Fraternità e visione

C’è un salmo giustamente celebre:

Ecco quant’è buono e quant’è piacevole che i fratelli vivano insieme! È come olio profumato che, sparso sul capo, scende sulla barba, sulla barba di Aaronne, che scende fino all’orlo dei suoi vestiti; è come la rugiada dell’Ermon, che scende sui monti di Sion; là infatti il SIGNORE ha ordinato che sia la benedizione, la vita in eterno.

Salmo 133

Questo salmo, con la sua poesia, dice tutto della piacevolezza, come vita eterna, di essere insieme in pace.

Fratelli e sorelle è il modo di chiamarsi dei cristiani, già presente nelle lettere di Paolo, i comunisti si chiamano compagni, camerati i nazisti, cittadini i rivoluzionari francesi o ancora oggi nei comuni. Tipico dei cristiani è però fratelli e sorelle.

La fraternità, infatti, è uno dei doni e una delle responsabilità primarie della chiesa, delle chiese. È qualcosa di dolce e buono, ma è anche qualcosa di faticoso. Per mettersi d’accordo, serve tempo e comprensione, per non rispondere colpo su colpo, occorre pazienza, per cercare la giusta misura serve saper anche rinunciare a qualcosa e così via…E non è solo questione di singoli, si deve guardare alla chiesa nel complesso, come un organismo, un corpo dice l’apostolo Paolo, quale è la chiesa.

L’apostolo è pieno di consigli, suggerisce atteggiamenti, cita anche l’autocontrollo, oltre che la moderazione, ad esempio nella lettera ai Galati, ma non ho preso questo passo né altri testi di esortazione, bensì ho preso questo salmo, che spero abbiate scolpito nel cuore, perché non esorta, non impone, ma dice quanto sia bello, piacevole, fortificante, profumato e pieno di benedizioni l’essere fraternamente, non solo insieme una volta, ma nel vivere insieme, passare la propria vita fianco a fianco.

Certo, il male corrode e inquina ogni cosa, ma non si può far finta di niente, non va persa la prospettiva di vita eterna che c’è nel vivere fraternamente in pace con gli altri.

Visione

Paolo e gli altri suoi collaboratori, hanno una serie di impedimenti, da parte dello Spirito stesso, ad andare a predicare nelle regioni decise da loro. Poi ecco un sogno.

Paolo ebbe durante la notte una visione: un Macedone gli stava davanti e lo pregava, dicendo: «Passa in Macedonia e soccorrici». Appena ebbe avuta quella visione, cercammo subito di partire per la Macedonia, convinti che Dio ci aveva chiamati là ad annunciare loro il vangelo.

Atti 16:9-10

Dunque l’apostolo Paolo ha una visione, un sogno nella notte. C’è un macedone, un cittadino dell’Europa, per ora il cristianesimo era diffuso solo in Asia, che dice soccorrici, aiutateci. Non chiede pane, lavoro, libertà, guarigione, e in quel soccorrici potrebbe esserci anche quello. Però Paolo sa, sa che per lui il vero modo di dare soccorso è annunciare Gesù Cristo come Signore e Salvatore.

Partono subito, perché si prendono la responsabilità di interpretare la visione, il sogno, come comando di Dio, come direzione nella quale Dio gli chiede di andare.

Il risultato sarà modesto, deludente per le attuali idee di campagne di marketing, anche delle chiese, solo due famiglie: quella di Lidia e quella del carceriere, che riceveranno il battesimo. Ma ciò è quanto il Signore aveva deciso, almeno per allora riguardo all’Europa.
Quando parliamo di finanze, si deve avere i piedi ben piantati per terra, è ovvio, ma se non si ha una direzione verso cui andare, un progetto, uno scopo nella vita di una chiesa in base a quali criteri decidiamo? Paolo la riceve in una visione.
Il problema che ci presenta questo testo non è “come siamo sicuri che la visione venga da Dio?“, infatti gli apostoli se ne assumono semplicemente la responsabilità e partono convinti.

Ed è anche falso pensare che oggi non ci siano più, come dicono alcuni, visioni mandate da Dio. Lo Spirito è comunque all’opera e ci guida.

Il problema è al contrario: noi abbiamo visioni? Noi sappiamo sognare? Noi non siamo forse sempre attanagliati dalla paura e dal nonsenso di questo mondo da aver dimenticato di sognare, immaginare, avere scopi oltre il quotidiano? In certe culture si insegna ai giovani a sognare, noi invece spesso cerchiamo di spegnere i sogni dei nostri giovani.

La domanda urgente cui rispondere è se diamo fiducia allo Spirito, che ci sospinge incessantemente, oppure spegniamo lo Spirito. Siamo cristiani prima di tutto e solo dopo donne e uomini di questo tempo?

Certo non possiamo partire alla ventura, prima delle finanze dobbiamo controllare di essere in sintonia con l’evangelo. Certo non possiamo fare piani avventati, ma quale visione cristiana abbiamo del nostro futuro, della nostra vita e di quella della comunità?

Dopo anni passati a fare il pastore, ho sentito sempre la litania del “siamo pochi, siamo vecchi, siamo stanchi, abbiamo pochi soldi, energie, idee…“, ma sono una serie di scuse: quando Gesù parla del granello di fede che smuove le montagne, sta parlando di avere fiducia in Dio e di incamminarsi per la strada che Dio ci apre davanti. E poi: quanto abbiamo pregato perché la nostra chiesa riceva energia, giovani, fiducia e nuove risorse?

Ve lo devo confessare, certe volte mi viene proprio lo scoraggiamento nel sentire queste litanie di persone che si arrendono. Rimango perplesso e annichilito dinnazi a scontri incomprensibili e senza esclusione di colpi e alcune volte mi viene da dire: ma perché faccio ancora il pastore? Che senso ha? Se la chiesa non è chiesa, non serve un pastore.

Poi incontro tanti membri di questa chiesa con belle idee, con lo sguardo limpido e con entusiasmo, e incontro anche persone che hanno proprio bisogno del messaggio dell’evangelo, e poi mi ricordo che lo Spirito soffia e che come cristiani non abbiamo il diritto di arrendersi allo scoraggiamento, che dobbiamo ubbidire a lungo sempre nella stessa direzione…

Allora si apre per me una visione: come chiesa di Bellinzona e dintorni, anche se per molti abbiamo un ruolo piccolo e insignificante, anche se siamo traballanti e sempre incerti, abbiamo un grande incarico da parte dello Spirito santo e un grande futuro: annunciare l’evangelo, soccorrere il nostro prossimo. E Dio ci chiama a realizzarlo insieme, come organismo di fratelli e sorelle, ognuno con i suoi doni e le sue capacità e idee. Amen


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