Ecco una presentazione degli Atti degli apostoli con brevi commenti di vari passi scelti, che possano dare un ausilio nella lettura e nell’interpretazione di questo libro così attuale e ricco per la vita cristiana e delle chiese.

Introduzione

Lo scrittore degli Atti degli apostoli, come si presenta nei primi versetti, è lo stesso dell’evangelo di Luca. Valgono per gli Atti, allora, alcune considerazioni fatte per l’evangelo.

Luca storico

In particolare, di Luca possiamo dire che è uno storico al modo degli antichi storici del suo tempo. Infatti si può osservare:

  • molte sue indicazioni storiche si sono rivelate esatte con nuove scoperte archeologiche
  • la grande quantità dei discorsi che si trova in Atti ripropone il metodo degli storici classici di fare un sunto e una rielaborazione di quello che il personaggio aveva detto (quando Luca aggiunge frasi del tipo “e disse molte altre cose”, sta ribadendo appunto che segue quel metodo)
  • Sulla parzialità di Luca in quanto scrive per “evangelizzare”, non si può non osservare che la parzialità è sempre presente fra gli storici e nell’epoca classica questo vale forse di più, si veda come anche Tacito sia uno storico che ben presenta le sue idee nella politica del tempo.

Il contesto religioso del periodo è effervescente. Misteri, salvezza personale, avevano preso il posto della salvezza dello Stato o della polis o dell’Impero. Caratteristiche della religiosità greca e romana iniziale, superate nel corso dei secoli. In un periodo di società globalizzata con lontananza dai governanti e dalla società.

Luca crea allora un opera anche identitaria, di chiamata a raccolta delle piccole comunità cristiane disperse in una vasta società, intorno ad una storia comune

Luca-Atti

Luca sottolinea il binomio Gesù – apostoli. Anche se segue la nascita della chiesa, ma non tutti gli apostoli. Ciò dipenderà dalle fonti, ma è anche una sua scelta.

Gli Atti fanno da cerniera nel Nuovo Testamento così come il Canone lo ha definito. Ma il Canone prosegue in certo senso il modello di Luca, che appare un po’ come l’inventore del Nuovo Testamento.

Evangelizzazione

Atti 1:1-8 Nel mio primo libro, o Teofilo, ho parlato di tutto quello che Gesù cominciò a fare e a insegnare fino al giorno che fu elevato in cielo, dopo aver dato mediante lo Spirito Santo delle istruzioni agli apostoli che aveva scelti. Ai quali anche, dopo che ebbe sofferto, si presentò vivente con molte prove, facendosi vedere da loro per quaranta giorni, parlando delle cose relative al regno di Dio.

Trovandosi con essi, ordinò loro di non allontanarsi da Gerusalemme, ma di attendere l’attuazione della promessa del Padre, «la quale», egli disse, «avete udita da me. Perché Giovanni battezzò, sì con acqua, ma voi sarete battezzati in Spirito Santo fra non molti giorni».

Quelli dunque che erano riuniti gli domandarono: «Signore, è in questo tempo che ristabilirai il regno a Israele?» Egli rispose loro: «Non spetta a voi sapere i tempi o i momenti che il Padre ha riservato alla propria autorità. Ma voi riceverete potenza quando lo Spirito Santo verrà su di voi, e mi sarete testimoni in Gerusalemme, e in tutta la Giudea e Samaria, e fino all’estremità della terra».

Teofilo! Annosa questione storiografica, ma per noi non così discriminante. È una persona vera o un artificio retorico?

Luca 1:1-4 Poiché molti hanno intrapreso a ordinare una narrazione dei fatti che hanno avuto compimento in mezzo a noi, come ce li hanno tramandati quelli che da principio ne furono testimoni oculari e che divennero ministri della Parola, è parso bene anche a me, dopo essermi accuratamente informato di ogni cosa dall’origine, di scrivertene per ordine, eccellentissimo Teofilo, perché tu riconosca la certezza delle cose che ti sono state insegnate.

L’importanza dello Spirito che prosegue l’opera di Gesù nella chiesa.

Centrale è l’annuncio! Schema: promessa – annuncio…

Atti 2:38-40 E Pietro [disse] a loro: «Ravvedetevi e ciascuno di voi sia battezzato nel nome di Gesù Cristo, per il perdono dei vostri peccati, e voi riceverete il dono dello Spirito Santo. Perché per voi è la promessa, per i vostri figli e per tutti quelli che sono lontani, per quanti il Signore, nostro Dio, ne chiamerà». E con molte altre parole li scongiurava e li esortava, dicendo: «Salvatevi da questa perversa generazione».

La prima comunità

Dopo l’Ascensione di Gesù, la prima chiesa si riunisce aspettando la potenza dello Spirito santo promessa. Nel frattempo ricostituiscono i 12 con un criterio di essere dsicepolo da lungo tempo di Gesù e a sorte. Poi con la Pentecoste le cose realmente si muovono (poi anche verso i pagani). Iniziano nuove conversioni!

È un quadro certo ideale, nel senso che può essere la situazione dell’inizio di un movimento, e poi l’episodio di Anania a Saffira dimostra come non tutto fosse ideale. Però come ideale ci comunica qualcosa per il presente di ogni chiesa.

Atti 2:42-47 Ed erano perseveranti nell’ascoltare l’insegnamento degli apostoli e nella comunione fraterna, nel rompere il pane e nelle preghiere. Ognuno era preso da timore; e molti prodigi e segni erano fatti dagli apostoli. Tutti quelli che credevano stavano insieme e avevano ogni cosa in comune; vendevano le proprietà e i beni e li distribuivano a tutti, secondo il bisogno di ciascuno. E ogni giorno andavano assidui e concordi al tempio, rompevano il pane nelle case e prendevano il loro cibo insieme, con gioia e semplicità di cuore, lodando Dio e godendo il favore di tutto il popolo. Il Signore aggiungeva al loro numero ogni giorno quelli che venivano salvati.

Notiamo che le quattro attività elencate possono essere distinte oppure quattro aspetti delle prime chiese. (Anche oggi è interessante non considerare staccate le varie attività della chiesa). La comunione può essere anche condivisione del pasto comune o delle cose, ma anche avere un aspetto più comunitario.

Il timore è timore del Signore che agisce (oppure soprattutto per i non cristiani di ansia per l’ignoto).

Guarendo una zoppo alla porta detta Bella, si ritrovano confrontati con le autorità. Nella loro risposta Pietro e Giovanni ribadiscono qualcosa che doveva anche essere ovvio ai capi sacerdoti sull’ubbidienza a Dio, ma ovviamente è diversa la partenza.

Atti 4:12 In nessun altro è la salvezza; perché non vi è sotto il cielo nessun altro nome che sia stato dato agli uomini, per mezzo del quale noi dobbiamo essere salvati».

Atti 4:18-20 E, avendoli chiamati, imposero loro di non parlare né insegnare affatto nel nome di Gesù. Ma Pietro e Giovanni risposero loro: «Giudicate voi se è giusto, davanti a Dio, ubbidire a voi anziché a Dio. Quanto a noi, non possiamo non parlare delle cose che abbiamo viste e udite».

Questo sarà ribadito anche nel secondo incontro/scontro.

Atti 5:29-32 Ma Pietro e gli altri apostoli risposero: «Bisogna ubbidire a Dio anziché agli uomini. Il Dio dei nostri padri ha risuscitato Gesù, che voi uccideste appendendolo al legno, e lo ha innalzato con la sua destra, costituendolo Principe e Salvatore, per dare ravvedimento a Israele e perdono dei peccati. Noi siamo testimoni di queste cose; e anche lo Spirito Santo, che Dio ha dato a quelli che gli ubbidiscono».

In mezzo cosa fa la chiesa?

Atti 4:29-31 Adesso, Signore, considera le loro minacce e concedi ai tuoi servi di annunciare la tua Parola in tutta franchezza, stendendo la tua mano per guarire, perché si facciano segni e prodigi mediante il nome del tuo santo servitore Gesù». Dopo che ebbero pregato, il luogo dove erano riuniti tremò; e tutti furono riempiti dello Spirito Santo, e annunciavano la Parola di Dio con franchezza.

Prega per essere audace!

Franchezza (παρρησία) compare varie volte in questi capitoli. È una delle caratteristiche dell’annuncio cristiano degli apostoli. Non è esoterico e non è timido.

Contrasti interni

sul denaro

Avevamo visto la prima comunità coesa e solidale.

Il quadro non è del tutto ideale perché troviamo un “controesempio” di questa situazione.

Leggiamo Atti 4:32 – 5:11

La moltitudine di quelli che avevano creduto era d’un sol cuore e di un’anima sola; non vi era chi dicesse sua alcuna delle cose che possedeva, ma tutto era in comune tra di loro.

Vediamo che l’essere di un sol cuore non è solo una questione di sentimento, ma di realtà delle cose che si possiedono.

Gli apostoli, con grande potenza, rendevano testimonianza della risurrezione del Signore Gesù; e grande grazia era sopra tutti loro. Infatti non c’era nessun bisognoso tra di loro; perché tutti quelli che possedevano poderi o case li vendevano, portavano l’importo delle cose vendute e lo deponevano ai piedi degli apostoli; poi veniva distribuito a ciascuno, secondo il bisogno.

Gli apostoli rendono testimonianza della resurrezione di Gesù, però ciò è motivo di grazia perché ognuno aveva secondo il bisogno e non per magia, ma per condivisione.

Luca allora introduce un esempio positivo.

Ora Giuseppe, soprannominato dagli apostoli Barnaba (che tradotto vuol dire: «figlio di consolazione»), Levita, cipriota di nascita, avendo un campo, lo vendette e ne consegnò il ricavato, deponendolo ai piedi degli apostoli.

Poi Luca introduce un fatto negativo. Molto problematico per tutti i commentatori.

Ma un uomo di nome Anania, con Saffira sua moglie, vendette una proprietà e tenne per sé parte del prezzo, essendone consapevole anche la moglie; e un’altra parte la consegnò, deponendola ai piedi degli apostoli. Ma Pietro disse: «Anania, perché Satana ha così riempito il tuo cuore da farti mentire allo Spirito Santo e trattenere parte del prezzo del podere? Se questo non si vendeva, non restava tuo? E una volta venduto, il ricavato non era a tua disposizione? Perché ti sei messo in cuore questa cosa? Tu non hai mentito agli uomini, ma a Dio». Anania, udendo queste parole, cadde e spirò. E un gran timore prese tutti quelli che lo udirono. I giovani, alzatisi, ne avvolsero il corpo e, portatolo fuori, lo seppellirono.

Circa tre ore dopo sua moglie, non sapendo ciò che era accaduto, entrò. E Pietro, rivolgendosi a lei: «Dimmi», le disse, «avete venduto il podere per tanto?» Ed ella rispose: «Sì, per tanto». Allora Pietro le disse: «Perché vi siete accordati a tentare lo Spirito del Signore? Ecco, i piedi di quelli che hanno seppellito tuo marito sono alla porta e porteranno via anche te». Ed ella in quell’istante cadde ai suoi piedi e spirò. I giovani, entrati, la trovarono morta; e, portatala via, la seppellirono accanto a suo marito. Allora un gran timore venne su tutta la chiesa e su tutti quelli che udivano queste cose.

