In quel tempo Gesù prese a dire: «Io ti rendo lode, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e agli intelligenti, e le hai rivelate ai piccoli. Sì, Padre, perché così ti è piaciuto. Ogni cosa mi è stata data in mano dal Padre mio; e nessuno conosce il Figlio, se non il Padre; e nessuno conosce il Padre, se non il Figlio, e colui al quale il Figlio voglia rivelarlo.
Venite a me, voi tutti che siete affaticati e oppressi, e io vi darò riposo. Prendete su di voi il mio giogo e imparate da me, perché io sono mansueto e umile di cuore; e voi troverete riposo per le anime vostre; poiché il mio giogo è dolce e il mio carico è leggero».
Matteo 11:25-30
Sapienza – semplicità
Un anziano di chiesa, che era analfabeta, amava ripetermi che aveva visto che più le persone erano istruite più si allontanavano da Dio.
Era esagerato, è chiaro, ci sono ad esempio molti scienziati moderni che hanno fede in Gesù Cristo, ma spesso ho sperimentato che coloro che si vantano della loro istruzione, spesso disprezzano la fede: come qualcosa di inopportuno, come qualcosa dei semplici e non dei dotti, come loro si ritengono. Considerano spesso la fede un retaggio del passato, e non di attualità.
Quando si parla di diminuzione del numero dei membri delle chiese europee, penso che in parte, ma solo in parte, questa dipenda proprio dall’atteggiamento di sentirsi al di sopra della fede, perché non sarebbe moderno.
Alcuni pastori, per reagire a questa sfida sulla sapienza, cercano di porsi sullo stesso piano, portando ad una intellettualizzazione della fede, che allontana molte persone e probabilmente non ne avvicina nessuna.
Il pensare subito al confronto con l’ateismo odierno, è legittimo, ma anacronistico. per l’epoca del testo. Infatti, se anche oggi pensiamo subito alla sapienza odierna, di un ateismo che vuole squalificare la fede, a quel tempo la sapienza era quella teologica di scribi e farisei, di capi sacerdoti, che però non riconoscevano come Signore e Salvatore Gesù Cristo.
Superbia – umiltà
Il problema, infatti, non è della sapienza in sé.
Infatti, questo passo sembra essere costituito da due parti differenti, ma che hanno un legame profondo: quei piccoli, infatti, sono anche gli affaticati ed oppressi.
Non sono solo persone semplici, ma invece coloro che si riconoscono piccoli nei confronti del Signore.
Il sapiente in qualche modo indurisce il suo cuore, pensa che si possa arrivare a comprendere tutto, ma anche che abbia forza per superare quasi tutto. Ci sono persone, ad esempio, che dicono che “non hanno bisogno della fede”, come se la fede fosse una scorciatoia falsa nella vita difficile, come se fosse una sorta di vigliaccheria. Ma non è così, tutti noi abbiamo bisogno di conoscere il nostro Creatore e il senso della nostra vita, mentre alcuni si illudono di poter vivere senza Dio.
C’è una superbia nel pensare che l’intelletto umano sia in grado di comprendere prima o poi ogni cosa, e una superbia personale nel pensare che con forza e determinazione si possa vincere ogni cosa.
E questo causa ancor più frustrazione ed è segno dell’inadeguatezza del vivere moderno.
Coloro che invece sono affaticati ed oppressi, come li indica Gesù, si trovano a riconoscere invece che hanno estremo bisogno dell’aiuto di Dio e ne cantano le lodi, quando scoprono che sono deboli, ma insieme amati dal nostro Salvatore.
La fede in effetti di cui qui si parla, non è una generica fede in un qualche Dio, ma è fede solo in Gesù Cristo.
Egli, infatti, conosce ogni cosa, perché datagli dal Padre. Egli la rivela e, come è scritto, non si può andare al Padre se non per mezzo di Gesù. Qui -se vogliamo- è proprio la demarcazione fra credenti e sapienti, pronti a qualche teoria astrusa, ma non al semplice annuncio dell’evangelo: Gesù è il Signore.
Infatti, non è che noi cristiani conosciamo la risposta ad ogni mistero, ma Gesù Cristo ci ha rivelato l’essenziale la grazia e l’amore di Dio, e questo è quanto ci basta o ci dovrebbe bastare per vivere.
Carico leggero
La parte del testo del giogo, la capiamo sapendo che i sapienti, gli scribi e i farisei nel tempo di Gesù, mettevano dei pesi sulle spalle dei poveri e dei semplici, come viene detto altrove, era una visione autosufficiente nell’adempiere la Legge di Mosè, ed era divenuta religione dei rituali e delle mille clausole. Oltre che dalle difficoltà della vita, i semplici erano dunque affaticati e oppressi anche da questi pesi di non essere all’altezza di ciò che chiedeva il Signore.
Gesù non è che avesse una visione meno rigorosa della volontà di Dio, ma annunciava la grazia, il perdono dell’imperfezione umana. Era così rigettato da chi si reputava perfetto e accolto dagli affaticati.
Oggi
Oggi non sono più tanto i religiosi che mettono pesi, che pongono il giogo sui piccoli e i semplici, molti sono i sapienti, i politici, gli industriali, gli economisti, gli ingegneri della tecnologia… sono loro che nel nostro tempo mettono dei pesi sulle spalle, ci fanno vivere affaticati ed oppressi, più di quello che farebbe la vita stessa.
Il mondo, infatti, corre sempre di più. I turni delle fabbriche e degli operai, come anche quello degli impiegati sono sempre più veloci. La burocrazia ci aggiunge tutte le sue complicazioni, in modo che una persona anziana non possa più cavarsela da sola. Così come la tecnologia, che ci costringe ad imparare il funzionamento sempre nuovi apparati, sempre più complessi, ma spesso difettosi fin dalla progettazione.
Il nostro vivere è affaticato dalla bramosia di intelligenti che studiano sempre nuovi modi per arricchire spesso chi è già ricco, per via di sapienti che inventano come rendere complesso il semplice, o di chi ha elaborato come vivere in modo che sembri necessario avere sempre più cose, pur avendo sempre meno tempo per usarle.
Contro questo carico che imprigiona, che lega il giogo sulle spalle degli umili per farne carne da macello o buoi da uccidere per produrre, si leva la parola dolce e insieme forte di Gesù che annuncia riposo.
Non è questo un non far niente, ma un lavorare, vivere a misura umana, con la serenità del vivere non complicato…
- Affidiamoci a Gesù, colui che rende leggera la vita. Dico leggera, non alla leggera, ma perché anche di fronte alla morte sappiamo di avere un Salvatore.
- Riceviamo la grazia di Dio nelle nostre giornate, qualcosa che non si compra ma vale più dell’oro, perché dà coraggio
- Guardiamo al mondo e alla vita con occhi disincantati, certo, ma pieni di meraviglia per la gloria di Dio.
- E, dato che abbiamo un mondo sempre più ricco di cose e sempre più povero di gioia, ritroviamo invece la gioia di vivere, fosse anche il nostro ultimo giorno.
Perché conosciamo i nostri limiti e difetti, la nostra debolezza e fatica, ma sappiamo che Gesù Cristo ci aiuterà a portare i pesi e ci accoglierà con la sua pace. Amen