Dio ti benedica!

Il periodo della fine e dell’inizio dell’anno è un tempo che fa pensare al futuro anno che arriva, e dunque un tempo di auguri, un tempo cristianamente di dare una benedizione, di dire: “il Signore ti benedica per l’anno che viene”.

Una benedizione solenne, spesso usata alla conclusione del culto, la troviamo nel libro dei Numeri dove è scritto:

Numeri 6:22-27 Il SIGNORE disse ancora a Mosè:
«Parla ad Aaronne e ai suoi figli e di’ loro: “Voi benedirete così i figli d’Israele; direte loro:
«Il SIGNORE ti benedica e ti protegga!
Il SIGNORE faccia risplendere il suo volto su di te e ti sia propizio!
Il SIGNORE rivolga verso di te il suo volto e ti dia la pace!»”
Così metteranno il mio nome sui figli d’Israele e io li benedirò».

La benedizione
Il senso della benedizione del credente verso il prossimo, è basato sul credere in Dio come il Signore di sempre, dell’oggi e anche del domani, del passato e dell’anno che viene, il Signore di tutta la nostra vita, che anche si interessa della vita degli esseri umani.

Il benedire è di solito differente rispetto a fare gli auguri. Augurio, parola che ha un’origine pagana, come auspicio significa: “speriamo che vada bene”, ed anche dire “che Dio te la mandi buona” è un augurio simile, mentre il senso della benedizione è, magari sottilmente, diverso: “ti affido a Dio”, “chiedo a Dio di prendersi cura di te per l’anno che viene”.

Quel mettere il nome del Signore sui figli di Israele, che troviamo nel testo, vuol dire infatti un po’ questo: far divenire di Dio i figli di Israele e quindi affidare a Dio, mettere nelle mani di Dio, coloro che si benedicono.

Il Nome
Mettere il Nome è anche comunicare il Nome del Signore. Non c’è solo l’aspetto proprio di benedizione, ma c’è anche l’altro aspetto: di far conoscere Dio. “Conoscersi per nome” è già espressione di familiarità. Come il Signore conosce il nostro nome, ci conosce per nome, non siamo folla indistinta ai suoi occhi, così anche noi conosciamo il Nome del Signore e lo comunichiamo agli altri al momento della benedizione.

È senz’altro interessante infatti che il Signore comunichi ad un certo punto nell’Antico Testamento il suo Nome, personale1. Poi con il tempo gli ebrei non pronunciarono più quel Nome e se ne perse la dizione esatta, ma questo non è importante, non è magia sapere il Nome di Dio, è sapere infatti che Dio non è una forza astratta, una parte di noi o un pezzo di Natura, ma è una persona, con il suo Nome.

La benedizione allora, mettendo il Nome del Signore, affidando qualcuno al Signore vuole anche indicare che parte della benedizione è la conoscenza personale del Dio Salvatore.

Pace
Nella benedizione detta di Aronne, ci sono ovviamente le espressioni di benedire e di proteggere, come anche quella dell’essere propizio. Si potrebbe dire che questi sono sinonimi di benedire: c’è la protezione dalle disgrazie, come anche dagli errori, e c’è il realizzare i propri propositi, il tutto sotto lo sguardo benigno di Dio.
Qualificante è che la benedizione si concluda con “ti dia la pace”.
La pace è infatti la più grande benedizione che si possa fare.
Non è qui da intendere con pace con il Signore, questa diciamo è data per scontata, ma pace per la persona su questa terra. C’è una pace esteriore ed anche una pace interiore e entrambe sono fondamentali per la nostra vita.

Non è stato un anno di pace questo nel mondo, come in realtà tutti gli anni che ci sono stati nel passato. Questo non va dimenticato, con alti e bassi il problema della guerra è sempre in primo piano.
C’è da dire che un tempo, come per l’antico Israele, ma fino a pochi decenni fa, si dava per scontata che ci fosse una guerra prima o poi. In Europa però negli ultimi anni sembrava diventata anacronistica. Perché non ci sono altri modi per risolvere complessi problemi?
Eppure la guerra in Ucraina, ancora dentro il continente europeo, più che attentati, ci hanno riportato alla possibilità di vedere ancora eserciti in azione. Follia del genere umano, ma ancora opzione per troppi e quindi tutti vi possono essere trascinati dentro.

Gli anni che viviamo poi, non sono neanche anni di pace interiore, di solito.
La pace interiore infatti non solo si perde per essere turbati e preoccupati da ciò che avviene, da una malattia, da una perdita di un caro, ma è anche più semplicemente pace infranta dalla smania di voler vivere in maniera “moderna”, diciamo così, sempre alla ricerca di qualcosa di nuovo, sempre nell’attesa di una nuova opportunità, e protesi verso il futuro, per essere pronti per vivere il futuro, non vivendo il presente, non sapendo apprezzare ciò che di meraviglioso abbiamo o possiamo fare.

Eccoli i nostri contemporanei e noi stessi sempre di corsa, ma spesso siamo così indaffarati e quindi senza pace interiore, anche per una certa mancanza di speranza nel Signore. Ed è questa speranza che gli uni con gli altri cerchiamo anche di comunicarci benedicendoci nel Nome del Signore.

Sacerdoti
Vediamo infatti che i figli d’Aronne, intendendo i suoi discendenti, saranno sacerdoti che sono incaricati del culto in mezzo al popolo di Israele, affaccendato in tante attività molteplici, e quindi delle benedizioni.

Al tempo della Riforma, con la scoperta del sacerdozio universale, dell’essere in Cristo tutti fedeli e sacerdoti insieme, noi cristiani siamo come gli antichi sacerdoti che si prendono cura degli altri (ecco perché faccio fra l’altro una benedizione finale con il noi).
Siamo chiamati ad essere allora coloro che benedicono e che mettono il Nome del Signore su gli altri a vicenda, ma anche quando siamo dinnanzi a persone che non sono credenti, o sono credenti disorientati da ciò che succede o insicuri, siamo chiamati a benedire con tutto il cuore l’altro.
Dunque a noi stessi prima di tutto, ma anche agli altri, diamo la benedizione, affidiamo con sincerità il nostro prossimo all’amore di Dio, perché abbia pace. Anche perché se anche per il nostro prossimo sinceramente vogliamo che abbia pace, stiamo iniziando un vero cammino di pace e di riconciliazione.

Certo non siamo più abituati a dire: “Dio ti benedica”, ma iniziamo a farlo, magari in occasioni speciali, magari interiormente, già questo è qualcosa di positivo, perché benedire gli altri fa parte del nostro essere chiamati da Dio. E dunque: che Dio vi benedica. Amen

  1. Esodo 3:14

Pubblicato

in

da

Tag: