Nuovo Testamento

Ecco un’introduzione al Nuovo Testamento, nel senso di delineare cosa sia, come è giunto fino a noi e come è divenuto Scrittura. Cioè in che modo è divenuto il testo considerato ispirato della chiesa cristiana.

Questo è il testo base di una conferenza da me tenuta a Sondrio il 28 novembre 2014. Essa aveva un seguito che trovate in Sola Scrittura.

Che cos’è

Il Nuovo Testamento, anche se in misura minore rispetto all’Antico Testamento, è un insieme di testi diversi. Sono 27 testi, generalmente piuttosto brevi, scritti in greco.

Lingua greca

Il greco è il greco detto della koinè del I secolo. Nel bacino del Mediterraneo orientale e nel Vicino Oriente con gli stati ellenistici si era diffusa la lingua greca come lingua commerciale e ufficiale. Quella lingua aveva perso a poco a poco alcune caratteristiche regionali e arcaiche, per divenire una lingua meno complessa, ma usata in maniera estesa. Anche a Roma era una lingua abbastanza conosciuta.

Dicendo questo vorrei subito sottolineare che noi certo leggiamo una traduzione, ma di una lingua che non presenta quei notevoli problemi che si hanno con lingue più antiche.

Inoltre dico subito che non deve sorprendere che persone del tempo, non madrelingua, anche non di alta cultura, potessero scrivere in greco.

Manoscritti

Come ci giungono questi testi è anche importante. Abbiamo centinaia di papiri e pergamene antiche che riportano il testo biblico. Il più  antico di essi, è un frammento datato al 125 che riporta alcuni versetti  di Giovanni.

La molteplicità dei manoscritti antichi permette di ricostruire, in base ad alcune semplici regole sugli errori di trascrizione, un testo che è in gran parte originale. Le varianti, riportate dalle edizioni critiche ed in nota, almeno le maggiori, nelle traduzioni moderne, non modificano il senso generale di ciò che leggiamo.

Generi letterari

Dunque abbiamo dei testi e dico testi, perché abbiamo testi che sono dei piccoli libri, ma anche delle lettere, alcune private, alcune circolari. Ed anche all’interno dei testi più lunghi abbiamo a che fare con testi di genere letterario differente.

Riconoscere il genere letterario di un testo è fondamentale per comprendere ciò che si legge in ogni campo e specie quando si ha a che fare con testi che divengono orientativi se non normativi per la propria esistenza.

Dunque noi abbiamo quattro evangeli o in italiano corrente, vangeli. Si potrebbe dire che questi testi sono del genere letterario evangelo. Vale a dire testi che vogliono annunciare l’evangelo, la buona notizia di Gesù Cristo. Nel far questo gli autori raccontano fasi della vita di Gesù, specialmente la sua passione e morte, ne riportano detti, discorsi, parabole e danno a volte una interpretazione dei fatti.

Quindi andiamo dal genere letterario, che potremo definire racconto storico, ed in questo Luca si contraddistingue per l’analisi accurata delle fonti (Anche se a inizio Novecento si dubitava dell’accuratezza di Luca, scoperte archeologiche ne hanno confermato sorprendentemente l’accuratezza. In generale si può dire che la verità dei testi storici biblici è ampiamente affidabile. Naturalmente credere alla resurrezione è differente dal riconoscere la verità storica dei testimoni) a brevi racconti, che diciamo parabole, appunto di un genere letterario tipico del Vicino Oriente in cui invece di delineare in astratto un concetto, si racconta una storia che verte su un aspetto centrale che si associa a quel concetto.

Alcuni dei racconti che noi chiamiamo parabole in realtà non lo sono propriamente, ma sono delle vere e proprie allegorie. Alcune “vere” parabole hanno l’etichetta, come ad esempio: “il Regno dei cieli è simile a”, altre sono più difficilmente individuabili, ad esempio il giudizio delle nazioni. E danno luogo a controversie, fra studiosi e non.

Anzi, in generale il problema di riconoscere di quale genere letterario sia un testo biblico, anche a causa della distanza culturale, è forse il problema principale per una corretta interpretazione.

Poi abbiamo lettere, lettere a chiese specifiche, lettere circolari, forse sermone con lettera d’accompagnamento. Infine il genere apocalittico, nell’Apocalisse con cui termina la raccolta di testi che noi diciamo Nuovo Testamento.

Contenuto

Il contenuto dei vangeli non è la vita di Gesù. Aspetti importanti della sua vita infatti non sono riportati. Il contenuto è una riflessione su quello chi sia Gesù, attraverso i riferimenti biblici (all’Antico Testamento), azioni e discorsi che egli ha fatto, fra cui il processo, la condanna, la morte e la successiva resurrezione.

Il contenuto degli Atti, che è in realtà la seconda parte dell’evangelo di Luca, è una presentazione della vita della chiesa subito dopo la resurrezione di Gesù. In cui si delineano le figure di alcune persone importanti, come Filippo, Pietro e Paolo.

