimo, come in questo testo è anche rappresentato, avendo ricevuto la grazia purificante come quella rappresentata dal tizzone ardente…

Due cose quindi non dobbiamo dimenticare: 1) l’ubbidienza profonda al Signore dei cieli e della terra, all’assoluto Signore e 2) nello stesso tempo la familiarità che vi abbiamo grazie a Gesù Cristo, nostro Salvatore e Redentore.

Alcuni cristiani dimenticano a volte l’una o a volte l’altra. Ci sono persone che hanno paura di tutto ciò che chiamano “sacro”, che delegano quindi ad altri la relazione col Signore. Ci sono altri che abbassano al rango di un loro amico, socio, il Signore senza rispetto e sentendosi autorizzati a qualunque cosa. Nel primo caso e nell’altro in fondo non predono sul serio il rapporto personale che il nostro Signore vuole avere con noi. Deve essere un rapporto personale non per interposta persona, ma non può essere sullo stesso piano.

Spirito

IL profeta ascolta la voce del Signore che lo vuole incaricare e viene poi purificato per questo compito. Noi siamo raggiunti dalla voce del Signore attraverso il suo Spirito. Ed è sempre lui che, una volta ci abbia donato grazia in Gesù Cristo, ci fa dire “manda me”, e ci invia in questo mondo…

Dunque non un “santo” nel senso usuale oggi, ma un peccatore redento è libero di parlare nel Nome del Signore. (Notate che sempre la Parola che si annuncia deve essere non la nostra, ma quella del Signore). E noi non siamo esempi da seguire, anzi la vera forza dell’annuncio cristiano sta nel fatto che lo Spirito ci ha mostrato quanto abbiamo bisogno del suo perdono e riscatto e sostegno. Proprio così possiamo con umiltà e con verità annunciare Gesù Cristo.

il messaggio

Cosa andrà a dire Isaia? Già si capisce da due espressioni: “il popolo dalle labbra impure” e “ascoltate senza capire” che questa vocazione è quella di un profeta di giudizio. Infatti subito dopo la Parola che Isaia porta è di distruzione per conto del Signore dai nemici di Israele. Certo infine si intravede anche la salvezza e la consolazione del Signore, ma per ora è una parola dura.

Ciò vale per Isaia, è relativo al suo tempo, e la speranza sarà verso la fine del libro, ma ciò ci fa riflettere. Il profeta non è solo quello che dà coraggio e dice che tutto va bene a tutti. Anzi, quelli di solito sono falsi profeti. Il profeta porta il giudizio e insieme la grazia di Dio.

La cosa particolare è che i contemporanei di Isaia sentono la Parola, sentono anche quella proprio di Isaia, ma non la capiscono e non cercano neanche di cambiare un po’ rotta. Rimangono senza discernimento.

Sarebbe facile applicare questo senza discernimento ai giorni nostri, pieni di false notizie, di superficialità e di decisioni prese per sentito dire. Ma stiamo attenti, anche noi facciamo parte di questa società dalle labbra impure, come per altro il profeta. È proprio riconoscerlo che fa in modo che ascoltiamo e capiamo e ci interroghiamo su ciò che pensiamo e diciamo. E per questo avendo ricevuto grazia possiamo anche parlare, non come docenti di moralismo, ma come peccatori riconciliati con Dio.

La Trinità ci parla dunque sia della maestà e sia della vicinanza di Dio e del suo relazionarsi. E ci parla (proprio con lo Spirito santo) della possibilità di comunione degli esseri umani e dell’annuncio evangelico che crea questa comunione. Con il quale riconosciamo di essere insieme con l’umanità come bisognosi non solo dell’aiuto, ma anche della grazia di Dio.

Nella società delle contrapposizioni, delle divisioni, dell’apparire superiori agli altri, abbiamo dunque grazie a Dio, una visione di poter vivere autenticamente insieme al nostro prossimo e serenamente. Un’altro dei doni del nostro Signore, cui rendiamo lode. Amen 


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