Siamo alla domenica fra l’Ascensione e la Pentecoste. Cosa ci raccontano gli Atti degli apostoli per la prima chiesa cristiana di questo periodo? Ci viene riportato che Pietro di fronte a circa 120 discepole e discepoli lì riuniti, propone che dopo la morte di Giuda Iscariota, si proceda ad integrare l’ufficio dei dodici.
Luca, l’autore degli Atti, così riassume la conclusione del discorso di Pietro:
Bisogna dunque che tra gli uomini che sono stati in nostra compagnia tutto il tempo che il Signore Gesù visse con noi, a cominciare dal battesimo di Giovanni fino al giorno che egli, tolto da noi, è stato elevato in cielo, uno diventi testimone con noi della sua risurrezione.
Come vedete l’apostolo Pietro sente il bisogno di dare una continuità al gruppo dei dodici, e come criterio indica l’aver conosciuto di persona Gesù a partire dall’inizio della sua attività pubblica fino alla sua resurrezione e Ascensione. L’idea è dunque che deve essere un testimone oculare, perché così potrà essere uno dei testimoni del Risorto.
Il racconto prosegue dicendo:
Essi ne presentarono due: Giuseppe, detto Barsabba, che era soprannominato Giusto, e Mattia. Poi in preghiera dissero: «Tu, Signore, che conosci i cuori di tutti, mostra quale di questi due hai scelto per prendere, in questo ministero e apostolato, il posto che Giuda ha abbandonato per andarsene al suo luogo». Tirarono quindi a sorte e la sorte cadde su Mattia, che fu aggiunto agli undici apostoli.
Atti 1:21-26
Nonostante sia a prima vista qualcosa di ovvio, questo passo ha però avuto varie valutazioni e interpretazioni. Infatti, qui sappiamo che non è ancora stato donato alla chiesa lo Spirito santo, cosa che avverrà a Pentecoste.
Certo pregano il Signore, lo invitano a scegliere lui, e pensano che tirare a sorte sia un buon modo per ottenere una risposta da Dio. Ma chi realmente lo assicura?
Inoltre, che ci servano testimoni oculari per annunciare il Risorto è giusto, ma perché questa testimonianza dovrebbe essere ristretta al gruppo dei dodici. E Gesù avrebbe voluto che si integrasse e perpetuasse questo gruppo?
Si noti, infatti, che nel seguito del libro degli Atti, il gruppo dei dodici scompare abbastanza presto, a parte Pietro, Giacomo e Giovanni, mentre grande evangelizzazione farà il gruppo dei sette diaconi ellenisti, pieni di Spirito, e poi si avrà l’apostolo Paolo, chiamato direttamente dal Signore, che in qualche modo sembrerebbe essere una specie di dodicesimo apostolo nel racconto di Luca.
Non possiamo risolvere queste domande, ma ci fanno riflettere sulla possibilità di una chiesa senza Spirito.
Nel momento dell’assenza dello Spirito la chiesa si istituzionalizza? Certo serve sempre avere una qualche organizzazione, ma quella preghiera e il tirare a sorte, sono da una parte un modo di chiedere a Dio di intervenire, d’altra una maniera di dare autorevolezza in proprio alla scelta fatta?
Non basta però aver avuto incarico dalla chiesa, non basta conoscere tutto della vita e del messaggio di Gesù, non basta neanche aver visto la resurrezione, infatti, solo la Pentecoste con il dono dello Spirito santo costituirà la Chiesa con l’autentica capacità di testimoniare al vero il Cristo.
La Chiesa è dunque sempre in tensione, da una parte come istituzione nel mondo ha sempre bisogno di una certa organizzazione e di ordine e di avere una direzione, dall’altra è imprescindibile il dono dello Spirito santo, con la libertà dei doni che trasmette e con un’apertura al futuro che è sempre nelle mani di Dio.
Alle volte si ha timore di dove lo Spirito porti la Chiesa, paura delle conseguenze nel mondo e di perdere privilegi o accettazione… infatti l’apostolo Paolo scriveva alla chiesa di Tessalonica:
Non spegnete lo Spirito.
I Tessalonicesi 5:19
Preghiamo allora il Signore che doni alle chiese lo Spirito santo e non ne abbiano timore, ma annuncino invece veramente l’evangelo di Gesù Cristo, che libera e dà speranza, perché nel mondo ce n’è veramente bisogno. Amen