Nelle lettere invece troviamo affrontati temi contingenti della vita delle chiese, specie paoline, in cui l’apostolo compie una riflessione anche generale, per affrontare però temi concreti e contingenti. Anche qui dunque abbiamo non qualcosa di generale, ma sempre qualcosa di particolare.

Come particolare è l’occasione dell’Apocalisse, che ne determina anche la scelta del genere letterario apocalittico.

Autori

Alcuni autori si presentano, come Paolo nelle lettere, ad altri vengono attribuiti esternamente. Ad esempio l’evangelo di Marco è stato sempre
conosciuto con questo nome.

La paternità dell’autore biblico era importante nel valutare l’affidabilità di un testo scritto, ma non in maniera così assoluta. Si veda le discussioni antiche sulla lettera agli Ebrei e l’affermazione di Papia su Marco.

Canone

Come si è giunti a mettere insieme questa collezione di testi e quale valore vi danno le chiese, è la questione detta della formazione del Canone (termine che viene dal nome greco di un’assicella utilizzata per la costruzione di muri diritti).

Subito cominciano a circolare scritti a cui si riferisce un grande valore. Anche all’interno dello stesso Nuovo testamento, in due scritti più tardi, ci si riferisce all’Evangelo di Luca e alle lettere di Paolo come Scrittura, al pari dell’Antico Testamento.

(I Timoteo 5:18) infatti la Scrittura dice: «Non mettere la museruola al bue che trebbia»; e: «L’operaio è degno del suo salario».

(Luca 10:7) Rimanete in quella stessa casa, mangiando e bevendo di
quello che hanno, perché l’operaio è degno del suo salario.

(II Pietro 3:15-16) considerate che la pazienza del nostro Signore è per la vostra salvezza, come anche il nostro caro fratello Paolo vi ha scritto, secondo la sapienza che gli è stata data; e questo egli fa in tutte le sue lettere, in cui tratta di questi argomenti. In esse ci sono alcune cose difficili a capirsi, che gli uomini ignoranti e  instabili travisano a loro perdizione come anche le altre Scritture.

Naturalmente anche i primi scrittori cristiani come Clemente romano (95)
già parlano della Scrittura riferendosi a scritti e detti di Gesù, riportati nei vangeli. La Didaché, ad esempio, cita il Padre nostro come è scritto in Matteo.

Si può allora affermare che l’autorità procede la canonicità. Intorno al 100 grosso modo tutti il libri del Nuovo testamento già circolavano (si noti la vicinanza fra gli avvenimenti e quanto scritto).
Nel periodo delle prime chiese infatti, specie venendo meno la tradizione orale e morendo i primi apostoli, si sentì la necessità di preservare il messaggio cristiano. Si veda proprio in questa esigenza Giovanni che scrive il suo evangelo, ed anche come lo stesso Paolo dica che non potendo venire di persona, manda una lettera da far circolare.

Infatti il problema di quali testi usare al culto e nell’istruzione cristiana viene successivamente. Il primo è Marcione (140), che ritiene vada tolto l’Antico Testamento e preservati solo alcuni testi di Luca e paolo. Poi viene Valentino che scrive un altro evangelo, che dice della Verità. Vale a dire ci si trova di fronte alla critica dell’ispirazione dei testi comunemente usati dalla chiesa cattolica (cioè universale e legata all’insegnamento degli apostoli) e il proliferare di testi successivi, spesso scritti con intenti gnostici.

Innanzitutto la chiesa rifiutò di non riconoscere come ispirati i libri dell’Antico Testamento (decisione fondamentale, quando già la scissione dalla Sinagoga era conclusa.)

Inoltre dopo molte e aperte discussioni, inerenti soprattutto alcuni testi (come alcune lettere come Ebrei e la seconda Pietro, e soprattutto l’Apocalisse) si arrivò a definire il Canone attuale.

Quando si chiuse la questione del Canone? Noi sappiamo che Costantino ordina per Costantinopoli 50 Bibbie in formato lussuoso. Quali libri c’erano non lo sappiamo.

Quello che sappiamo che nel 367 Atanasio, vescovo di Alessandria (primus inter pares del tempo), manda una lettera pasquale a tutti i vescovi della Chiesa cattolica (universale come si potrebbe dire effettivamente lo fosse allora) elencando esattamente i 27 libri attuali.

Ne rimangono fuori, ma consigliati per la lettura, ad esempio la Didachè e il pastore di Erma. Altri invece per il loro contenuto gnostico o favolistico vengono sconsigliati del tutto.

Il Canone fu cattolico, nel senso di universale ed oggi se vogliamo di ecumenico. Non solo Paolo, ad esempio, e non solo i testi dell’Oriente o
dell’Occidente.

L’ordine dei libri fu costruito in fondo attorno al libro degli Atti che ne costituisce il fulcro. Ed in effetti anche la struttura ha una sua importanza.

In generale si può osservare che la Chiesa dei primi tempi in un processo rigoroso ha individuato degli scritti considerati ispirati, rispetto ad altri che non lo erano, e questa scelta si vede anche oggi che fosse valida.