Alcune difficoltà del passo si possono risolvere. La morte di Anania sembra una morte da shock per essere stato scoperto. Forse anche quella di Saffira. seppellimento

La preveggenza di Pietro appare effettivamente miracolosa e non significa che Pietro abbia un tale potere di morte. Il seppellimento immediato potrebbe dire che è un tale peccatore per loro da essere “messo via” senza cerimonie, potrebbe essere forse che lo hanno portato al cimitero per il seppellimento.

Non c’è possibilità di pentimento, o forse la domanda a Saffira dà una possibilità?

Tentano lo Spirito del Signore, nonostante tutto, non è una questione di chiesa. Almeno è in rapporto alla chiesa, ma non dobbiamo subito passare dallo Spirito alla chiesa. Le chiese e gli ecclesiastici spesso fanno questo passaggio automatico. Spesso però la chiesa è infedele…

sul condividere

Dopo altri arresti e liberazione degli apostoli veniamo a sapere di un mormorio e di un contrasto.

Atti 6:1-7 In quei giorni, moltiplicandosi il numero dei discepoli, sorse un mormorio da parte degli Ellenisti contro gli Ebrei, perché le loro vedove erano trascurate nell’assistenza quotidiana. I dodici, convocata la moltitudine dei discepoli, dissero: «Non è conveniente che noi lasciamo la Parola di Dio per servire alle mense. Pertanto, fratelli, cercate di trovare fra di voi sette uomini, dei quali si abbia buona testimonianza, pieni di Spirito [Santo] e di sapienza, ai quali affideremo questo incarico. Quanto a noi, continueremo a dedicarci alla preghiera e al ministero della Parola».

Questa proposta piacque a tutta la moltitudine; ed elessero Stefano, uomo pieno di fede e di Spirito Santo, Filippo, Procoro, Nicanore, Timone, Parmena e Nicola, proselito di Antiochia. Li presentarono agli apostoli, i quali, dopo aver pregato, imposero loro le mani.

La Parola di Dio si diffondeva, e il numero dei discepoli si moltiplicava grandemente in Gerusalemme; e anche un gran numero di sacerdoti ubbidiva alla fede.

C’è dunque un mormorio. Perché pur mettendo tutto insieme non c’era (o almeno ad alcuni così sembrava) esserci equità nel provvedere ai bisogni di tutti. In particolare le vedove (persone in povertà e difficoltà per antonomasia a quel tempo) degli “ellenisti”.

C’è allora una divisione che in modo anacronistico si potrebbe dire fra pastori e diaconi, Ma in realtà vedremo che fra gli ellenisti molti saranno anche annunciatori dell’evangelo.

Discorso di Stefano

Stefano è uno dei sette diaconi ellenisti.

Atti 6:8-15 Ora Stefano, pieno di grazia e di potenza, faceva grandi prodigi e segni tra il popolo. Ma alcuni della sinagoga detta «dei Liberti», dei Cirenei, degli Alessandrini, di quelli di Cilicia e d’Asia si misero a discutere con Stefano; e non potevano resistere alla sapienza e allo Spirito con cui egli parlava.

Allora istigarono degli uomini che dissero: «Noi lo abbiamo udito mentre pronunciava parole di bestemmia contro Mosè e contro Dio». Essi misero in agitazione il popolo, gli anziani, gli scribi; e, venutigli addosso, lo afferrarono e lo condussero al sinedrio; e presentarono dei falsi testimoni, che dicevano: «Quest’uomo non cessa di proferire parole contro questo luogo santo e contro la legge. Infatti lo abbiamo udito affermare che quel Nazareno, Gesù, distruggerà questo luogo e cambierà gli usi che Mosè ci ha tramandati».

E tutti quelli che sedevano nel sinedrio, fissati gli occhi su di lui, videro il suo viso simile a quello di un angelo.

Ecco che inizia una specie di processo.

Atti 7:1-3 l sommo sacerdote disse: «Le cose stanno proprio così?» Egli rispose: «Fratelli e padri, ascoltate. Il Dio della gloria apparve ad Abraamo, nostro padre, mentre egli era in Mesopotamia, prima che si stabilisse in Caran, e gli disse: “Esci dal tuo paese e dal tuo parentado, e va’ nel paese che io ti mostrerò”

Comincia così il resoconto della testimonianza di Stefano con una lunghissima (per le dimensioni che di solito hanno i discorsi in Atti) parte sulla storia del popolo di Israele, che riassume la storia dell’Antico Testamento, con l’obiettivo di culminarla con Gesù Cristo. In fondo è una bella ricostruzione della storia della salvezza e delle promesse di Dio che vanno avanti nonostante le infedeltà.

Alcune osservazioni. Come evangelici riformati spesso ripartiamo dalla storia biblica e della chiesa. Uno stile che spiega bene il motivo di scelte e di ciò che si fa, ma che può essere difficile per alcuni che vogliono subito una risposta.

Questo racconto doveva essere tipico nella prima chiesa che si rivolgeva prima di tutto al popolo ebraico. Anche per i cristiani dovrebbe essere ovvio che la storia biblica non solo ci conduce al Cristo (come cristiani), ma anche ci spiega la meglio il messaggio dell’evangelo.

Comunque la predicazione di Stefano sottolinea l’infedeltà del popolo di Israele e la persecuzione dei profeti e termina dicendo.

Atti 7:51-53 Gente di collo duro e incirconcisa di cuore e d’orecchi, voi opponete sempre resistenza allo Spirito Santo; come fecero i vostri padri, così fate anche voi. Quale dei profeti non perseguitarono i vostri padri? Essi uccisero quelli che preannunciavano la venuta del Giusto, del quale voi ora siete divenuti i traditori e gli uccisori; voi, che avete ricevuto la legge promulgata dagli angeli e non l’avete osservata».

Questo sarà un refrain che ritroveremo per la prima predicazione: proprio coloro che avevano ricevuto la notizia della promessa di Dio, saranno opposti e contrari al Cristo.

Atti 7:54-60 Essi, udendo queste cose, fremevano di rabbia in cuor loro e digrignavano i denti contro di lui. Ma Stefano, pieno di Spirito Santo, fissati gli occhi al cielo, vide la gloria di Dio e Gesù che stava alla destra di Dio, e disse: «Ecco, io vedo i cieli aperti e il Figlio dell’uomo in piedi alla destra di Dio».

Ecco che viene citato Gesù Cristo come Figlio dell’uomo (cioè il Messia) ed è glorificato, alla destra di Dio! Non era così ovvio prima. La consapevolezza dei cristiani di chi sia Gesù raggiunge qui l’apice, in qualche modo non avevano avuto il coraggio (intellettuale) di concepire questo passaggio.

Il percorse della fede cristiana, parte da una visione della vicinanza del Cristo, della bellezza delle parabole e riconoscerlo infine come il Signore glorificato. È anche un percorso che è aperto anche per i cristiani.

Un moto di rabbia, allora, percorre la folla che ascolta queste accuse, e la folla diviene una massa che si accanisce e uccide, una muta all’attacco (cfr. Elias Canetti). Non c’è più nemmeno la parvenza di processo.

Ma essi, gettando grida altissime, si turarono gli orecchi e si avventarono tutti insieme sopra di lui; e, cacciatolo fuori dalla città, cominciarono a lapidarlo. I testimoni deposero i loro mantelli ai piedi di un giovane, chiamato Saulo. E continuarono a lapidare Stefano mentre pregava e diceva: «Signore Gesù, accogli il mio spirito». Poi, messosi in ginocchio, gridò ad alta voce: «Signore, non imputare loro questo peccato». E detto questo si addormentò.

La testimonianza cristiana può portare al martirio.

Ed ecco Saulo, compare come un testimone, che però subito dopo diverrà accusatore, prima di essere convertito. Ed è l’aggancio al seguito, la spia che la storia della salvezza prosegue di testimone in testimone.

Ed ecco che Stefano si addormenta. “Si addormenta”, come dico spesso ai funerali, non è un eufemismo. È una confessione di fede chi scrive, Luca in questo caso. La morte non è definitiva, risorgeremo e vivremo di nuovo, come quando addormentati ci svegliamo al mattino.

Simon mago

Dopo il martirio di Stefano, vediamo ancora presente Saulo in modo attivo come persecutore.

E Saulo approvava la sua uccisione. Vi fu in quel tempo una grande persecuzione contro la chiesa che era in Gerusalemme. Tutti furono dispersi per le regioni della Giudea e della Samaria, salvo gli apostoli. Uomini pii seppellirono Stefano e fecero gran cordoglio per lui. Saulo intanto devastava la chiesa, entrando di casa in casa; e, trascinando via uomini e donne, li metteva in prigione.

Saulo appare una furia tanto da dire che devastava la chiesa (ovviamente non nel senso di un edificio che ancora non esisteva tale associazione di nomi). Salvo gli apostoli è forse dovuto ad una speciale protezione per ciò che avevano fatto prima come prodigi. Oppure è una tecnica del potere: attaccare le persone più deboli per non fare di quelle più importanti dei martiri famosi.

In questa situazione anche seppellire e far cordoglio per Stefano era già un gesto pericoloso.

Cosa succederà allora alla chiesa? Si arrenderanno? No, però scapperranno, ma con lo scappar via l’annuncio del vangelo si allarga.

Allora quelli che erano dispersi se ne andarono di luogo in luogo, portando il lieto messaggio della Parola. Filippo, disceso nella città di Samaria, vi predicò il Cristo. E le folle unanimi prestavano attenzione alle cose dette da Filippo, ascoltandolo e osservando i miracoli che faceva. Infatti gli spiriti immondi uscivano da molti indemoniati, mandando alte grida; e molti paralitici e zoppi erano guariti. E vi fu grande gioia in quella città.

Ecco dunque che Filippo, un altro dei diaconi ellenisti si dimostra un annunciatore del Cristo, che fa anche dei miracoli. Si vede proprio che la distinzione fra diacono e apostolo a quel tempo non era quello che divenne successivamente.

Però vedremo dopo una differenza con gli apostoli, che forse è solo occasionale.

Intanto però viene introdotto un altro personaggio.

Ora vi era un tale, di nome Simone, che già da tempo esercitava nella città le arti magiche e faceva stupire la gente di Samaria, spacciandosi per un personaggio importante. Tutti, dal più piccolo al più grande, gli davano ascolto, dicendo: «Questi è “la potenza di Dio”, quella che è chiamata “la Grande”». E gli davano ascolto, perché già da molto tempo li aveva incantati con le sue arti magiche. Ma quando ebbero creduto a Filippo, che portava loro il lieto messaggio del regno di Dio e il nome di Gesù Cristo, furono battezzati, uomini e donne. Simone credette anche lui; e, dopo essere stato battezzato, stava sempre con Filippo; e restava meravigliato, vedendo i miracoli e le opere potenti che venivano fatte.

Ecco allora un mago o un illusionista che fa dei segni prodigiosi. Non è importante, ma incanta le folle, non sappiamo se con la magia o con la furbizia, comunque ha grosso seguito.

Anche Simone però crede (cioè crede in Gesù Cristo) e –da persona del ramo– segue con interesse e meraviglia i miracoli fatti da Filippo che sono realmente miracolosi.

A questo punto entrano in campo gli apostoli da Gerusalemme.

