Tentati che tentano

Quando leggiamo le tentazioni di Gesù, ad esempio in Matteo 4, possiamo pensare che siano tentazioni che non ci riguardano. Ma nella loro essenza parlano anche di noi.

La prima, del trasformare pietre in pani, ci dice che lo sperimentare la fame o aver paura della fame, ci tenta nel cercare di trasgredire la legge, o ci induce a accaparrare, cosa che si trasforma presto in avidità. È il “tengo famiglia” che tutto sembra giustificare, è il non concedere niente del primo mondo verso il terzo.

La seconda, quella del lanciarsi dal pinnacolo più alto del Tempio, che sembra così singolare, è sul tentare il Signore. Vedete come è attuale se pensate a chi tenta il sorpasso azzardato, a chi tenta l’impresa spericolata, e perché no a chi pensa di far passare la nave vicino agli scogli oppure chi vuole scalare la montagna nella bufera… Si dice che tentino la sorte, invece non stanno forse tentando il Signore? Mettendo a repentaglio la loro vita e a volte la vita quella degli altri, dei passeggeri o di chi è in cordata con loro, solo per dire: “sì sono forte” o “sono arrivato primo!”

E la terza tentazione di Gesù sull’adorare il diavolo per il denaro e il potere, cioè per l’idolatria, è qualcosa che vediamo spesso, è il fare ogni cosa pur di avere potere o denaro, per sentirsi importanti. Ma anche se non siamo così, non siamo spesso invidiosi, oppure non seguiamo con ammirazione i grandi capitani d’impresa che guadagnano milioni al minuto? E a volte non si è complici, magari con il voto o il plauso, di potenti senza scrupoli?

In fondo la base della tentazione è quella del non fidarsi fino in fondo di Dio e della sua Parola e di non avere quell’umiltà che come esseri umani dovremmo avere dinnanzi al Signore. Nonostante tutto troviamo una parola di speranza.

Non abbiamo un sommo sacerdote che non possa simpatizzare con noi nelle nostre debolezze, poiché egli è stato tentato come noi in ogni cosa, senza commettere peccato. Accostiamoci dunque con piena fiducia al trono della grazia, per ottenere misericordia e trovar grazia ed essere soccorsi al momento opportuno. (Ebr 4:15-16)

In questo simpatizzare di Gesù troviamo che non solo Gesù condivide con noi umani l’angoscia della morte o della finitezza, le privazioni e il dolore, la povertà e il disprezzo, che non sarebbe affatto poco. Ma anche il conoscere come spesso siamo tentati, dal mondo e dalla nostra umanità, di come forte e varia è l’occasione del cadere. Non certo ammettendo il peccato, ma conoscendo la nostra umanità.

Quindi simpatizza con noi anche quando noi siamo nei momenti e negli aspetti peggiori.


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