Si dice che a Natale siamo o dovremmo essere tutti più buoni. Sembra un ritornello alle volte un po’ vuoto, da bambini, da film di Natale di una volta.
Bontà sembra una parola vetusta, superata, qualcosa che veniva praticata in un mondo come quello dell’Ottocento in cui le differenze fra ricchi e poveri erano abissali e si vedevano abitare nella stessa strada e un gesto già faceva la differenza.
Oggi bontà è divenuta parola un po’ vilipesa con “buonismo”, trasformazione della parola che indica chi è buono ma non vede o non vedrebbe la complessità del reale, in cui invece vanno ribaditi a gran voce, a volte in maniera maleducata, i propri veri o presunti diritti.
Eppure questo termine: bontà, appare nel Nuovo Testamento legato proprio alla manifestazione di Dio in terra, che inizia con il Natale.
Tito 3:4-7 Ma quando la bontà di Dio, nostro Salvatore, e il suo amore per gli uomini sono stati manifestati, egli ci ha salvati non per opere giuste da noi compiute, ma per la sua misericordia, mediante il bagno della rigenerazione e del rinnovamento dello Spirito Santo, che egli ha sparso abbondantemente su di noi per mezzo di Cristo Gesù, nostro Salvatore, affinché, giustificati dalla sua grazia, diventassimo, in speranza, eredi della vita eterna.
Con la venuta di Gesù Cristo nel mondo, dunque, cioè con tutto ciò che il Natale significa, si è manifestata, è stata svelata, resa evidente, la bontà e l’amore di Dio per l’umanità.
Bontà e amore perché Natale è l’inizio della storia della nostra salvezza.
Il solo sapere che Gesù nasce, che Dio stesso viene in terra, è garanzia che la salvezza effettiva è arrivata nel mondo.
Sapere poi che Gesù è nato in una situazione precaria, relativamente povero, non come un potente o un re, ma facendosi umile, è la dichiarazione che Dio si schiera dalla parte dei deboli, dei poveri, degli afflitti e di coloro che il mondo giudica perdenti. Annuncio dunque che la salvezza di Dio non si compra e non quindi solo cosa da ricchi.
E in più: bontà e amore, perché quella salvezza giunge non per nostro merito. Se fosse per merito, quale bontà sarebbe? Solo giusta paga… E invece è solo per la sua misericordia, è nel vederci oppressi e morenti, come anche nell’errore più triste, che ci viene a salvare.
Bontà, infine, perché veniamo anche rinnovati con l’invio dello Spirito.
La bontà, come l’amore, si definisce quindi in riferimento al Signore. La bontà allora non sono solo belle parole, ma sono una forza che trasforma le situazioni, che rinnova il vivere.
Società
La bontà non è qualcosa che riguarda solo le situazioni personali, fra vicini di casa, che pure sono spesso importanti, ma va oltre. Infatti questi versetti sono posti fra varie raccomandazioni che Tito deve trasmettere alla sua chiesa, e queste raccomandazioni si basano su una visione cristologica, non su buon senso o filosofia. Ci sono varie ragioni per agire: politiche, etiche, sociali, economiche, ma in definitiva sono le ragioni cristologiche, basate sul Cristo ad essere fondamentali per il cristiano.
Come comportarsi con il prossimo, come vivere in un ambiente pubblico, quali sono i rapporti con la società?
Nella breve lettera si delinea il quadro di un gruppo che prima era litigioso, egoista, insofferente alle necessità del prossimo, non rispettoso delle leggi, ma che adesso deve cambiare proprio perché il Cristo è venuto. Ora è il tempo della bontà. Ora è tempo di cercare il bene comune. È un nuovo atteggiamento sociale, pubblico, politico, che è positivo e costruttivo.
Questo non significa arrendersi dinnanzi ai più forti, non è che tutto debba andar bene, ma un lavorare affinché nonostante tutto ci sia il bene comune.
Ciò è realmente possibile con l’arrivo del Cristo. Infatti, proprio perché siamo salvati e rinnovati noi possiamo vivere con serenità, in pace con gli altri, come motore positivo della società.
E in più perché siamo in speranza siamo eredi di vita eterna, cioè questa salvezza di cui si parla non è solo sicura, certa, ma è anche come se avessimo vinto già tutto… Abbiamo allora la pazienza, il tempo, la ricchezza dei forti.
Possiamo rischiare ogni cosa, perché niente è mai perduto. Possiamo gettare il pane sulle acque perché lo ritroveremo.
universale
Bontà di Dio e quindi nostra, non è qualcosa che è solo per noi e nemmeno solo per la società in cui viviamo, ma la bontà e l’amore di Dio sono per gli uomini dice il nostro testo, per l’umanità tutta. La missione di Cristo è qualcosa di universale.
In tutta la storia cristiana, quasi mai, i cristiani hanno inteso la venuta del Cristo come qualcosa che riguarda solo coloro che sono già cristiani, ma al contrario come qualcosa di positivo universalmente. Questo ha fatto da base alla diffusione del cristianesimo delle origini e nei secoli. Portare l’evangelo, la buona notizia, come compito della chiesa nel mondo.
Dopo tanti secoli e tanti errori da parte dei cristiani c’è alle volte come un pudore a parlare dell’evangelo, a pensare questa esaltante notizia dell’arrivo del Cristo fra noi esseri umani come una vera buona notizia per tutti.
Però questo riserbo, che certo denuncia un ripensare agli errori delle chiese nei secoli, non deve fermarci dall’annuncio universale.
Anche perché innanzitutto non dobbiamo annunciare noi stessi, ma Dio, e non è un nostro merito essere cristiani, ma è solo per grazia di Dio. E allora non dovrebbe esserci posto per senso di superiorità verso gli altri, né un approfittarsi, ma solo un autentico servizio.
Infatti l’autentico annuncio dell’evangelo è agire nel mondo cercando la pace, il bene, la concordia e dal divulgare a gran voce salvezza, dignità, vita eterna, giustizia per ognuno.
E quindi anche a chi non comprende il Natale in maniera cristiana, noi non solo auguriamo pace e serenità, ma anche vogliamo portare questa pace e questa serenità, questo aiuto e questa gioia.
Amen