In un episodio di Numeri bastava guardare il serpente di rame innalzato da Mosè nel deserto per essere liberati dalla morte per il veleno. E questo non per un valore dell’effige del serpente, ma perché in quel modo ci si affidava e si dava fiducia interamente in Dio. Gesù usa quel testo di Numeri per parlare di sé (definendosi Figlio dell’uomo) e della sua crocifissione (equiparata all’innalzamento) per la nostra salvezza.
E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che il Figlio dell’uomo sia innalzato, affinché chiunque crede in lui abbia vita eterna. Perché Dio ha tanto amato il mondo, che ha dato il suo unigenito Figlio, affinché chiunque crede in lui non perisca, ma abbia vita eterna.
Infatti Dio non ha mandato suo Figlio nel mondo per giudicare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. Chi crede in lui non è giudicato; chi non crede è già giudicato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio.
Il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, e gli uomini hanno amato le tenebre più della luce, perché le loro opere erano malvagie. Perché chiunque fa cose malvagie odia la luce e non viene alla luce, affinché le sue opere non siano scoperte; ma chi mette in pratica la verità viene alla luce, affinché le sue opere siano manifestate, perché sono fatte in Dio». (Giovanni 3: 14-21)
Dunque, Gesù afferma che la sua morte sulla Croce è voluta dal Padre per donare vita eterna, per realizzare il suo amore; non per giudicare, ma per salvare il mondo. Il mondo? Sì, dice proprio il mondo.
Da un certo punto di vista ciò è sorprendente, infatti nell’evangelo il termine “mondo” si usa per parlare di tutto ciò che si oppone a Gesù Cristo: è il mondo che non lo accoglie, anzi lo respinge; è il mondo che con le sue tenebre vuole soffocare la luce del Cristo; è il mondo infine che lo metterà a morte. Infatti, il mondo, cioè l’umanità come persone e come sue strutture sociali, è lontano da Dio. E proprio per dare salvezza a questo mondo, dunque, che muore Gesù Cristo perché Dio ama questo mondo. E noi che siamo, pur con tutti i distinguo che possiamo fare, di questo mondo sappiamo che Dio ci ama.
Dio dunque ha tanto amato tutti noi da sacrificare il suo Unigenito Figlio per amore di questo mondo e per salvare quelli che formano questo mondo.
1) Non è un annuncio che riguardi poche persone, dunque, ma tutti!
2) Non è un amore per chi viva da perfetto, perché la perfezione e l’essere giusti, come mostra la Scrittura, non esiste. Infatti, basta guardare a Gesù, basta affidarsi al Cristo, basta rivolgersi nella propria debolezza, nella propria incertezza, nella propria difficoltà, anche di fede, a Gesù, anzi al Cristo crocifisso riconoscendo che muore per noi, per avere questa salvezza.
3) È dunque questo credere, questo avere fiducia nel Cristo, un credere possibile nel quotidiano, per come siamo fatti, per persone concrete piene di errori.
La salvezza gratuita è il cuore del messaggio del Cristo. E in conclusione tutto ciò che abbiamo da dire come cristiani è: “guardate a Gesù, Egli è la salvezza e la resurrezione”.
però il giudizio?
“Ebbene” mi potete dire “tutto bellissimo, ma qui si parla anche di giudizio!”
Infatti, dice il testo, chi non crede in Gesù Cristo è già giudicato perché ama le tenebre e opera nelle tenebre.
Non c’è qui il farisaico ribadire di dover essere giusti, che è un’illusione. Ma si sta parlando del non rivolgersi con fiducia al Signor Gesù.
Noi riponiamo la nostra fiducia non in un gesto scaramantico, non in un oggetto magico, con poteri speciali, ma in Gesù Cristo sulla croce, che muore per salvare il mondo e quindi tutti noi. È un riconoscere tutta la nostra imperfezione, non affatto un pretendere di essere giusti.
Il problema è che nel nostro vivere possiamo essere legati alle nostre discutibili opere, siamo affascinati dalle opere delle tenebre, le tenebre ci danno sicurezza (anche se falsa) più che l’affidarsi interamente al Signore. E dunque non le vogliamo perdere e dunque non ci vogliamo rivolgere al Cristo. Come se fossimo morsi da un serpente restando avvelenati e non volessimo uscire da questo avvelenamento. In questo da soli siamo già giudicati e condannati.
Magari queste tenebre non sono così malvagie rispetto ai criteri del mondo, magari ci sentiamo del tutto giusti da noi stessi e ce ne sentiamo tutti orgogliosi e quindi non bisognosi della grazia di Dio, come quei farisei e quei sadducei che respingeranno e metteranno a morte Gesù Cristo.
In questo senso chi non crede è già giudicato. Perché non credendo si condanna a vivere nelle tenebre dell’oggi, in quell’insicurezza di fondo e nel tormento di vedere la propria vita in bilico e presto finita.
E quando dimentichiamo l’amore infinito di Dio possiamo finire in questa ansia che ci corrode. Allora avremo bisogno di inventarci magie e riti scaramantici. Allora sì c’è chi deve ammassare sempre di più perché aver denaro in grosse quantità lo fa sentire più sicuro.
Così non rivolgendosi al Cristo, la superbia o l’essere a proprio agio nel mondo lontano da Dio, fa in modo che non viviamo la vita eterna, che è la vita in relazione con Dio che invece fin d’ora ci vuole donare Gesù Cristo.
sicurezza
Invece rivolgendosi a Lui, pur nei nostri errori, viviamo già quella vita eterna che sarà poi perfetta nel suo Regno. Possiamo esserne sicuri? Certamente, perché questo dono di vita è realizzato per noi a caro prezzo da Gesù Cristo con la sua morte, perché già “tutto è compiuto” per la nostra salvezza che ne siamo certi.
Proprio nel momento del bisogno più estremo, allora, proprio nel constatare un proprio fallimento, un errore che brucia, l’impossibilità di decidere senza sbagliare, la nullità di una giornata trascorsa non sapendo nemmeno come; proprio quando senza nulla da far valere ci si presenta a mani vuote dinanzi a Gesù Cristo, quando ci si chiede se Gesù potrà avere pietà, se Gesù potrà salvarci, allora la salvezza arriva, il perdono è reale, l’esistenza ne viene cambiata e grazia ci viene fatta.
Guardando a Gesù Cristo si ha una nuova vita, più autentica e meno alienata, e nonostante tutto più luminosa. Amen