Il brano di Gesù che calma la tempesta, viene subito dopo che Gesù ha parlato alla folla riunita su una riva del lago della Galilea, un lago piuttosto grande (21×12 km, chiamato nella Bibbia con vari nomi). Ciò che ha annunciato era racchiuso in una serie di parabole sul Regno di Dio, che non è visibile agli sguardi del mondo, cioè per chi è senza fede. Sono passi che implicitamente invitano a considerare Gesù Cristo come Colui che porta con sé il Regno di Dio. Dalla riva poi partono in barca per dirigersi alla riva sud del lago, ad una ventina di chilometri di distanza.
In quello stesso giorno, alla sera, Gesù disse loro: «Passiamo all’altra riva». E lasciata la folla, lo presero con sé, così com’era, nella barca. C’erano delle altre barche con lui. Ed ecco levarsi una gran bufera di vento che gettava le onde nella barca, tanto che la barca già si riempiva. Egli stava dormendo sul guanciale a poppa. Essi lo svegliarono e gli dissero: «Maestro, non t’importa che noi moriamo?»
Egli, svegliatosi, sgridò il vento e disse al mare: «Taci, càlmati!» Il vento cessò e si fece gran bonaccia. Egli disse loro: «Perché siete così paurosi? Non avete ancora fede?»
Ed essi furono presi da gran timore e si dicevano gli uni gli altri: «Chi è dunque costui, al quale persino il vento e il mare ubbidiscono?» (Marco 4:35-41)
Quando chiamano Gesù addormentato lo rimproverano. «Maestro, non t’importa che noi moriamo?» Visto come ci rimangono quando Gesù sgrida la tempesta, si capisce che non si aspettano un aiuto così straordinario, ma magari un aiuto più pratico o una preghiera efficace verso Dio, visto che lo considerano un maestro spirituale.
Comunque sia, questo rimprovero o il dubbio che vi è associato, che il Signore si dimentichi o non si prenda cura di noi, è presente spesso nelle domande dei credenti sottoposti a dure prove.
In effetti, questo racconto è così affascinante perché a volte, lo sappiamo, la vita può essere proprio così. Viviamo normalmente, ma in un momento ecco il caos, la tempesta, le cose che non vanno, dubitiamo ci sia un domani. La vita, infatti, che alle volte scorre piana e dolce, oppure in un tran-tran quotidiano quasi noioso, altre volte è come un navigare su un mare che si increspa via via sempre di più. O anche è come essere su un lago che ben conosciamo, ma che di colpo diviene tempestoso e come fosse del tutto sconosciuto. Dove sono i punti di riferimento dell’esistenza, quando c’è ad esempio la perdita di un caro o un cambiamento drastico?
E anche se non viviamo momenti del genere li temiamo, sappiamo che possano accadere. E vedendo anche come è la società e sapendo quanto è successo nella storia, siamo pensierosi, come se al Signore non importasse il caos che avanza e regna.
In quelle situazioni o con tali pensieri molti credenti chiedono a Dio: “non ti importa di me, di noi, dell’umanità sofferente?” “È forse occupato il nostro Dio?” “Non è come se dormisse?”
In questo episodio ci viene detto, invece, chiaramente che al Signore importa di noi, che Egli si preoccupa e si prende cura di noi. Noi siamo importanti, ognuno di noi, ogni creatura, è importante agli occhi di Dio, ed egli si prende cura di noi sempre. E ciò dobbiamo dirlo e ripeterlo ad ogni persona che incontriamo.
fede
Chiede Gesù: «Non avete ancora fede?» Non avete ancora fiducia in Gesù Cristo? In Colui che porta il Regno, di cui ha parlato nelle parabole poco prima, in Lui che compie guarigioni e opere potenti?
La fede è in fondo sapere che Gesù Cristo si prende cura di noi. Non saper rispondere a tutte le domande della vita o del mondo. Non una comprensione articolata dei dogmi. Ma fiducia nella sua persona amorevole e potente.
Certamente può sorgere la domanda del “male” permesso da Dio. Possiamo allora osservare che Onnipotente significa che può fare ciò che vuole. Non fa quello che gli diciamo noi di fare. E sappiamo segue un suo piano universale. Possiamo anche provare a dare risposte generali, finendo per dire che su ogni male infine trionferà il Signore.
Gesù però non è un filosofo, bensì Gesù ci richiama ad aver fede. All’aver fiducia nel Creatore del cielo e della terra, nel Signore che è al di sopra di ogni potenza. Gesù ci invita a non dubitare della signoria di Dio, ma anche ad aver fiducia in Lui che morirà sulla croce per salvarci. Anche quando saremo nella distretta e nel dolore, Gesù Cristo si interesserà a noi e si prenderà cura di noi.
Si interessa sempre a noi, aggiungerei, anche quando vorremmo fare i nostri comodi e ci piacerebbe il suo sguardo fosse lontano da noi e magari da soli ci mettiamo nei guai.
Chiesa
La Chiesa è spesso simboleggiata come quella barca con i discepoli in mezzo alle onde. Andremo a picco? Non so proprio, certo tutto dipende dal Signore. Siamo come sempre nelle mani di Dio.
Siamo chiamati però a testimoniare e annunciare l’evangelo di Gesù Cristo, annuncio di grazia e resurrezione. E la domanda dei discepoli, «Chi è dunque Costui?» domanda che non osa quasi pensare che Dio si sia fatto uomo ed è lì incomprensibilmente vicino a loro, ci fa riflettere. Non riescono a dirlo, a verbalizzarlo.
Alle volte anche nelle chiese odierne c’è una specie di “normalizzazione” di Dio rispetto a noi umani. Il terrore di Dio, ovviamente nella predicazione cristiana, lascia il posto in Gesù Cristo alla sua vicinanza e salvezza, ma il timore di Dio esprime anche la distanza che c’è fra creatura e Creatore, distanza che non si può annullare. Se non ci fosse o fosse annullata Egli non sgriderebbe più la tempesta, ma la subirebbe. Egli non sarebbe più il nostro Salvatore, ma un compagno di sventura.
Quando tutto va bene, questa “normalizzazione” ha un grande fascino o meglio seduzione, perché piace alla gente, perché non si deve dover prendere sul serio e fino in fondo e in tutte le sue implicazioni per la nostra vita l’appello di Gesù, che è anche appello al ravvedimento, al considerare la sovranità di Dio, al Regno che viene vicino a noi.
La pretesa cristiana sarebbe invece “l’assoluto è stato fra noi” è una pretesa certo, cui alle volte siamo impreparati a rispondere ad un mondo disincantato, ma di cui non ci dobbiamo vergognare perché non riguarda affatto noi o la chiesa, ma è il messaggio di Gesù Cristo, è la Parola di Dio per la salvezza di chiunque crede.
Non ci dovremmo interrogare sul dove finiremo come chiese, ma su cosa stiamo annunciando e se portiamo fiducia in Dio nel mondo.
Alle molte domande dei nostri contemporanei e a noi stessi: “stiamo andando verso l’oblio o la distruzione della civiltà umana e di noi stessi?” certo possiamo dare risposte teologiche e anche bibliche, ma al fondo va testimoniato gli uni agli altri che abbiamo fiducia, nonostante tutto. Fiducia nel Signore, Salvatore e Redentore, che è il solo che calma la tempesta, che vince il caos, che dà senso a tutte le esistenze della sue creature, che dona salvezza, anche se non abbiamo ancora una salda fede. Amen