Allora gli apostoli, che erano a Gerusalemme, saputo che la Samaria aveva accolto la Parola di Dio, mandarono da loro Pietro e Giovanni. Essi andarono e pregarono per loro affinché ricevessero lo Spirito Santo; infatti non era ancora disceso su alcuno di loro, ma erano stati soltanto battezzati nel nome del Signore Gesù. Quindi imposero loro le mani ed essi ricevettero lo Spirito Santo.

Perché gli apostoli vanno? Per trasmettere lo Spirito? In questo caso in effetti è così, ma in altri passi sembra essere indipendente dalla cerimonia dell’imporre le mani.

Quindi, vanno per ribadire l’unità della chiesa, che ha avuto successo nel territorio dei samaritani, di solito piuttosto odiati dagli ebrei. O comunque per stabilire una connessione con la comunità di Gerusalemme, oppure per dare un certo ordine?

Da cosa si comprende che hanno ricevuto lo Spirito santo? Da una manifestazione estatica? Da segni prodigiosi? Semplicemente dalla gioia? Da come parlano del Cristo?

Non c’è però in Atti sempre lo stesso schema, alcune volte ad esempio il battesimo segue l’invio dello Spirito. Ed ogni idea di creare uno standard non solo non è scritturale, ma anche pone limiti umani allo Spirito santo.

Va da sé che anche Simone, il mago, abbia ricevuto lo Spirito!

Simone, vedendo che per l’imposizione delle mani degli apostoli veniva dato lo Spirito [Santo], offrì loro del denaro, dicendo: «Date anche a me questo potere, affinché colui al quale imporrò le mani riceva lo Spirito Santo». Ma Pietro gli disse: «Il tuo denaro vada con te in perdizione, perché hai creduto di poter acquistare con denaro il dono di Dio. Tu, in questo, non hai parte né sorte alcuna; perché il tuo cuore non è retto davanti a Dio. Ravvediti dunque di questa tua malvagità; e prega il Signore affinché, se è possibile, ti perdoni il pensiero del tuo cuore. Vedo infatti che tu sei pieno di amarezza e prigioniero d’iniquità». Simone rispose: «Pregate voi il Signore per me affinché nulla di ciò che avete detto mi accada». Essi, dopo aver reso testimonianza e aver annunciato la Parola del Signore, se ne ritornarono a Gerusalemme, evangelizzando molti villaggi della Samaria.

Pare che in greco la frase: “pregate voi per me” non abbia un significato ironico. In alcuni manoscritti si aggiunge anche che Simone piangeva. “Pieno d’amarezza e iniquità” forse una citazione dall’Antico Testamento, è per il suo stato di peccato rispetto a Dio.

Per questa richiesta impropria la chiesa è netta. Al giorno d’oggi, come ci si comporterebbe, ad esempio con una persona che porta grandissime folle in raduni in mega chiese e che di questo approfitta per avere molto denaro (ad esempio lo scandalo dei jet privati di alcuni telepredicatori)?

La simonia fu condannata già con il secondo canone della quinta sessione del concilio di Calcedonia nel 451. Quando la chiesa diviene ricca e di potere ecco che ambire a cariche ecclesiastiche diviene anche motivo di interesse mondano.

La conversione di Saulo

Subito dopo lo Spirito muove ancora Filippo. Notate che Filippo non parla e va. L’episodio non lo leggiamo, ma rappresenta che la diffusione della buona notizia arriva fino ai confini del mondo.

Atti 8:26-27 Un angelo del Signore parlò a Filippo così: «Àlzati e va’ verso mezzogiorno, sulla via che da Gerusalemme scende a Gaza. Essa è una strada deserta». Egli si alzò e partì.

Poi dopo l’episodio c’è quello della conversione di Saulo, il persecutore che diviene fratello. Leggiamo in Atti 9:1-22. La conversione o vocazione di Paolo è raccontata altre due volte nel libro degli Atti a significare l’importanza che ne dà Luca. È sia importante per la conversione del persecutore, sia perché presente anche nella predicazione di Paolo (come attestano le lettere), sia per la missione verso i pagani.

Saulo, sempre spirante minacce e stragi contro i discepoli del Signore, si presentò al sommo sacerdote e gli chiese delle lettere per le sinagoghe di Damasco affinché, se avesse trovato dei seguaci della Via, uomini e donne, li potesse condurre legati a Gerusalemme. E durante il viaggio, mentre si avvicinava a Damasco, avvenne che, d’improvviso, sfolgorò intorno a lui una luce dal cielo e, caduto in terra, udì una voce che gli diceva: «Saulo, Saulo, perché mi perseguiti?»

(Si noti che non c’è scritto che cadde da cavallo. Ma solo a terra.)

È assolutamente importante quel “mi”. Perseguitare i cristiani perché cristiani è perseguitare Cristo. (Si osservi che la chiesa sarà definita da Paolo il corpo di Cristo. Alcuni moderni non pensano che già qui ci si possa riferire a questo.).

Egli domandò: «Chi sei, Signore?» E il Signore: «Io sono Gesù, che tu perseguiti. [Ti è duro recalcitrare contro il pungolo». Egli, tutto tremante e spaventato, disse: «Signore, che vuoi che io faccia?» Il Signore gli disse:] «Àlzati, entra nella città e ti sarà detto ciò che devi fare». Gli uomini che facevano il viaggio con lui rimasero fermi, senza parole, perché udivano la voce ma non vedevano nessuno. Saulo si alzò da terra ma, aperti gli occhi, non vedeva nulla; e quelli, conducendolo per mano, lo portarono a Damasco, dove rimase tre giorni senza vedere e senza prendere né cibo né bevanda.

Di nuovo compare il vero protagonista di Atti il Signore che interviene in visione. Le parole fra quadre sono state aggiunte successivamente. Nell’originale l’ordine del Signore è ancor più forte, ma forse troppo secco per chi ha effettuato l’aggiunta. E Saulo ubbidirà, lo sappiamo, perché egli veramente voleva servire il Signore.

Saulo è accecato e forse in penitenza per la rivelazione che ha avuto.

Or a Damasco c’era un discepolo di nome Anania; e il Signore gli disse in visione: «Anania!» Egli rispose: «Eccomi, Signore». E il Signore a lui: «Àlzati, va’ nella strada chiamata “Diritta” e cerca in casa di Giuda uno di Tarso chiamato Saulo; poiché ecco, egli è in preghiera e ha visto in visione un uomo chiamato Anania entrare e imporgli le mani perché recuperi la vista». Ma Anania rispose: «Signore, ho sentito dire da molti, riguardo a quest’uomo, quanto male abbia fatto ai tuoi santi in Gerusalemme. E qui ha ricevuto autorità dai capi dei sacerdoti per incatenare tutti coloro che invocano il tuo nome». Ma il Signore gli disse: «Va’, perché egli è uno strumento che ho scelto per portare il mio nome davanti ai popoli, ai re e ai figli d’Israele; perché io gli mostrerò quanto debba soffrire per il mio nome».

C’è dunque un doppio sogno, una doppia visione, che garantisce l’incontro fra Anania e Saulo.

Anania è proprio perplesso di quell’ordine, perché si stupisce che un tale così possa essersi convertito.

Si noti che i cristiani qui vengono detti “santi”, come sarà nel periodo neo-testamentario (proprio ad esempio nelle lettere di Paolo). E viene descritto già che Paolo sarà apostolo di pagani e alle prese con re ed ebrei. Infatti, soffrirà della testimonianza che porta.

Allora Anania andò, entrò in quella casa, gli impose le mani e disse: «Fratello Saulo, il Signore, quel Gesù che ti è apparso sulla strada per la quale venivi, mi ha mandato perché tu riacquisti la vista e sia riempito di Spirito Santo». In quell’istante gli caddero dagli occhi come delle squame e recuperò [subito] la vista; poi, alzatosi, fu battezzato. E, dopo aver preso cibo, gli ritornarono le forze. [Saulo] rimase alcuni giorni insieme ai discepoli che erano a Damasco e si mise subito a predicare Gesù nelle sinagoghe, affermando che egli è il Figlio di Dio. Tutti quelli che lo ascoltavano si meravigliavano e dicevano: «Ma costui non è quel tale che a Gerusalemme infieriva contro quelli che invocano questo nome ed era venuto qua con lo scopo di condurli incatenati ai capi dei sacerdoti?» Ma Saulo si fortificava sempre di più e confondeva i Giudei residenti a Damasco, dimostrando che Gesù è il Cristo.

Poi Saulo si metterà subito a predicare e cercano di ucciderlo e deve fuggire due volte. Poi il racconto riprende con Pietro. Si consideri che parlare ancora di Pietro e gli altri apostoli gerosolimitani, non è solo un artificio letterario. Da una parte introdurrà la conversione inusitata dei pagani, e dall’altra l’opera è dello Spirito qualunque siano i protagonisti umani.

Cornelio

Verso i pagani un vero problema teologico e di comportamento. Pensate non solo alle regole alimentari, ma alla questione della purità nel frequentarli e addirittura alla perdita di identità, di essere assorbiti in quel mondo pagano.

Il testo è uno dei più lunghi racconti di Atti. La storia di Cornelio si dipana in sette scene, guidata dallo Spirito attraverso due visioni e l’invio dello Spirito.

Non c’è solo la conversione di Cornelio e dei suoi, c’è anche la conversione di Pietro, che inizia il suo discorso che Dio non fa favoritismi, non ha riguardi personali, che è il Dio di tutti.

Si veda qui anche come il dono dello Spirito qui preceda il battesimo.

Poi infine Pietro dovrà rispondere alle domande critiche degli altri della chiesa di Gerusalemme.

Gerusalemme e Antiochia

Dopo le giustificazioni (accettate) che Pietro ha dovuto presentare alla chiesa di Gerusalemme per il battesimo e quindi l’inclusione di pagani nella chiesa. Ecco che la questione si allarga.

Atti 11:19-30 Quelli che erano stati dispersi per la persecuzione avvenuta a causa di Stefano, andarono sino in Fenicia, a Cipro e ad Antiochia, annunciando la Parola solo ai Giudei, e a nessun altro. Ma alcuni di loro, che erano Ciprioti e Cirenei, giunti ad Antiochia, si misero a parlare anche ai Greci, portando il lieto messaggio del Signore Gesù. La mano del Signore era con loro; e grande fu il numero di coloro che credettero e si convertirono al Signore.

Ecco dunque che la persecuzione disperde la chiesa, ma la fa crescere, come anche prima ci era stato detto. Adesso Luca ci fa sapere altri luoghi lontano da Gerusalemme che sono stati raggiunti dagli evangelizzatori.

Questi sono da distinguere in due gruppi. Il primo parla annuncia l’evangelo solo ad ebrei. Altri invece lo annunciano anche ai pagani, sembra proprio in maniera indipendente dall’episodio che a visto coinvolto Pietro e Cornelio.

Questi altri ci viene specificato che sono Ciprioti e Cirenei (nell’attuale Libia). Sono probabilmente ebrei che, al contrario di quelli che vivono nella Palestina romana, sono più abituati alla presenza e agli scambi con i pagani ed essi annunciano allora anche al loro il lieto messaggio.

