Padre nostro che sei nei cieli

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La preghiera del Padre Nostro non è un testo isolato, liturgico, ma si trova nella Bibbia: più precisamente nel vangelo di Matteo e, in una versione differente, in quello di Luca.

Seguirò in questi video la versione più usata, che è quella di Matteo, nella traduzione della Nuova Riveduta.

Per capire meglio che tipo di preghiera sia il Padre Nostro è utile sapere che nel vangelo di Luca è introdotta dicendo che Gesù la diede in risposta alla richiesta di uno dei discepoli:«Signore, insegnaci a pregare» (Luca 11:1)

E là dove si trova in Luca come in Matteo, Gesù sta spiegando come pregare ai suoi discepoli, anche con parabole sull’importanza della preghiera.

E dà il Padre Nostro dopo aver detto di chiudersi nella propria cameretta (Ma tu, quando preghi, entra nella tua cameretta e, chiusa la porta, rivolgi la preghiera al Padre tuo che è nel segreto), perché la preghiera non sia qualcosa per vantarsi, per farsi vedere dagli altri, ma qualcosa di realmente personale, per le proprie necessità, ordinata o suggerita da Gesù, anche se il Padre sa ciò di cui abbiamo bisogno.

Quindi abbiamo un esempio di preghiera privata, che poi anche se è usata nel culto, non le toglie il carattere personale. E questo esempio ci occorre per imparare al pregare il Signore, per sperimentare il dialogo con Lui.

Voi dunque pregate così: Padre nostro che sei nei cieli…

Padre Gesù Cristo ci ha insegnato (e permesso) di chiamare Dio, Padre. E da tutto ciò che sappiamo dalla Scrittura, un padre realmente amorevole e misericordioso. Padre perché siamo figli di Dio, e dunque anche fratelli e sorelle fra di noi e con il Cristo.

Nostro Nostro dunque in questo senso di stessa famiglia, di un unico Padre. La preghiera cristiana è sempre comunitaria, anche quando siamo soli, infatti, preghiamo come sorelle e fratelli, come parte della Chiesa di Cristo e non possiamo pregare allora in modo egoistico, per qualcosa che sia per noi e contro altri. Anzi, vista la visione universalistica dell’evangelo, noi con il nostro preghiamo in contatto con tutta l’umanità.

Anche nella preghiera privata, allora, siamo in comunione con il Signore e con tutti gli altri e mai realmente soli. E già da questo inizio capiamo che il nostro benessere non solo è legato al Signore, ma anche alla società umana di cui facciamo parte. (E in questi tempi vi riflettiamo ancor di più).

L’espressione “che sei nei cieli” è usuale al tempo di Gesù per parlare di Dio senza pronunciarne il nome per rispetto, e vuole ribadire di quale Padre, di quale Signore stiamo parlando. Significa certo che non lo possiamo osservare con i nostri occhi e sensi fisici, ma anche che sappiamo che Egli ci ascolta e ci risponda con gli accadimenti della nostra vita.

sia santificato il tuo nome
Parlando del suo nome, si sta parlando di Dio stesso. Ora, due sono le possibilità di traduzione: che egli sia onorato come santo, cioè in maniera adeguata alla sua natura, oppure che egli stesso santifichi il suo nome in mezzo all’umanità.

Due aspetti della stessa realtà. Da una parte siamo noi a cercare di comportarci per onorare il Signore nella sua santità: dunque cercando di vivere con giustizia, misericordia e amore. D’altra chiediamo al Signore di intervenire in modo che sia noi, sia gli altri, non solo a parole, ma nella vita, lo riusciamo a onorare come Dio.

Infine, il risultato che chiediamo è che tutti con reverenza lo riconoscano come Dio, onorino il suo nome, cioè onorino Dio, e vivano quindi di conseguenza. Ciò è sostanziale a favore della nostra vita e di quella della società, ogni giorno.

Se tutti onorassero il Signore realmente il nostro mondo sarebbe già come un paradiso. E gli chiediamo di poterci perlomeno incamminare su quella strada.


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