Mai perfetti, però salvi

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La prima lettera a Timoteo è una lettera che l’apostolo Paolo scrive al suo giovane collaboratore, per ribadire alcuni punti importanti per il suo lavorare in autonomia.

E nel passo che leggiamo Paolo riconsidera la sua vita e gli viene un ringraziamento al Signore, perché lo ha portato dal suo essere un persecutore dei cristiani al ricevere la sua grazia e il suo aiuto, che lo ha sempre fortificato. Così Paolo diviene un esempio per Timoteo e per tutti i cristiani.

(Podcast)

Io ringrazio colui che mi ha reso forte, Cristo Gesù, nostro Signore, per avermi stimato degno della sua fiducia, ponendo al suo servizio me, che prima ero un bestemmiatore, un persecutore e un violento; ma misericordia mi è stata usata, perché agivo per ignoranza nella mia incredulità, e la grazia del Signore nostro è sovrabbondata con la fede e con l’amore che è in Cristo Gesù.

Certa è quest’affermazione e degna di essere pienamente accettata: che Cristo Gesù è venuto nel mondo per salvare i peccatori, dei quali io sono il primo. Ma per questo mi è stata fatta misericordia, affinché Gesù Cristo dimostrasse in me, per primo, tutta la sua pazienza, e io servissi di esempio a quanti in seguito avrebbero creduto in lui per avere vita eterna. Al Re eterno, immortale, invisibile, all’unico Dio, siano onore e gloria nei secoli dei secoli. Amen. (I Timoteo 1:12-17)

peccatore

Se dicessimo ad una persona che è un peccatore, si sentirebbe profondamente offesa. Anche se dicessi, come è, che il culto è “l’assemblea dei peccatori riconciliati con Dio”, non tutti accetterebbero questo messaggio di buon grado.

Questo perché il termine peccatore, nel linguaggio attuale, si è caricato di un significato morale. Ai tempi di Gesù, i farisei usavano il termine, ad esempio per i pubblicani o per le prostitute, in senso religioso per quelli che infrangevano la legge mosaica. L’opposto del termine era infatti giusto.

Con Gesù non si ha il significato morale e quello religioso viene superato e assume un altro senso. L’apostolo Paolo stesso lo sperimenta nella sua conversione: infatti egli non era un peccatore per la società e per la religione, ma un solerte funzionario della nazione ebraica, ossequioso della Legge nella sua interpretazione farisaica, che aveva studiato con grande passione. Paolo era stimato dunque per la sua fede e cultura, per il suo impegno, per la sua lotta all’eresia cristiana, altro che peccatore!

Dal punto di vista religioso Paolo era dunque perfetto, eppure quando egli si considera alla luce della fede in Gesù si scopre un bestemmiatore. Cioè, dato che non aveva capito niente dell’amore di Dio, diceva cose contrarie a Dio e era divenuto un violento persecutore, faceva quindi cose contrarie al volere del Signore. (Detto in generale, quanta violenza c’è nelle religioni da parte di chi si considera giusto.)

Il Signore però non volle distruggere quel persecutore, ma lo convertì e lo mise al suo servizio. E proprio per annunciare che Gesù Cristo è venuto nel mondo, lui divino Figlio di Dio, per morire sulla croce, e così salvare i peccatori. Per salvare il zelante persecutore, ma anche la prostituta o il pubblicano…

E più in generale per salvare noi, noi peccatori. Ma peccatori, non come quelli che hanno compiuto questo o quell’altro errore, ma come quelli che sono lontani da Dio. (Ce lo ricorda la parabola della pecora perduta).

il primo

Con il messaggio dell’evangelo l’apostolo, infatti, scopre che peccatore è chi confida nella propria giustizia e quindi è lontano da Dio, perché in realtà non lo conosce. Si è lontani da Dio in generale quando non si confida nella sua grazia, ma nelle proprie forze, e si vive di conseguenza senza vero amore verso Dio e il prossimo.