Subito Luca ci fa osservare che in questo sono guidati dalla mano del Signore, dallo Spirito che muove tutta la prima chiesa.

La notizia giunse alle orecchie della chiesa che era in Gerusalemme, la quale mandò Barnaba fino ad Antiochia. Quand’egli giunse e vide la grazia di Dio, si rallegrò e li esortò tutti ad attenersi al Signore con cuore risoluto, perché egli era un uomo buono, pieno di Spirito Santo e di fede. E una folla molto numerosa fu aggiunta al Signore.

La chiesa di Gerusalemme vuole vederci chiaro. Infatti a Gerusalemme sono rimasti il gruppo dei 12 apostoli, il gruppo dirigente e c’è bisogno di un certo controllo su cosa succeda lontano dalla prima chiesa. Perché ad Antiochia è chiaro adesso è sorta un’altra chiesa.

Mandano dunque Barnaba che si rallegra che sia tutto a posto, anzi pieno di entusiasmo. Perché Barnaba è pieno di Spirito e vede la Grazia di Dio su di loro.

Non ci deve sorprendere e non dobbiamo pensare male di questo controllo della chiesa di Gerusalemme. Anche nel Credo diciamo di credere alla Chiesa apostolica, nel senso che collegata agli apostoli. È chiaro che le chiese, man mano che ne sorgono di nuove, devono guardare alla tradizione dei dodici, che sono stati con il Signore fin dall’inizio e lo hanno visto fino all’Ascensione per non allontanarsi dall’autentico evangelo.

C’è quindi un’apertura da parte della chiesa di Antiochia, che non deve far venire meno la comunione con la chiesa di origine. Ma scopriamo subito due nuovi tasselli che rendono la chiesa fedele e coesa. Il primo:

Poi [Barnaba] partì verso Tarso, a cercare Saulo; e, dopo averlo trovato, lo condusse ad Antiochia. Essi parteciparono per un anno intero alle riunioni della chiesa e istruirono un gran numero di persone; ad Antiochia, per la prima volta, i discepoli furono chiamati cristiani.

Barnaba ha bisogno di un aiuto e lo va a trovare il Saulo, che nel frattempo avevano rimandato a Tarso per non farlo uccidere. Perché, va bene la grazia di Dio su di loro, va bene la connessione alla chiesa apostolica di Gerusalemme, ma ci vuole anche formazione.

C’è bisogno di istruzione. Ora la fede cristiana non è difficile o dotta, ma non è come quella dei pagani, in certo senso è contro-intuitiva e comunque, man mano che le situazioni della vita cambiano, bisogna ragionare teologicamente per non finire sviati.

Saulo con la sua esperienza, fede e preparazione teologica può essere un valido aiuto in quest’opera. E come per inciso, veniamo a sapere che proprio qui i cristiani vengono definiti in questo modo. Come a dire adesso abbiamo la chiesa “normale”, non quella speciale che era l’apostolica.

Il secondo tassello:

In quei giorni, alcuni profeti scesero da Gerusalemme ad Antiochia. E uno di loro, di nome Agabo, alzatosi, predisse mediante lo Spirito che ci sarebbe stata una grande carestia su tutta la terra; la si ebbe infatti durante l’impero di Claudio. I discepoli decisero allora di inviare una sovvenzione, ciascuno secondo le proprie possibilità, ai fratelli che abitavano in Giudea. E così fecero, inviandola agli anziani, per mezzo di Barnaba e di Saulo.

Arriva un profezia di carestia e i discepoli che sono ad Antiochia, non si danno a proclamare la fine imminente del mondo, ma fanno invece una colletta di solidarietà per quelli della Giudea, che sapevano ne sarebbero stati fortemente colpiti.

Mandano secondo le loro possibilità, non è un mettere in comune i beni, ma comunque una bella prova di solidarietà.

Le chiese grazie allo Spirito, al legame con gli apostoli, alla formazione e alla condivisione sono un’unica chiesa.

Primo viaggio missionario

La narrazione di Atti prosegue mostrando la persecuzione alla chiesa, che però non arresta l’espansione dell’evangelo. Ma anche la fine orribile di chi come Erode si è voluto paragonare a Dio.

Quello che vediamo adesso però è come prosegue l’attività di Barnaba e Paolo in quello che è definito il primo viaggio missionario partendo da Antiochia.

Se i viaggi di Paolo del libro degli Atti siano un resoconto dettagliato oppure un riassunto di molte iniziative lo lasciamo agli storici, c’è però un itinerario che viene seguito e come storico Luca rende l’idea di come si muovevano sulle rotte commerciali dell’antichità i missionari. Ed in effetti “pagano” per indicare chi non è cristiano deriva proprio da villaggio, in quanto l’evangelizzazione proseguiva di città in città e le campagne ne restavano un po’ fuori.

Atti 13:2-3 Mentre celebravano il culto del Signore e digiunavano, lo Spirito Santo disse: «Mettetemi da parte Barnaba e Saulo per l’opera alla quale li ho chiamati». Allora, dopo aver digiunato, pregato e imposto loro le mani, li lasciarono partire.

L’iniziativa è in Atti sempre dello Spirito. Anche per noi dovremmo ragionare in questa prospettiva spirituale. Non è una cosa semplice, però notate che qui c’è il culto come anche momento di ispirazione. E c’è il digiunare, probabilmente un momento intenso di preghiera, in cui non si ha tempo di mangiare.

Quindi c’è una riflessione comunitaria su come andare avanti come chiesa. E dagli Atti ci viene il messaggio che si va nel mondo per fare discepoli, per costituire chiese, che ciò ha un valore prioritario. Poi c’è anche la colletta e l’aiuto dei malati e bisognosi, che anche si vede.

Partono allora per Cipro. E si confrontano con un pagano, addirittura un proconsole.

Atti 13:6-12 Poi, attraversata tutta l’isola fino a Pafo, trovarono un tale, mago e falso profeta giudeo, di nome Bar-Gesù, il quale era con il proconsole Sergio Paolo, uomo intelligente. Questi, chiamati a sé Barnaba e Saulo, chiese di ascoltare la Parola di Dio. Ma Elima, il mago (questo è il significato del suo nome), faceva loro opposizione cercando di distogliere il proconsole dalla fede. Allora Saulo, detto anche Paolo, pieno di Spirito Santo, guardandolo fisso, gli disse: «O uomo pieno di ogni frode e di ogni malizia, figlio del diavolo, nemico di ogni giustizia, non cesserai mai di pervertire le rette vie del Signore? Ecco, ora la mano del Signore è su di te, e sarai cieco per un certo tempo, senza vedere il sole». In quell’istante, oscurità e tenebre piombarono su di lui; e andando qua e là cercava chi lo conducesse per la mano. Allora il proconsole, visto quello che era accaduto, credette, colpito dalla dottrina del Signore.

L’evangelo non è magico. Ma non sopporta i falsi profeti, maghi e via dicendo. Soprattuto in questo caso in cui il mago cerca di portare lontano dall’ascolto dall’evangelo il proconsole.

Il pagano però visto questa dimostrazione di potenza si converte. È interessante che le conversioni che seguono fra ebrei si basano invece sull’interpretazione della Scrittura. Il passo è quello che segue (si può salatare la lettura).

Atti 13:23-32 Dalla discendenza di lui, secondo la promessa, Dio ha suscitato a Israele un salvatore, Gesù. Giovanni, prima della venuta di lui, aveva predicato il battesimo del ravvedimento a tutto il popolo d’Israele. E quando Giovanni stava per concludere la sua missione disse: “Che cosa pensate voi che io sia? Io non sono il Messia; ma ecco, dopo di me viene uno al quale io non sono degno di slacciare i calzari”. Fratelli, figli della discendenza di Abraamo, e tutti voi che avete timor di Dio, a noi è stata mandata la Parola di questa salvezza. Infatti gli abitanti di Gerusalemme e i loro capi non hanno riconosciuto questo Gesù e, condannandolo, adempirono le dichiarazioni dei profeti che si leggono ogni sabato. Benché non trovassero in lui nulla che fosse degno di morte, chiesero a Pilato che fosse ucciso. Dopo aver compiuto tutte le cose che erano scritte di lui, lo trassero giù dal legno e lo deposero in un sepolcro. Ma Dio lo risuscitò dai morti; e per molti giorni egli apparve a quelli che erano saliti con lui dalla Galilea a Gerusalemme, i quali ora sono suoi testimoni davanti al popolo. E noi vi portiamo il lieto messaggio

La questione dei pagani nella chiesa è di nuovo sottolineata dalla fine di questo passo. C’è sempre prima un’evangelizzazione per gli ebrei, nella sinagoga, poi l’espansione ai pagani. Però gli ebrei, anche numerosi in alcuni luoghi, che si convertono a Gesù Cristo, sono in qualche modo anche la base poi per una retta interpretazione del messaggio cristiano, che è fondato sull’Antico Testamento.

Atti 13:42-48 Mentre uscivano, furono pregati di parlare di quelle medesime cose il sabato seguente. Dopo che la riunione si fu sciolta, molti Giudei e proseliti pii seguirono Paolo e Barnaba; i quali, parlando loro, li convincevano a perseverare nella grazia di Dio. Il sabato seguente quasi tutta la città si radunò per udire la Parola del Signore. Ma i Giudei, vedendo la folla, furono pieni di invidia e, [opponendosi e ] bestemmiando, contraddicevano le cose dette da Paolo. Ma Paolo e Barnaba dissero con franchezza: «Era necessario che a voi per primi si annunciasse la Parola di Dio; ma poiché la respingete e non vi ritenete degni della vita eterna, ecco, ci rivolgiamo agli stranieri. Così infatti ci ha ordinato il Signore, dicendo: “Io ti ho posto come luce dei popoli, perché tu porti la salvezza fino alle estremità della terra”. Gli stranieri, udendo queste cose, si rallegravano e glorificavano la Parola del Signore; e tutti quelli che erano ordinati a vita eterna, credettero.

Fra i pagani però, come a Listra, succede qualcosa di particolare con i miracoli.

Atti 14:11-15 La folla, veduto ciò che Paolo aveva fatto, alzò la voce, dicendo in lingua licaonica: «Gli dèi hanno preso forma umana e sono scesi fino a noi». E chiamavano Barnaba, Giove e Paolo, Mercurio, perché era lui che teneva il discorso. Il sacerdote di Giove, il cui tempio era all’entrata della [loro] città, condusse davanti alle porte tori e ghirlande e voleva offrire un sacrificio con la folla. Ma gli apostoli Barnaba e Paolo, udito ciò, si strapparono le vesti e balzarono in mezzo alla folla, gridando: «Uomini, perché fate queste cose? Anche noi siamo esseri umani come voi; e vi predichiamo che da queste vanità vi convertiate al Dio vivente, che ha fatto il cielo, la terra, il mare e tutte le cose che sono in essi.

Chi fa il guaritore anche moderno anche in chiese evangeliche dovrebbe stare molto attento a che si rimanga su un piano di sobrietà e di uguaglianza con gli altri credenti. Questo vale anche per i pastori, per teologi, ma soprattutto per coloro che per carisma (parola cristiana) possono esercitare una funzione di guida, anche per chi vi si affida senza alcun senso critico.

