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La grande domanda

Riporto qui il testo preparatorio della conferenza da me tenuta a due voci a Sondrio il 2 dicembre 2016. Trovate qui la registrazione.

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La domanda

Il libro di Alister McGrath, in originale inglese nel 2015, è stato pubblicato in italiano nel 2016, con il titolo La grande domanda. Perché non si può fare a meno di parlare di scienza, di fede e di Dio. Ha come titolo originale Inventing the Universe. Why We Can’t Stop Talking About Science, Faith and God.

Dunque si potrebbe tradurre con Immaginare (pensare, più che inventare) l’universo. Perché noi non possiamo fermarci dal parlare di scienza, fede e Dio.

Il titolo inglese è dunque meno pretenzioso della sua traduzione, infatti dobbiamo prendere atto che non tutti sentono il bisogno di parlare di Dio. Anche se molti invece lo vogliono. Infatti il libro nasce da un fine apologetico contro le tesi di atei-militanti americani, che hanno emuli anche in Italia.

La domanda diviene allora perché parliamo insieme di scienza e fede. E dalla lettura del libro, in alcune parti chiaro e stimolante, è che molti non riescono ad accontentarsi di quello che la scienza può affermare sull’universo. E questo non solo rispetto a noi umani che hanno un senso di moralità e una ricerca di senso, ma proprio come descrizione, rappresentazione, spiegazione (inventing) dell’Universo stesso.

Il libro ripercorre infatti il senso di delusione e di limitatezza, dell’autore, rispetto alle tante domande cui la scienza non dà risposta, domande a cui non darà anzi mai risposta, ma che hanno a che fare con una descrizione completa e soddisfacente dell’Universo.

Certamente ci possono essere persone che non si porranno nella stessa lunghezza d’onda, scusate il modo di dire tecnico-fisico, ma è anche vero che molti scienziati anche del Novecento e attuali condividono tale impostazione.

Ad esempio, pensando e rivolgendosi ai suoi colleghi fisici, Fritjof Capra in Il Tao della fisica scrive:

Essi scopriranno che il misticismo orientale fornisce una struttura filosofica bella e coerente in cui possono trovare posto le nostre più avanzate teorie del mondo fisico.

Come vedete qui non si sta parlando di fede cristiana, ma di religioni orientali. E questo ci porterebbe in un campo specifico che va fuori dalla nostra conferenza. Ma è importante sottolineare come l’aspetto che possiamo definire spirituale non è in contrasto, anzi è richiesto non solo dalla speculazione filosofica, ma anche dalla investigazione scientifica.

La difficoltà di parlare di scienza e fede

La difficoltà di parlare di scienza e fede, nell’ambito culturale italiano (soprattutto), che è in questo differente in parte da quello anglosassone, è dovuta secondo me ad una sostanziale ignoranza sia riguardo alla scienza sia riguardo alla teologia.

In generale assistiamo ad una radicata fiducia nella scienza di stampo positivista, che non conosce i limiti conosciuti dagli scienziati moderni…

Qui potremmo inserire una divagazione, quando si parla di Leggi scientifiche, è chiaro che questo termine era usato dai primi scienziati che erano credenti e vedevano nell’investigazione scientifica, la possibilità di scoprire le leggi che il Creatore aveva dato al suo Creato. Ancora oggi viene usato il termine, anche da chi non si riconosce nell’origine del termine, ma come leggi di Natura. Ora specie nella fisica contemporanea è sempre più chiaro come noi abbiamo una rappresentazione della natura, non tanto uno svelamento di leggi immutabili e pervasive della Natura. Si veda ad esempio come una teoria non relativistica sia possibile oppure il fatto che due corpi abbiano un urto anelastico, sia un’astrazione, che a livello molecolare oppure la descrizione atomica con il dualismo onda-corpuscolo…

Questa fiducia nella scienza è profonda, paradossalmente, anche per le persone che rifuggono dalla scienza in nome di altre conoscenze, che vengono considerate in fondo veramente scientifiche: come cure alternative, principi di antiche saggezze orientali, scienze non accademiche come la parapsicologia… (Riprendo il tema nel terzo punto).

Superare la metafisica classica

La difficoltà è anche come dicevo per la poca conoscenza della teologia e degli argomenti di fede. Questo si vede anche nell’approccio spesso ingenuo e caricaturale di neo-ateisti e in scientisti vari. Ad esempio continuo ad incontrare persone che parlano dei vangeli apocrifi come se questi fossero ignoti alla chiesa, oppure si veda il successo di Augias nel portare al pubblico italiano tesi accolte come nuove scoperte, che sono in realtà elaborate e conosciute dall’Ottocento, e che sono insegnate ed esaminate e studiate nelle Facoltà teologiche.

Però non è certo tutta colpa dei documentari naturalistici o della scarsa informazione, nella testa delle persone c’è poi ancora una metafisica classica e medioevale che sopravvive alle conoscenze fisiche moderne. E questo è colpa dei religiosi delle varie chiese. La religiosità vi si attiene e sfrutta questa metafisica per parlare del divino e viene quindi di fatto screditata dal riferirsi a modelli culturali ormai inadeguati, che non fanno parte però strettamente della religione.

