Il battesimo di Gesù Cristo (un tema di questo periodo dell’anno) da parte di Giovanni il Battista non è raccontato nell’evangelo di Giovanni, ma ne è presupposto. Infatti, Giovanni conosce gli altri evangeli e ne dà per scontata la lettura di quelli delle sue comunità. Ma il suo racconto arricchisce le altre narrazioni e svela nuovi particolari, spesso con alto valore simbolico.
Il giorno seguente Giovanni vide Gesù che veniva verso di lui e disse: «Ecco l’Agnello di Dio, che toglie il peccato del mondo! Questi è colui del quale dicevo: “Dopo di me viene un uomo che mi ha preceduto, perché egli era prima di me”. Io non lo conoscevo; ma appunto perché egli sia manifestato a Israele, io sono venuto a battezzare in acqua».
Giovanni rese testimonianza, dicendo: «Ho visto lo Spirito scendere dal cielo come una colomba e fermarsi su di lui. Io non lo conoscevo, ma colui che mi ha mandato a battezzare in acqua mi ha detto: “Colui sul quale vedrai lo Spirito scendere e fermarsi, è quello che battezza con lo Spirito Santo”. E io ho veduto e ho attestato che questi è il Figlio di Dio».
Giovanni il Battista in questo passo in cui dice che ha battezzato Gesù, lo attesta come Agnello di Dio e Figlio di Dio. Figlio di Dio dice perché ha visto lo Spirito santo scendere e rimanere (dimorare) su di Lui.
L’Agnello di Dio si riferisce alla suo realizzare la salvezza. Infatti, è riferimento all’agnello sacrificato nella Pasqua ebraica, collegato alla celebrazione della liberazione dall’Egitto, a quell’agnello che si sacrifica per portar via il peccato di tutto il popolo. Cioè l’agnello su cui si mette il peso del peccato e che, sacrificato, allontana dalle conseguenze del peccato! Con questo si rimanda anche al servo sofferente di Isaia.
Qui però abbiamo due particolarità, rispetto all’agnello sacrificale annuale. Toglie il “peccato” al singolare, significa non tanti o pochi peccati specifici, ma il peccato come lontananza, essere altro da Dio come peccato complessivo… e del “mondo“! Cioè di tutta l’umanità. Magari qui il Battista utilizzava “del mondo” senza sapere esattamente della portata globale del Cristo, però è proprio quanto dice.
Questi saranno i temi della Passione e del Venerdì santo. Però qui ci interessa l’inizio della sua missione. Infatti leggiamo avanti:
Il giorno seguente Giovanni era di nuovo là con due dei suoi discepoli; e fissando lo sguardo su Gesù, che passava, disse: «Ecco l’Agnello di Dio!» I suoi due discepoli, avendolo udito parlare, seguirono Gesù. Gesù, voltatosi, e osservando che lo seguivano, domandò loro: «Che cercate?» Ed essi gli dissero: «Rabbì (che tradotto vuol dire “Maestro”), dove abiti?» Egli rispose loro: «Venite e vedrete». Essi dunque andarono, videro dove abitava e stettero con lui quel giorno. Era circa la decima ora.
Quando passa Gesù, che ovviamente è ancora da quelle parti, c’è molto mistero sulla sua persona. Certo è l’Agnello di Dio, certo lo Spirito santo è su di Lui, ma in che modo ciò è vero? È simbolico? È potenziale, cioè appartiene solo al futuro? se lo saranno chiesto i discepoli di Giovanni.
Quando il secondo giorno il Battista lo indica alla folla intorno a lui riunita di nuovo come l’Agnello di Dio, ecco che subito due discepoli di Giovanni partono per capire. Il racconto è semplice e silenzioso e ciò non ci deve trarre in inganno sulla sua importanza avuta (per Giovanni stesso).