La conferenza di Gerusalemme

Si ripropone un problema già affrontato, ma ovviamente in veste nuova. Quando un problema è sentito spesso non si arriva ad una conclusione subito, ma ci sono discussioni che proseguono.

Il primo interesse del passo di oggi relativo alla cosiddetta “conferenza di Gerusalemme” è storico. Abbiamo infatti a distanza di anni anche un resoconto di Paolo nella lettera ai Galati che ne riferisce.

Solo per breve citazione:

Galati 2:1-16 Poi, trascorsi quattordici anni, salii di nuovo a Gerusalemme con Barnaba, prendendo con me anche Tito. Vi salii in seguito a una rivelazione, ed esposi loro il vangelo che annuncio fra gli stranieri; ma lo esposi privatamente a quelli che sono i più stimati, per il timore di correre o di aver corso invano. Ma neppure Tito, che era con me, ed era greco, fu costretto a farsi circoncidere. Anzi, proprio a causa di intrusi, falsi fratelli, infiltratisi di nascosto tra di noi per spiare la libertà che abbiamo in Cristo Gesù, con l’intenzione di renderci schiavi, noi non abbiamo ceduto alle imposizioni di costoro neppure per un momento, affinché la verità del vangelo rimanesse salda tra di voi. Ma quelli che godono di particolare stima (quello che possono essere stati, a me non importa; Dio non ha riguardi personali), quelli, dico, che godono di maggiore stima non m’imposero nulla; anzi, quando videro che a me era stato affidato il vangelo per gli incirconcisi, come a Pietro per i circoncisi (perché colui che aveva operato in Pietro per farlo apostolo dei circoncisi aveva anche operato in me per farmi apostolo degli stranieri), riconoscendo la grazia che mi era stata accordata, Giacomo, Cefa e Giovanni, che sono reputati colonne, diedero a me e a Barnaba la mano destra in segno di comunione perché andassimo noi agli stranieri, ed essi ai circoncisi; soltanto ci raccomandarono di ricordarci dei poveri, come ho sempre cercato di fare.

Ma quando Cefa venne ad Antiochia, gli resistei in faccia perché era da condannare. Infatti, prima che fossero venuti alcuni da parte di Giacomo, egli mangiava con persone non giudaiche; ma quando quelli furono arrivati, cominciò a ritirarsi e a separarsi per timore dei circoncisi. E anche gli altri Giudei si misero a simulare con lui; a tal punto che perfino Barnaba fu trascinato dalla loro ipocrisia. Ma quando vidi che non camminavano rettamente secondo la verità del vangelo, dissi a Cefa in presenza di tutti: «Se tu, che sei giudeo, vivi alla maniera degli stranieri e non dei Giudei, come mai costringi gli stranieri a vivere come i Giudei?»

Noi Giudei di nascita, non stranieri peccatori, sappiamo che l’uomo non è giustificato per le opere della legge, ma soltanto per mezzo della fede in Cristo Gesù, e abbiamo anche noi creduto in Cristo Gesù per essere giustificati dalla fede in Cristo e non dalle opere della legge; perché dalle opere della legge nessuno sarà giustificato.

Il racconto del confronto con questi cristiani legalisti, in Atti inizia con alcuni venuti dalla Giudea. Già questo inizio potrebbe far supporre che la chiesa di Gerusalemme li avesse mandati.

Vedremo che alla fine si afferma che no sono stati mandati dai capi (le colonne) di Gerusalemme.

Atti 15:1-29 Alcuni, venuti dalla Giudea, insegnavano ai fratelli, dicendo: «Se voi non siete circoncisi secondo il rito di Mosè, non potete essere salvati». E siccome Paolo e Barnaba dissentivano e discutevano vivacemente con loro, fu deciso che Paolo, Barnaba e alcuni altri fratelli salissero a Gerusalemme dagli apostoli e anziani per trattare la questione. Essi dunque, accompagnati per un tratto dalla chiesa, attraversarono la Fenicia e la Samaria, raccontando la conversione degli stranieri e suscitando grande gioia in tutti i fratelli.

Poi, giunti a Gerusalemme, furono accolti dalla chiesa, dagli apostoli e dagli anziani e riferirono le grandi cose che Dio aveva fatte per mezzo di loro. Ma alcuni della setta dei farisei, che erano diventati credenti, si alzarono dicendo: «Bisogna circonciderli e comandare loro di osservare la legge di Mosè».

Allora gli apostoli e gli anziani si riunirono per esaminare la questione. Ed essendone nata una vivace discussione, Pietro si alzò in piedi e disse: «Fratelli, voi sapete che dall’inizio Dio scelse tra voi me, affinché dalla mia bocca gli stranieri udissero la Parola del vangelo e credessero. E Dio, che conosce i cuori, rese testimonianza in loro favore, dando lo Spirito Santo a loro, come a noi; e non fece alcuna discriminazione fra noi e loro, purificando i loro cuori mediante la fede. Or dunque perché tentate Dio mettendo sul collo dei discepoli un giogo che né i padri nostri né noi siamo stati in grado di portare? Ma noi crediamo che siamo salvati mediante la grazia del Signore Gesù allo stesso modo di loro».

Tutta l’assemblea tacque e stava ad ascoltare Barnaba e Paolo, che raccontavano quali segni e prodigi Dio aveva fatti per mezzo di loro tra i pagani.

Quando ebbero finito di parlare, Giacomo prese la parola e disse: «Fratelli, ascoltatemi: Simone ha riferito come Dio all’inizio ha voluto scegliersi tra gli stranieri un popolo consacrato al suo nome. E con ciò si accordano le parole dei profeti, come sta scritto: “Dopo queste cose ritornerò e ricostruirò la tenda di Davide, che è caduta; e restaurerò le sue rovine e la rimetterò in piedi, affinché il rimanente degli uomini e tutte le nazioni, su cui è invocato il mio nome, cerchino il Signore, dice il Signore che fa queste cose, a lui note fin dall’eternità”. Perciò io ritengo che non si debba turbare gli stranieri che si convertono a Dio; ma che si scriva loro di astenersi dalle cose contaminate nei sacrifici agli idoli, dalla fornicazione, dagli animali soffocati e dal sangue. Perché Mosè fin dalle antiche generazioni ha in ogni città chi lo predica nelle sinagoghe, dove viene letto ogni sabato».

Allora parve bene agli apostoli e agli anziani con tutta la chiesa, di scegliere tra di loro alcuni uomini da mandare ad Antiochia con Paolo e Barnaba: Giuda, detto Barsabba, e Sila, uomini autorevoli tra i fratelli. E consegnarono loro questa lettera: «Gli apostoli e i fratelli anziani, ai fratelli di Antiochia, di Siria e di Cilicia che provengono dal paganesimo, salute. Abbiamo saputo che alcuni fra noi, partiti senza nessun mandato da parte nostra, vi hanno turbato con i loro discorsi, sconvolgendo le anime vostre. È parso bene a noi, riuniti di comune accordo, di scegliere degli uomini e di mandarveli insieme ai nostri cari Barnaba e Paolo, i quali hanno messo a repentaglio la propria vita per il nome del Signore nostro Gesù Cristo. Vi abbiamo dunque inviato Giuda e Sila; anch’essi vi riferiranno a voce le medesime cose. Infatti è parso bene allo Spirito Santo e a noi di non imporvi altro peso all’infuori di queste cose, che sono necessarie: astenervi dalle carni sacrificate agli idoli, dal sangue, dagli animali soffocati e dalla fornicazione; da queste cose farete bene a guardarvi. State sani».

In Galati non appare nessuna clausola! Per alcuni sono due episodi distinti.

Pietro cita in fondo la conversione di Cornelio, narrata in Atti 10.

L’intervento di Giacomo è però decisivo. Giacomo, uno dei fratelli del Signore, è in effetti considerato una delle colonne, uno dei capi della chiesa. In più da quello che si sa sembra rappresentare in effetti l’ala dei giudeo-cristiani. Cita comunque Amos 9:11 (nella versione greca dei LXX, però non ha lo stesso significato in quella masoretica) e l’idea universalistica di Israele come popolo che porta la conoscenza del Signore nel mondo. C’è dunque tutto un filone, che non si esaurisce ad una citazione, che parla dei pagani e della loro inclusione nella salvezza. Però, sotto, c’è anche un’altra questione.

Regole alimentari

Le regole proposta da Giacomo viene dal Levitico 17,18 che si riferisce agli stranieri residenti. Infatti, il problema della purità permane per quei giudeo-cristiani che si debbono sedere a tavola con altri cristiani. Non è così semplice. L’apostolo Paolo ritornerà, per questo a parlarne nella I Corinzi al capitolo 8. In Atti però non appare questa questione (ma in parte è apparsa con il rimprovero a Pietro subito dopo il “Concilio” di Gerusalemme.).

Qui si solleva il problema di una convivenza in presenza di convinzioni profonde, ma diverse fra cristiani. L’apostolo Paolo ne sarà stato d’accordo oppure è contro?

Regolamenti

È da osservare come la decisione sia formale (o almeno in un certo senso antico) da parte della dirigenza riunita in assemblea. Non sono solo alcuni “sentito dire”, ma c’è una vera lettera per le chiese che hanno questo problema.

Lo osservo perché a volte siamo un po’ allergici ai regolamenti, come se fossero un di più moderno rispetto alle chiese antiche, che invece conoscevano procedure formali, come si evince da Atti no solo qui.

Paolo dagli ateniesi

Nel secondo viaggio missionario di Paolo e dei suoi aiutanti, finalmente passano in Europa. Qualcosa di simbolico non solo per noi moderni. Saltando ciò che accadde a Filippi, leggiamo quanto riportato per la visita di Paolo ad Atene. Principale città dei greci, anche se con molta concorrenza, era la città culturalmente più avanzata del tempo ed anche dopo la conquista romana, aveva questo primato, riconosciuto anche da tutti gli antichi romani.

Dunque, troviamo una città viva e curiosa. Oltre che piena di idoli, statue e templi pagani. Infatti:

Atti 17:16-34 Mentre Paolo li aspettava ad Atene, lo spirito gli s’inacerbiva dentro nel vedere la città piena di idoli. Frattanto discorreva nella sinagoga con i Giudei e con le persone pie; e sulla piazza, ogni giorno, con quelli che vi si trovavano. E anche alcuni filosofi epicurei e stoici conversavano con lui. Alcuni dicevano: «Che cosa dice questo ciarlatano?» E altri: «Egli sembra essere un predicatore di divinità straniere», perché annunciava Gesù e la risurrezione.

Il cristiano di origine ebraica non poteva certo sopportare tranquillamente tutto questo sfarzo idolatra. Eppure sa che la loro cultura è quella e quindi discorre e prova a parlare di Gesù Cristo. Anzi lo annuncia e ne annuncia la resurrezione. Ma da come è messa la frase sembra che i suoi interlocutori pensino a due divinità: “Gesù” e “Resurrezione”.

La loro curiosità per queste divinità straniere è dovuta sia al carattere sincretista pagano, sia alla brama di novità che sembra esserci in città. Infatti:

Presolo con sé, lo condussero su nell’Areòpago, dicendo: «Potremmo sapere quale sia questa nuova dottrina che tu proponi? Poiché tu ci fai sentire cose strane. Noi vorremmo dunque sapere che cosa vogliono dire queste cose». Or tutti gli Ateniesi e i residenti stranieri non passavano il loro tempo in altro modo che a dire o ad ascoltare novità.