Noi sappiamo che tutti vogliono sentirsi nel giusto, infatti. Fa parte del nostro amor proprio. E molti vogliono dichiararsi giusti, lo vogliono apparire nella società. Come nel caso dei farisei, c’è l’illusione di essere santi, nel senso di perfetti, ed allora si inventano interpretazioni o regole fatte apposta per aggirare l’ostacolo, visto che nessuno è giusto fino in fondo. Oggigiorno si abbassa la morale a buona intenzione, l’ubbidienza verso delle regole o dei comandamenti a indicazioni di massima. E la colpa è sempre di qualcun altro. Ma si vuole comunque sentirsi nel giusto.

Mi direte: “ma comunque, anche incamminandoci con Gesù Cristo e confidando in Lui, non saremo mai perfetti!“. Ed ecco che qui rientra lo stesso ragionamento dei farisei, ma in veste differente: comunque vogliamo essere perfetti. È una tentazione, specie per i cristiani. Non quella di tentare di fare il bene e seguire la giustizia, ci mancherebbe, ma quella della perfezione che è solo di Dio.

Ma c’è la grazia di Dio! È per grazia di Dio, che l’apostolo Paolo viene scosso dalla sua falsa sicurezza e con la fede in Gesù egli si riconosce un peccatore. Anzi dice l’apostolo di essere il primo dei peccatori.

Non dice ero il primo, ma che lo è tutt’ora. E non si vanta di essere stato peccatore, ma aver ricevuto misericordia da Dio. Perché non si diviene giusti, ma si è giustificati.

Dichiararsi il primo, al negativo, vuol dire scendere –pur essendo apostolo– da un piedistallo in cui potrebbero metterlo, per essere insieme a tutti gli altri. Un forma di umiltà vera, l’essere sullo stesso piano degli altri.

grazia sovrabbondante

Ora, la salvezza non vuol dire semplicemente che il Signore dica: “ti assolvo perché del fatto non eri pienamente consapevole”, una specie di semi-infermità mentale, ma che il Signore interviene nel cambiare la nostra visione del mondo e della vita.

Il riconoscere di non poter essere giusti, ma doversi affidare alla misericordia di Dio, significa la reale fine del volersi sentire autonomi da Dio, di poter fare da soli ciò che è bene. È un aprirsi ad una comprensione realistica della nostra esistenza, creata e sostenuta da Dio, che ha in Dio la fonte di ogni giustizia e amore. E quindi inaugura la decisione di andare verso Dio.

Paolo diviene un esempio per noi, perché anche la nostra esistenza è incamminata sulle vie del mondo, costretta dalle ideologie o dai nostri vari ruoli, segnata da decisioni sbagliate o incomprensioni. E Gesù è venuto a salvare proprio noi, persone concrete e non ideali.

Persone deboli e mai perfette, ma che vengono rese forti dal perdono di Gesù Cristo, tramite una grazia che è sovrabbondante. Notate la potenza di questo termine, non c’è merito di Paolo o nostro, ma il Signore non dà solo ciò che serve, ma la sua grazia è sovrabbondante!

Gesù Cristo è venuto per salvare i peccatori, detto in altre parole, trasforma la visione della nostra esistenza, non ci fa giudicare gli altri con il fariseismo sia pure quello attuale, né inseguire le cose che sembrano giuste del mondo, ma ci fa cercare di capire la sua volontà e tornare indietro sui nostri passi se occorre. Ci insegna a cercare di vivere non secondo il mondo, ma secondo Gesù Cristo.

Non saremo quelli che si preoccupano di tutto, ma quelli che si affidano interamente alla provvidenza di Dio, per vivere liberati dai mille condizionamenti sociali, spesso del tutto fuori della logica di Dio. È una possibilità di vivere pienamente senza paura, nel tentare il bene, nel soccorrere il prossimo. Sbaglieremo? Ma certo che sì, perché chi è giusto è solo il Signore.

Ma la sua grazia interverrà per trasformerà le conseguenze dei nostri errori, e ci farà rialzare e ripartire quando cadremo. Il Signore fa tutto per noi, è questa per noi è notizia di vita eterna. Affidiamoci dunque alla sovrabbondante grazia del Signore, per vivere una vita piena al servizio del Signore, che fa della nostra vita una vita vera, fino all’ultimo giorno. Amen