I due discepoli di Giovanni il Battista, che vogliono evidentemente conoscere Gesù, si mettono a seguirlo. Già il seguire è verbo che denota a quei tempi la relazione fra maestro e discepolo, che lo segue, che è suo seguace.
Poi Gesù si volta li osserva e chiede loro “che cercate?” Cercare, come anche dicevamo la scorsa domenica, non solo è una metafora della vita, ma l’atteggiamento di chi vuole andare dal Signore. Dunque la domanda ha un valore teologico.
Anche la risposta però è a tono: “Dove abiti?” preceduto dal riconoscimento onorifico di Rabbino. Il termine originale però non è abitare, ma “dimorare“. Che poco prima era riferito allo Spirito santo che “dimora”, che si ferma su Gesù.
Quindi la loro risposta è che vogliono vedere dove si dimora con Dio, dove si è finalmente in pace. Riconciliati. Dove lo Spirito di Dio è nel mondo. Vogliono vedere che il Salvatore è il Salvatore già in quel momento. Dato che l’Agnello di Dio che toglie il peccato dal mondo vive in quel momento sulla terra, vogliono poter essere con Lui.
E Gesù gli risponde nel modo più accogliente: “venite e vedrete“. Dunque non è difficile. Il Signore invita ad andare da Lui tutti quelli che cercano.
I due discepoli: Andrea e Giovanni (probabilmente), saranno con Gesù Cristo dalla decima ora alla sera. In questo periodo di cui non ci viene detto nulla, essi divengono i primi due discepoli di Gesù. Poi andranno a cercare gli altri.
La decima ora sarebbero per noi le quattro del pomeriggio. È un quadretto, direbbero alcuni, molto quotidiano, da cui si vede come per prendersi cura dei discepoli Gesù si prenda il tempo, qui una mezza giornata per parlare con loro. Ci viene da domandarsi se noi avremmo il tempo per parlare con Lui?
Però c’è anche un valore simbolico nel numero 10 rispetto alle ore. È un numero di perfezione. Quindi hanno dimorato con Gesù Cristo, è stato per loro esperienza di essere lontani dalle conseguenze del peccato, in pace con Dio in modo sublime.
Rimanere, riposare nella Scrittura, infatti, ha un valore fisico ed escatologico, ma qui ha un valore teologico ed esistenziale insieme. Ci fa comprendere invece il nostro posto e la nostra relazione con Dio. In questo riposare, permanere, con l’Agnello ci viene detto che non riusciamo ad essere perfetti, ma abbiamo bisogno di perdono e che questo perdono allontana da noi le conseguenze del peccato per darci modo di vivere, ancora e rinnovati. E di trovare pace con noi stessi e con Dio.
Il prendersi cura di noi da parte del Signore è legato al suo essere Agnello, Colui che ci fa grazia perché conosce le nostre colpe…
Dove abita, dove dimora il Signore oggi su questa terra? Possiamo rispondere dove soffia lo Spirito, nella chiesa che ha amore per il prossimo.
Quando ci rivolgiamo a Gesù Cristo nella Scrittura con l’aiuto dello Spirito riusciamo ad essere nella sua dimora. (Si veda anche la vite e i tralci in Gv 15, con il suo “dimorate nel mio amore”).
Vivere così non è affatto essere solo in contemplazione senza fare niente e indifferenti ai problemi del mondo, ma è invece avere una propensione ad intervenire, a decidere, ad essere. Dopo aver riconosciuto i propri errori e perché l’Agnello allontana il peccato, possiamo ripartire e non esserne immobilizzati.
Ed avere una visione del mondo e di noi stessi in questo mondo, che ci restituisca la certezza che Gesù Cristo è Colui che ci salva, adesso.
In questo modo il Signore si prende cura di noi allora, attraverso la sua presenza con lo Spirito, nella chiesa e nella Scrittura, dandoci la consapevolezza del suo amore per noi anche quando siamo in errore o ci sembra per un momento che sia lontano. Amen