Ecco dunque che Luce sottolinea proprio questo aspetto di una città diciamo intellettuale in cui tutti parlano di filosofie e divinità (non così distinti in quell’epoca) e soprattutto da questa brama di novità.

E Paolo, stando in piedi in mezzo all’Areòpago, disse: «Ateniesi, vedo che sotto ogni aspetto siete estremamente religiosi. Poiché, passando e osservando gli oggetti del vostro culto, ho trovato anche un altare sul quale era scritto: “Al dio sconosciuto”. Orbene, ciò che voi adorate senza conoscerlo, io ve lo annuncio.

Paolo inizia allora il suo discorso con una “captatio benevolentiae” come i retori classici, però indica una strada a tutti coloro che vogliano annunciare l’evangelo. Non dice che sono degli idolatri che si devono pentire. Prima di tutto quella è la cultura in cui sono nati e vissuti, inoltre è vero che sono religiosi. Ed in effetti i primi cristiani sembravano a loro poco religiosi. Anzi, tutta la vita del pagano era piena di riferimenti religiosi essendoci una divnità per ogni azione si dovesse fare…

Dunque inizia in modo che essi possano capirlo e prende sul serio i sui interlocutori.

Il Dio che ha fatto il mondo e tutte le cose che sono in esso, essendo Signore del cielo e della terra, non abita in templi costruiti da mani d’uomo; e non è servito dalle mani dell’uomo, come se avesse bisogno di qualcosa; lui, che dà a tutti la vita, il respiro e ogni cosa. Egli ha tratto da uno solo tutte le nazioni degli uomini perché abitino su tutta la faccia della terra, avendo determinato le epoche loro assegnate e i confini della loro abitazione, affinché cerchino Dio, se mai giungano a trovarlo, come a tastoni, benché egli non sia lontano da ciascuno di noi. Difatti in lui viviamo, ci muoviamo e siamo, come anche alcuni vostri poeti hanno detto: “Poiché siamo anche sua discendenza”. Essendo dunque discendenza di Dio, non dobbiamo credere che la divinità sia simile a oro, ad argento, o a pietra scolpita dall’arte e dall’immaginazione umana.

La prima parte del discorso è una introduzione che potrebbe sembrare portare ad una teologia naturale. Non sarà così, ma certamente come inizio costituisce un ponte con la mentalità pagana. La teologia naturale, detta in maniera semplice, è quella che incontriamo spesso: guardo la grandezza del cosmo, la perfezione della Natura e mi chiedo chi sia il dio che l’abbia creata oppure chi sia il divino che la alimenta. Ciò però non porta ad una vera conoscenza di Dio che si ha solo con la rivelazione di Gesù Cristo. Attenzione infatti a non confondere il Creatore con il dio dedotto dalla Natura. Infatti, subito dopo l’apostolo dice che il Signore che annuncia non ha bisogno di templi, sottolinea che non si deve “umanizzare” Dio.

Il secondo punto è che da questa visione si passa presto a dubitare del Signore quando ci sono catastrofi e problemi. Perché la Creazione non è perfetta come Dio l’ha creata, ma inquinata dal peccato umano…

Una cosa però riconosce ai suoi ascoltatori: che sono in ricerca. La domanda è sono in ricerca di una novità dopo l’altra oppure sono in ricerca della verità?

Dio dunque, passando sopra i tempi dell’ignoranza, ora comanda agli uomini che tutti, in ogni luogo, si ravvedano, perché ha fissato un giorno nel quale giudicherà il mondo con giustizia per mezzo dell’uomo che egli ha stabilito, e ne ha dato sicura prova a tutti risuscitandolo dai morti».

Due cose sostanzialmente dice l’apostolo: 1) la vostra vita così non va, dovete cambiare, ravvedervi; perché ci sarà giustizia 2) la prova di questo è il risuscitare dai morti Gesù.

Cioè quella che è la speranza cristiana diviene motivo di ravvedimento.

Ed è qui che si va oltre la teologia naturale, la resurrezione non è qualcosa di naturale, non fa parte del cerchio della vita, né di tante belle cose naturali…

Ed ecco quindi l’epilogo:

Quando sentirono parlare di risurrezione dei morti, alcuni se ne beffavano; e altri dicevano: «Su questo ti ascolteremo un’altra volta». Così Paolo uscì di mezzo a loro. Ma alcuni si unirono a lui e credettero; tra i quali anche Dionisio l’areopagita, una donna chiamata Damaris e altri con loro.

Alcuni si beffano di lui, altri sono solo più educati, c’è sempre tempo per loro per esaminare una questione del genere, ma altri credettero.

In fondo molte volte sperimentiamo lo stesso percorso. Che bello la saggezza antica e spirituale delle chiese, che belle preghiere o icone, poi ti chiedono: ma come tu credi alla resurrezione?

Apollo e altri

La storia degli Atti degli apostoli segue nella seconda parte soprattutto l’apostolo Paolo. Però compaiono degli altri cristiani. Ad esempio Aquila e Priscilla che vengono da Roma e sono già cristiani.

Atti 18:1-3 Dopo questi fatti egli lasciò Atene e si recò a Corinto. Qui trovò un Giudeo, di nome Aquila, oriundo del Ponto, giunto di recente dall’Italia insieme con sua moglie Priscilla, perché Claudio aveva ordinato a tutti i Giudei di lasciare Roma. Egli si unì a loro. Essendo del medesimo mestiere, andò ad abitare e a lavorare con loro. Infatti, di mestiere, erano fabbricanti di tende.

Svetonio in Vite dei Cesari riporta questo episodio riferito all’imperatore Claudio: “Dato che i Giudei, istigati da Cresto (sic), provocavano costantemente dei tumulti, li espulse da Roma

Qui veniamo a asapere dunque che i cristiani sono già da altre parti dell’Impero romano. Ma che caratteristiche hanno questi cristiani? Ecco che un altro personaggio ci fa riflettere.

Atti 18:24-28 Ora un Giudeo di nome Apollo, oriundo di Alessandria, uomo eloquente e versato nelle Scritture, arrivò a Efeso. Egli era stato istruito nella via del Signore; ed essendo fervente di spirito, annunciava e insegnava accuratamente le cose relative a Gesù, benché avesse conoscenza soltanto del battesimo di Giovanni. Egli cominciò pure a parlare con franchezza nella sinagoga. Ma Priscilla e Aquila, dopo averlo udito, lo presero con loro e gli esposero con più esattezza la via. Poi, siccome voleva andare in Acaia, i fratelli lo incoraggiarono e scrissero ai discepoli di accoglierlo. Giunto là, egli fu di grande aiuto a quelli che avevano creduto mediante la grazia di Dio, perché con gran vigore confutava pubblicamente i Giudei, dimostrando con le Scritture che Gesù è il Cristo.

Apollo, probabilmente abbreviazione di Apollonio, viene da Alessandria d’Egitto e quindi da un centro culturale di prim’ordine, in cui aveva anche insegnato Filone. Dunque Apollo è un ebreo ben preparato, eloquente e con conoscenza approfondita della Scrittura (dunque in quel tempo di quello che diciamo l’Antico Testamento).

Conosceva la via, era fervente di spirito, ma conosceva solo il battesimo di Giovanni. Già da altre parti, ad esempio nell’episodio ci Cornelio, abbiamo visto che il battesimo giunge dopo lo Spirito.

Possiamo osservare due cose. 1) ricevere il battesimo di Gesù è qualcosa di giudicato necessario dai cristiani, anche se c’è già l’invio dello Spirito. Una sorta di ubbidienza per l’integrazione nella chiesa di Cristo. 2) C’ differenza fra battesimo di Giovanni e battesimo cristiano.

Sappiamo che la differenza era in quello di Giovanni un manifestare ravvedimento e il battesimo era anche ripetuto varie volte nella vita. Per quello di Gesù è la nascita a nuova vita per grazia di Dio e quindi non si ripete.

Alcuni hanno ipotizzato che ci fossero delle tendenze gnostiche ad Alessandria e quindi il battesimo, che riguarda il corpo, fosse una cerimonia che negava il dualismo gnostico. Oppure, come potrebbe essere dall’episodio seguente, c’era come una chiesa giovannea.

Atti 19:1-7 Mentre Apollo era a Corinto, Paolo, dopo aver attraversato le regioni superiori del paese, giunse a Efeso e vi trovò alcuni discepoli. Egli disse loro: «Riceveste lo Spirito Santo quando credeste?» Gli risposero: «Non abbiamo neppure sentito dire che ci sia lo Spirito Santo». Egli disse: «Con quale battesimo siete dunque stati battezzati?» Essi risposero: «Con il battesimo di Giovanni». Paolo disse: «Giovanni battezzò con il battesimo di ravvedimento, dicendo al popolo di credere in colui che veniva dopo di lui, cioè in Gesù». Udito questo, furono battezzati nel nome del Signore Gesù; e, avendo Paolo imposto loro le mani, lo Spirito Santo scese su di loro ed essi parlavano in lingue e profetizzavano. Erano in tutto circa dodici uomini.

Si vede dunque come ci sia una chiesa apostolica che però ha tante sfumature e una molteplicità di usi e origini. È chiaro che si tende a creare una comunità cristiana connessa, ma è anche chiaro che l’aspetto istituzionale è molto in là dal venire.

Le citazioni di Apollo e di Aquila e Priscilla (detta solo Prisca) sono presenti in I Corinzi. Apollo anche in Tito.

I Corinzi 3:4-7 Quando uno dice: «Io sono di Paolo», e un altro: «Io sono di Apollo», non siete forse carnali? Che cos’è dunque Apollo? E che cos’è Paolo? Sono servitori, per mezzo dei quali voi avete creduto, così come il Signore ha concesso a ciascuno. Io ho piantato, Apollo ha annaffiato, ma Dio ha fatto crescere; quindi colui che pianta e colui che annaffia non sono nulla: Dio fa crescere!

I Corinzi 16:12 Quanto al fratello Apollo, io l’ho molto esortato a recarsi da voi con i fratelli; ma egli non ha alcuna intenzione di farlo adesso; verrà però quando ne avrà l’opportunità.

I Corinzi 16:19 Le chiese dell’Asia vi salutano. Aquila e Prisca, con la chiesa che è in casa loro, vi salutano molto nel Signore.

Interessi economici

È scritto che in Efeso l’apostolo Paolo si ferma due anni. Molti sono i discrosi e le cose che vi succedono. Vediamo due episodi legati -comunque- alla bramosia di denaro.

Il primo contrappone il “vero” esorcista (guaritore) Paolo ai falsi esorcisti, che ricorrono fra l’altro al nome di Gesù, per sentito dire (un po’ alla maniera pagana).

Atti 19:11-20 Dio intanto faceva miracoli straordinari per mezzo di Paolo; al punto che si mettevano sopra i malati dei fazzoletti e dei grembiuli che erano stati sul suo corpo, e le malattie scomparivano e gli spiriti maligni uscivano

Or alcuni esorcisti itineranti giudei tentarono anch’essi di invocare il nome del Signore Gesù su quelli che avevano degli spiriti maligni, dicendo: «Io vi scongiuro, per quel Gesù che Paolo annuncia». Quelli che facevano questo erano sette figli di un certo Sceva, giudeo, capo sacerdote. Ma lo spirito maligno rispose loro: «Conosco Gesù, e so chi è Paolo; ma voi chi siete?» E l’uomo che aveva lo spirito maligno si scagliò su tutti loro; e li trattò in modo tale che fuggirono da quella casa, nudi e feriti.