Ad esempio su Voce Evangelica compare proprio in questi giorni (28 novembre 2016) un’intervista al sociologo Franco Garelli, che riporta una indagine da cui si evince che in Italia un terzo dei giovani di origine cattolica si dice lontano dalla Chiesa cattolica. Fra i motivi al primo posto mette il non aver avuto esperienze significative o buone, al secondo afferma (ciò che si poteva anche immaginare):

In secondo luogo credo che nel passaggio dalla adolescenza alla giovinezza, soprattutto sui banchi delle scuole superiori, questi giovani si confrontano con una proposta culturale, con materie e con discipline che possono allontanarli da una prospettiva di fede; vedono che non c’è una corrispondenza tra ciò che è stato loro proposto nella visione del mondo negli ambienti ecclesiali quando erano bambini o ragazzi, e ciò che viene proposto invece come visione del mondo sui banchi della scuola.

Penso allora che noi dovremmo superare la metafisica classica.

La prima cosa è mostrare come concetti che influenzano anche le espressioni quotidiane, come “lassù in alto c’è chi ci guarda” sono riferimenti ad una concezione antica, in cui la terra era piatta e i cieli erano la dimora di Dio. Anzi che l’espressione al plurale dei cieli è legata ad una concezione antica.

In secondo luogo mi permetto di dire che dovremmo avere una metafisica più aderente alla fisica che conosciamo. Il prof. Ferrario mi ha criticato perché questo sarebbe un argomento scivoloso e per via del dibattito filosofico novecentesco sul tema. È chiaro per me la difficoltà di fare un’operazione del genere, e che sarebbe meglio tacere su certi temi. Ma nella mia esperienza pastorale mi sono reso conto come non se ne può fare a meno, che le persone comunque tendono a farsi una rappresentazione dell’aldilà e così via.

Mi sembra allora che la teoria della relatività che connette profondamente tempo e spazio, dunque il tempo con l’Universo, sia foriera di una visione metafisica in cui si definisca l’eternità di Dio al di fuori appunto dello spazio-tempo che sperimentiamo.

Cosa è la verità

Il concetto di verità nella scienza è connesso al metodo scientifico. La verità di una teoria è dunque collegata alle conoscenze e agli esperimenti e anche alle teorie che si sono fin qui sviluppate. Con il positivismo il criterio di verità, scientifico, è stato grosso modo allargato anche ad ambiti che sono fuori dall’applicabilità del metodo scientifico.

Qui ci sarebbe da parlare con profitto del meccanicismo e positivismo ottocentesco. Ma veniamo ai giorni nostri e ai cristiani creazionisti.

Creazionismo

Di solito i creazionisti affermano, nelle loro confessioni di fede, di credere nella inerranza della Bibbia. Vale a dire affermano che non ci siano errori nella Scrittura. Questo è vero anche per gli altri evangelici (e più o meno per tutti i cristiani). Però nella visione riformata classica la Scrittura è ispirata da Dio e dunque vera, ma espressa nella cultura e attraverso la personalità degli autori, ed inoltre con l’uso non solo di generi letterali differenti, ma anche attraverso analogie che sono ineliminabili dovendo parlare di Dio.

Da parte loro invece i creazionisti affermano che la Bibbia è vera alla lettera a meno che non sia esplicitamente detto dal testo stesso che non è così.

Inoltre alla lettura segue una costruzione. Si ritrova più o meno lo stesso racconto biblico, ma depurato e snaturato dall’appiattire le difficoltà e il pluralismo che gli autori biblici vi hanno lasciato. Spesso infatti non si legge più il testo biblico, come con il libero esame come nella visione classica e liberante del Sola Scriptura, ma se ne dà una interpretazione (di solito della Creazione in stette giorni solari) e alle volte è inserita nelle confessioni di fede stesse. Per cui alla fine difendendo la Bibbia, la mettono sotto tutela.

Ma la Parola del Signore non può essere incatenata, ricorderebbe Lutero citando la Bibbia stessa, e in fondo la Scrittura non ha bisogno di altri difensori e si difende da sé stessa. In tutto questo i creazionisti dimostrano allora di assumere come criterio di verità non quello della fede, ma quello della filosofia positivista.

Il tentativo di costruire una teoria scientifica che sia in accordo con il testo biblico, nella loro interpretazione, fra l’altro, è dimostrazione proprio di questo primato che il concetto di verità scientifico ha nella mente dei nostri contemporanei, compresi coloro che ne sono nemici dichiarati. Dunque il criterio di verità non è più Gesù, come afferma egli stesso di essere, ma una verità scientifica o se volete pseudo-scientifica.

La conseguenza è veramente sconfortante. Infatti c’è il tentativo di costruire una contro-cultura (ma Gramsci notava come la cultura per esserlo debba essere unica) con un grande successo presso i propri e un grande attaccamento di gruppo e di idee (si veda il fiorire della pubblicistica in tal senso, anche in italiano), ma un progressivo allontanamento infine dalla maggioranza delle persone.