Questo fatto fu risaputo da tutti, Giudei e Greci, che abitavano a Efeso; e tutti furono presi da timore, e il nome del Signore Gesù era esaltato. Molti di quelli che avevano creduto venivano a confessare e a dichiarare le cose che avevano fatte. Fra quanti avevano esercitato le arti magiche, molti portarono i loro libri e li bruciarono in presenza di tutti; e, calcolatone il prezzo, trovarono che era di cinquantamila dramme d’argento. Così la Parola di Dio cresceva e si affermava potentemente.

Magia, esorcismi e gente che ci lucra! L’ambiente pagano popolare era pieno di imbonitori e pseudo-sacerdoti e via dicendo. Però spiriti maligni appaiono nel racconto e conoscono invece il nome di Gesù.

Noi, pur moderni, non dobbiamo subito tacciare questi episodi di invenzioni. Certo possiamo parlare di malattie psichiatriche, ma anche noi non conosciamo tutto. Ciò che sappiamo è che il Signore è superiore a tutte queste cose (come detto un po’ sopra).

Qui si deve anche capire però che sforzi deve fare la fede cristiana a smarcarsi da una idea magica. Qui, ad esempio, alcuni finalmente lasciano pratiche pagane, che mantenevano pur essendo divenuti cristiani.

Si deve riflettere che ancora oggi ci sia un atteggiamento del “questo funziona”, “questo è in relazione con il soprannaturale ci può essere utile”, che non è quello della conoscenza del reale del nome di Gesù, che significa una conoscenza personale di Gesù.

E forse il tema del non intervento di Dio in tutte le situazioni traumatiche e dolorose, il tema della , ha a che fare non solo con un alta teologia, ma con una bassa teologia popolare.

Qui ci sono anche in gioco i interessi economici dei falsi guaritori, e nel secondo episodio ci sono quelli degli artigiasni di oggetti votivi. Sono quelli per Aretemide (per i latini Diana, come è qui resa nel testo) la dea vergine, che s’invocava per la fertilità.

Ci sono alcune cose poco comprensibili nel racconto, che però non ne minano il senso.

Atti 19:23-41 In quel periodo vi fu un gran tumulto a proposito della nuova Via. Perché un tale, di nome Demetrio, orefice, che faceva tempietti di Diana in argento, procurava non poco guadagno agli artigiani. Riuniti questi e gli altri che esercitavano il medesimo mestiere, disse: «Uomini, voi sapete che da questo lavoro proviene la nostra prosperità; e voi vedete e udite che questo Paolo ha persuaso e sviato molta gente non solo a Efeso, ma in quasi tutta l’Asia, dicendo che quelli costruiti con le mani non sono dèi. Non solo vi è pericolo che questo ramo della nostra arte cada in discredito, ma che anche il tempio della grande dea Diana non conti più, e che sia perfino privata della sua maestà colei che tutta l’Asia e il mondo adorano». Essi, udite queste cose, accesi di sdegno, si misero a gridare: «Grande è la Diana degli Efesini!»

E la città fu piena di confusione; e trascinando con sé a forza Gaio e Aristarco, macedoni, compagni di viaggio di Paolo, si precipitarono tutti d’accordo verso il teatro. Paolo voleva presentarsi al popolo, ma i discepoli glielo impedirono. Anche alcuni magistrati dell’Asia, che gli erano amici, mandarono a pregarlo di non avventurarsi nel teatro. Intanto, chi gridava una cosa, chi un’altra; infatti l’assemblea era confusa; e i più non sapevano per quale motivo si fossero riuniti. Dalla folla fecero uscire Alessandro, che i Giudei spingevano avanti. E Alessandro, fatto cenno con la mano, voleva tenere un discorso di difesa davanti al popolo. Ma quando si accorsero che era giudeo, tutti, per quasi due ore, si misero a gridare in coro: «Grande è la Diana degli Efesini!»

Allora il segretario, calmata la folla, disse: «Uomini di Efeso, c’è forse qualcuno che non sappia che la città degli Efesini è la custode del tempio della grande Diana e della sua immagine caduta dal cielo? Queste cose sono incontestabili; perciò dovete calmarvi e non fare nulla in modo precipitoso; voi infatti avete condotto qua questi uomini, i quali non sono né sacrileghi né bestemmiatori della nostra dea. Se dunque Demetrio e gli artigiani che sono con lui hanno qualcosa contro qualcuno, ci sono i tribunali e ci sono i proconsoli: si facciano citare gli uni e gli altri. Se poi volete ottenere qualcos’altro, la questione si risolverà in un’assemblea regolare. Infatti corriamo il rischio di essere accusati di sedizione per la riunione di oggi, non essendovi ragione alcuna con la quale poter giustificare questo tumulto». Detto questo, sciolse l’assemblea.

L’atteggiamento di fare tutto secondo la legalità è confermato da quanto conosciamo specie di quei tempi sul comportamento dei magistrati romani. Traiano (imperatore dal 98 al 117) scrive che “essere cristiani” non è un motivo valido per una condanna, serve un reato.

Efeso è molto particolare, il Concilio di Efeso decreta contro Nestorio l’appellativo di “madre di Dio” per Maria. Il culto mariano nasce ad Efeso. Prima basilica della storia nel V secolo consacrata a Maria.

Comunque, nonostante tutto, ci fa riflettere come alcuni usi, convenienze ed anche aspetti di potere, nella storia della chiesa, abbiano pesantemente condizionato il fede cristiana.

Incoraggiare le comunità

Gli episodi che seguono nel libro degli Atti sono come una serie di discorsi di addio dell’apostolo Paolo, che non ritornerà più da quelle parti. Andrà infatti prima a Gerusalemme per portare la colletta e lì sarà arrestato. Dopo una serie di discorsi e di giudizi verrà poi inviato a Roma come prigioniero.

Il lungo viaggio di avvicinamento a Gerusalemme, in cui esorta e incoraggia le comunità, lo porta a Troas in Macedonia. Questo viaggio un po’ abbreviato sarebbe compatibile con quanto sappiamo dalle lettere di Paolo ai Corinti.

È scritto però che il viaggio li porta da Filiipi a Troas, perché qui troviamo uno di quei brani con il “noi” che sono in Atti.

In effetti già c’erano dei brani con il noi. Nell’interpretazione tradizionale Luca, l’autore, sarebbe stato anche compagno di Paolo almeno in alcune circostanze, e per modestia non abbia messo il suo nome. Vari studiosi moderni criticano questa interpretazione sostenendo che Luca sembra ignorare alcuni temi delle lettere di Paolo e propendono per una fonte più antica, che Luca avrebbe inserito senza modificare il “noi” o, addirittura, per un artificio letterario, di cui non si comprende perché sia solo in alcuni passi e non sempre.

Fra chi difende la tesi tradizionale c’è la menzione del versetto: Colossesi 4:14 Vi salutano Luca, il caro medico.

Atti 20:7-12 Il primo giorno della settimana, mentre eravamo riuniti per spezzare il pane, Paolo, dovendo partire il giorno seguente, parlava ai discepoli, e prolungò il discorso fino a mezzanotte.

Nella sala di sopra, dove eravamo riuniti, c’erano molte lampade; un giovane di nome Eutico, che stava seduto sul davanzale della finestra, fu colto da un sonno profondo, poiché Paolo tirava in lungo il suo dire; egli, sopraffatto dal sonno, precipitò giù dal terzo piano e venne raccolto morto. Ma Paolo scese, si gettò su di lui e, abbracciatolo, disse: «Non vi turbate, perché la sua anima è in lui». Poi risalì, spezzò il pane e prese cibo; e dopo aver ragionato lungamente sino all’alba, partì. Il giovane fu ricondotto vivo, ed essi ne furono oltremodo consolati.

Il primo giorno della settimana sarebbe la domenica nel calendario ebraico e qui si attesta dell’usanza di distanziarsi dagli ebrei fedeli alla sinagoga che avevano scacciato i cristiani.

C’è la Cena del Signore e c’è la predicazione lunga dell’apostolo Paolo. Lì ad un brano ironico, come ce ne sono nella Bibbia, segue la tragedia: il giovane è raccolto morto dopo la caduta.

Il miracoloso intervento di Paolo fa sì che ragiona fino all’alba con loro. Ciò ha un significato profondo. La chiesa lasciata sola dall’apostolo avrà vita nell’ascolto della Parola e con lo spezzare il pane. Le molte lampade mostrano la luce/vita che Eutico addormentandosi perde e finisce nelle tenebre, da cui sarà fatto risalire.

Poi Paolo va ad Efeso dove incontra gli anziani della chiesa (erano anziani nel senso di dirigenti, ma anche come dei primi convertiti). E qui li chiama vescovi, che significa sorvegliante, anche ispettore. È chiaro che qui non si hanno le caratteristiche successive assunte dai vescovi, specie dopo che divennero funzionari statali con Teodosio.

Abbiamo un vero e proprio discorso d’addio, di congedo verso tutte le chiese.

Atti 20:25-32 E ora, ecco, io so che voi tutti fra i quali sono passato predicando il regno non vedrete più la mia faccia. Perciò io vi dichiaro quest’oggi di essere puro del sangue di tutti; perché non mi sono tirato indietro dall’annunciarvi tutto il consiglio di Dio. Badate a voi stessi e a tutto il gregge, in mezzo al quale lo Spirito Santo vi ha costituiti vescovi, per pascere la chiesa di Dio, che egli ha acquistata con il proprio sangue.

Io so che dopo la mia partenza si introdurranno fra di voi lupi rapaci, i quali non risparmieranno il gregge; e anche tra voi stessi sorgeranno uomini che insegneranno cose perverse per trascinarsi dietro i discepoli. Perciò vegliate, ricordandovi che per tre anni, notte e giorno, non ho cessato di ammonire ciascuno con lacrime.

E ora vi affido a Dio e alla Parola della sua grazia, la quale può edificarvi e darvi l’eredità di tutti i santificati.

“Annunciarvi tutto il consiglio di Dio”, dice che non ci sono cose esoteriche, come quelle che verranno poi ad annunciare altri. In effetti i concetti apocrifi venivano introdotti dicendo che c’erano ancora cose segrete da conoscere. Si potrebbe anche ragionare sul fatto che non ci può essere una doppia verità quella verso gli iniziati e quella verso gli esterni.

I vescovi di Efeso sono poi paragonati ai pastori del gregge. Si riprende questa immagine usata anche da Gesù e comune in quei tempi. Proprio per questo una tradizione protestante si riferisce ai pastori delle chiese anche come vescovi, avendo ridotto la diocesi ad una comunità e riportato al livello dei primi tempi il loro ruolo.

Si noti anche che l’espressione “chiesa di Dio” è presente altrove solo nelle lettere di Paolo.

Dunque, Paolo partendo per sempre, si propone come esempio di conduttore della chiesa, in analogia al Cristo con il suo gregge, e indica agli anziani questa via per essere fedeli alla Parola e alla cura delle chiese. In questo modo le chiese sono incoraggiate e sostenute, anche se parte l’apostolo che le ha fondate.

Paolo in prigionia

Paolo finalmente giunge a Gerusalemme e viene informato che dato che faceva allontanare dall’ebraismo “i giudei che erano fra i pagani” e che disconosceva il valore della legge mosaica (che è piuttosto vero, fra l’altro) lo vogliono uccidere.

Dunque gli consigliano di radersi con altri quattro e di far vedere che entra nel Tempio come pio ebreo. Sembra un trucco o forse Paolo non era ancora così lontano dall’ebraismo come ce lo siamo immaginato? (Sanders pensa che si possa interpretare anche le lettere in questo senso. Però rimangono delle pagine molto forti contro certe usanze e teologie farisaiche).

Comunque questo non lo salva da una folla inferocita che vuole linciarlo e lo salvano solo il tribuno della coorte con i suoi soldati. Il tribuno visto che gli si rivolge in greco lo fa parlare e Paolo fa un lungo discorso in ebraico alla folla ripetendo la sua esperienza sulla via di Damasco di aver conosciuto Gesù Nazareno risorto. Poi arriva a quando recupera la vista e viene inviato da Dio ai popoli, cioè alle nazioni non ebraiche. Qui la folla inveisce e vuole portarlo a morte. Sembra proprio che sia questo nazionalismo il vero problema.

I romani lo prendono allora e vogliono torturarlo per sapere di cosa realmente lo accusi la folla. Non pensano sia solo un problema teologico (non siamo ancora a quella visione medioevale di roghi per le idee). Qui viene il colpo di scena.

Atti 22:25-29 Quando lo ebbero disteso e legato con le cinghie, Paolo disse al centurione che era presente: «Vi è lecito flagellare un cittadino romano, che non è stato ancora condannato?» Il centurione, udito questo, andò a riferirlo al tribuno, dicendo: «Che stai per fare? Quest’uomo è romano!» Il tribuno andò da Paolo e gli chiese: «Dimmi, sei romano?» Ed egli rispose: «Sì». Il tribuno replicò: «Io ho acquistato questa cittadinanza per una grande somma di denaro». E Paolo disse: «Io, invece, l’ho di nascita». Allora quelli che stavano per sottoporlo a interrogatorio si ritirarono subito da lui; e anche il tribuno, sapendo che egli era romano, ebbe paura perché l’aveva fatto legare.

I romani vogliono vederci più chiaro, di cosa si sarebbe reso colpevole Paolo? E il percorso lo porta dinnanzi ai membri del Sinedrio (come ripercorrere in certo modo il cammino Gesù).

Qui Paolo parla sinceramente, ma anche con una certa furbizia politica.

Atti 23:6-9 Ora Paolo, sapendo che una parte dell’assemblea era composta di sadducei e l’altra di farisei, esclamò nel sinedrio: «Fratelli, io sono fariseo, figlio di farisei; ed è a motivo della speranza e della risurrezione dei morti che sono chiamato in giudizio». Appena ebbe detto questo, nacque contesa tra i farisei e i sadducei, e l’assemblea si trovò divisa. Perché i sadducei dicono che non vi è risurrezione, né angelo né spirito, mentre i farisei affermano tutte queste cose. Ne nacque un grande clamore; e alcuni scribi del partito dei farisei, alzatisi, protestarono dicendo: «Non troviamo nulla di male in quest’uomo; e se gli avesse parlato uno spirito o un angelo?

Però quaranta si votano alla morte di Paolo e il figlio della sorella di Paolo avverte di questo il tribuno che fa trasferire notte tempo Paolo a Cesarea, che scrive al governatore che era cittadino romano e “(Atti 23:29) Ho trovato che era accusato per questioni relative alla loro legge, ma che non era incolpato di nulla che fosse meritevole di morte o di prigione.”

Però il governatore Felice lo trattiene, lasciandogli una certa libertà, in prigionia per due anni sia per far piacere agli ebrei sia, come nota Luca, soprattutto sperando che Paolo gli dia del denaro per essere liberato. Felice l’invita a parlare e lo ascolta con la moglie, ma Paolo non si frena nel parlare di giustizia a questo ingiusto governatore.

Arriva poi un nuovo governatore, Festo, che vorrebbe farlo di nuovo processare a Gerusalemme dal Sinedrio, che gli ho ha chiesto. Paolo allora si appella, da cittadino romano, a Cesare (all’imperatore) perché dice di non aver fatto nulla di illegale (ed è vero secondo il diritto romano di allora).

In effetti, il nuovo governatore non trova accuse contro di lui. Anche il re Agrippa lo ascolterà concludendo che: (Atti 26:32) Agrippa disse a Festo: «Quest’uomo poteva essere liberato, se non si fosse appellato a Cesare».

Le difese di paolo sono interessanti, con i pagani sono un po’ differenti, perché c’è il rapporto con le autorità (che probabilmente Luca tiene presente anche per la sua generazione). Però si ha sempre uno schema ricorrente che ruota su un resoconto soggettivo della sua esperienza personale di conoscenza di Gesù, cioè l’esperienza del Cristo risorto come fondamento della propria testimonianza.

Questo ha costituito un precedente per la testimonianza di molti cristiani. Deve però essere personale e non stereotipata. Notiamo che Paolo: non ha trovato Gesù, ma Gesù lo ha trovato. Prima non dice che fosse infelice e nemmeno che dopo fosse felice e realizzato. Infatti i guai subiti sono per testimoniare il Signore. No c’è un auto-realizzazione o maggior forza e via dicendo dei moderni.

Infine Paolo è finalmente inviato a Roma. Finalmente perché sappiamo che lì voleva andare e che lo Spirito lo vuole portare. (Rom 1:15 “così, per quanto dipende da me, sono pronto ad annunciare il vangelo anche a voi che siete a Roma.”)

Atti 27:1-2 Quando fu deciso che noi salpassimo per l’Italia, Paolo con altri prigionieri furono consegnati a un centurione, di nome Giulio, della coorte Augusta. Saliti sopra una nave di Adramitto, che doveva toccare i porti della costa d’Asia, salpammo, avendo con noi Aristarco, un Macedone di Tessalonica.

Sarà un viaggio piuttosto lungo e avventuroso, fanno perfino naufragio vicino Malta. Poi finalmente giungono a Roma.

La fine del libro

Giungendo a Roma, Paolo e i suoi accompagnatori, vengono accolti sul tragitto da alcuni della chiesa di Roma, che gli vengono incontro. Poi Luca dà per scontato la presenza di fratelli e sorelle intorno a Paolo.

Atti 28:15-31 Ora i fratelli, avute nostre notizie, di là ci vennero incontro sino al Foro Appio e alle Tre Taverne; e Paolo, quando li vide, ringraziò Dio e si fece coraggio. E quando entrammo a Roma, a Paolo fu concesso di abitare per suo conto con un soldato di guardia.

Tre giorni dopo Paolo convocò i notabili fra i Giudei; e, quando furono riuniti, disse loro: «Fratelli, senza aver fatto nulla contro il popolo né contro i riti dei padri, fui arrestato a Gerusalemme e di là consegnato in mano ai Romani. Dopo avermi interrogato, essi volevano rilasciarmi perché non c’era in me nessuna colpa meritevole di morte. Ma i Giudei si opponevano, e io fui costretto ad appellarmi a Cesare, senza però avere nessuna accusa da portare contro la mia nazione. Per questo motivo dunque vi ho chiamati per vedervi e parlarvi; perché è a motivo della speranza d’Israele che sono stretto da questa catena». Ma essi gli dissero: «Noi non abbiamo ricevuto lettere dalla Giudea sul tuo conto, né è venuto qui alcuno dei fratelli a riferire o a dir male di te. Ma desideriamo sentire da te quel che tu pensi; perché, quanto a questa setta, ci è noto che dappertutto essa incontra opposizione». E, avendogli fissato un giorno, vennero a lui nel suo alloggio in gran numero; ed egli dalla mattina alla sera annunciava loro il regno di Dio, rendendo testimonianza e cercando di persuaderli, per mezzo della legge di Mosè e per mezzo dei profeti, riguardo a Gesù. Alcuni furono persuasi da ciò che egli diceva; altri invece non credettero. Essendo in discordia tra di loro se ne andarono, mentre Paolo pronunciava quest’unica sentenza: «Ben parlò lo Spirito Santo quando per mezzo del profeta Isaia disse ai vostri padri: “Va’ da questo popolo e di’: ‘Voi udrete e non comprenderete; guarderete e non vedrete; perché il cuore di questo popolo si è fatto insensibile, sono divenuti duri d’orecchi e hanno chiuso gli occhi, affinché non vedano con gli occhi e non odano con gli orecchi, non comprendano con il cuore, non si convertano e io non li guarisca’”. Sappiate dunque che questa salvezza di Dio è rivolta alle nazioni; ed esse presteranno ascolto».

E Paolo rimase due anni interi in una casa da lui presa in affitto, e riceveva tutti quelli che venivano a trovarlo, proclamando il regno di Dio e insegnando le cose relative al Signore Gesù Cristo con tutta franchezza e senza impedimento.

Qui si chiude il libro degli Atti con una fine per alcuni un po’ sospesa.

Notate che però teologicamente è conclusa da adesso in poi la predicazione sarà per le nazioni non più per gli ebrei che l’hanno rifiutata. (Anche se non c’è affatto una teoria si sostituzione o di fine delle promesse del popolo eletto fatte da cristiani molto posteriori). Si noti che non vengono citati i cristiani di Roma che già c’erano (e gli sono venuti incontro a Forappio e Tre Taverne), proprio perché interessa questo punto di scelta di alcuni che credono, ma altri che non credettero.

senza impedimento non è probabilmente solo un’osservazione legale, ma dice che lo Spirito santo manda avanti la predicazione nonostante tutti gli impedimenti umani.

Tutti si domandano perché il libro degli Atti finisca così.

Alcuni affermano che visto il discorso di addio agli anziani di Efeso, in cui Paolo scrive che non rivedranno più la sua faccia, Luca sapesse della fine di Paolo. Ed anche per molti come è scritto il libro sembra non così contemporaneo a Paolo. Allora: se Luca conosceva la fine da martire sotto Nerone di Paolo perché non ha descritto la sua fine? Forse per lasciare questa apertura verso il futuro della predicazione, e noi viviamo nei secoli con la conclusione aperta di Atti? Alcuni pensano che fosse nell’intenzione di Luca un terzo libro che iniziava proprio con il martirio di Paolo.

Oppure perché in realtà Paolo non era stato ancora martirizzato, anche se vengono citati quei due anni interi, che sembrano essere proprio il limite della situazione. Per questi c’è chi nota che potrebbe invece dopo due anni essere stato assolto e il martirio avvenire da libero come per i cristiani in Roma sotto Nerone. Ciò sposterebbe ancora più indietro la composizione del libro (e darebbe conto delle lettere pastorali, che per molti sono però apocrife).

Comunque sia, non possiamo che fare congetture, la predicazione di Paolo continua con franchezza e così siamo chiamati a fare anche noi, pur fra tutti pericoli che questo ci potrebbe esporre.

Alcune meditazioni sugli Atti degli apostoli