Il testo della predicazione di questa domenica è l’episodio della trasfigurazione di Gesù, così come lo troviamo nell’evangelo di Marco:
Sei giorni dopo Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e li condusse soli, in disparte, sopra un alto monte. E fu trasfigurato in loro presenza; le sue vesti divennero sfolgoranti, candidissime, di un tale candore che nessun lavandaio sulla terra può dare. E apparve loro Elia con Mosè, i quali stavano conversando con Gesù.
Pietro, rivoltosi a Gesù, disse: «Rabbì, è bello stare qua; facciamo tre tende: una per te, una per Mosè e una per Elia». Infatti non sapeva che cosa dire, perché erano stati presi da spavento. Poi venne una nuvola che li coprì con la sua ombra; e dalla nuvola una voce: «Questo è il mio diletto Figlio; ascoltatelo!» E a un tratto, guardatisi attorno, non videro più nessuno con loro, se non Gesù solo.
Poi, mentre scendevano dal monte, egli ordinò loro di non raccontare a nessuno le cose che avevano viste, se non quando il Figlio dell’uomo fosse risuscitato dai morti. Essi tennero per sé la cosa, domandandosi tra di loro che significasse quel risuscitare dai morti.
Marco 9:2‐10
Pietro, Giacomo e Giovanni inizialmente sono presi da spavento per il timore di essere a confronto con il divino, ma la presenza benigna, rassicurante, completa di Dio gli deve aver comunicato poi una pace straordinaria, tanto da far dire a Pietro: ”è bello stare qua” e vuole fare delle tende per vivere lì a lungo, se non per sempre.
E noi come Pietro vorremmo essere lì, con serenità, pieni di gioia e meraviglia. C’è Elia e Mosè che conversano con Gesù, quante cose si possono apprendere del mondo, della vita, dei misteri della fede, delle risposte ai tanti perché della vita… E c’è anche una luce fantastica, che ci riscalda, come la più bella giornata di sole, dopo la tempesta, dopo l’inverno più duro, è come il benessere e la forza che danno i raggi solari alla natura e a noi esseri umani… E c’è pace e ci si dimentica dei guai, e tutto è superato, perfetto e bello…finalmente.
Sì, vorremmo essere anche noi un po’ lì, come Pietro e Giacomo e Giovanni. Come si sono sentiti a volte altri credenti, anche se non proprio nella stessa situazione, ma con le stesse sensazioni. E forse a volte anche noi stessi abbiamo sperimentato in parte una situazione simile, in cui sentivamo e sapevamo: che Dio era vicino, che Egli ci preservava da un’angoscia e dalla disperazione per mantenere integra la nostra persona. O forse per darci un compito o una nuova consapevolezza del nostro vivere.
Ma poi come Pietro e gli altri si deve ritornare alla vita terrena di ogni giorno. Dobbiamo ritornare alla vita quotidiana dopo un breve periodo o un istante solo in cui siamo stati elevati siamo rimasti sospesi in tranquillità e abbiamo capito qualcosa di più, non solo di Dio, ma anche di noi e del nostro essere: umili e a volte sciocchi, ma amati da Dio e pieni di risorse e di abilità che non pensavamo di avere.
Però, per Pietro, Giacomo e Giovanni prima di andar via c’è stata la voce dalla nuvola, la voce di Dio stesso che dice di Gesù: «Questo è il mio diletto Figlio; ascoltatelo!». Gesù Cristo è il Figlio di Dio diletto, cioè amato da Dio, il
suo Figlio mandato sulla terra per testimoniare di Lui e allora ascoltatelo! Ascoltate Gesù e sentite la voce di Dio stesso. Guardate le sue azione, i suoi gesti, la morte in croce e imparate che l’agire di Dio è fatto con amore per gli umili peccatori che noi siamo. Pietro, Giacomo e Giovanni e tutti noi siamo rimandati alla
nostra vita quotidiana, imperfetta, a volte tribolata, ma non andiamo via a mani vuote, non siamo abbandonati, abbiamo da ascoltare Gesù per sentire Dio stesso nella nostra vita terrena. Questo è ciò che abbiamo su questa terra per vivere, andare avanti e trovare pace interiore.
Che tipo di ascolto possiamo o dobbiamo avere verso Gesù Cristo?
La Scrittura ci parla di Lui e gli evangeli ci riportano le sue azioni e le sue parole. Però il suo ascolto deve avere, seguendo questo testo, alcune caratteristiche collegate proprio alla sua essenza divina. La prima è che si ascolta Gesù attraverso la Scrittura, non solo per una sorta di curiosità che si ha verso un maestro saggio e antico, ma invece perché è il Figlio di Dio e collegato al Padre. La sua voce dunque è una voce autorevole, anzi è la voce più autorevole e vera sulle nostre persone, sulle nostre vite e sulla società umana.
Il conversare con Elia e Mosè ci fa riflettere poi sulla continuità della storia della salvezza. Non solo tutta la Scrittura ci è utile, ma quello Spirito santo che ha agito lungo tutta la storia umana agisce anche oggi e noi partendo dai testi ispirati della Scrittura, possiamo rivolgerci al nostro Salvatore, in ogni luogo e in ogni situazione, per poter essere illuminati e sostenuti dalla sua presenza benigna.
La dimensione dell’ascolto, però, non ci parla solo della presenza che ci sostiene, ma anche della guida che ci dà nella esistenza. Ascoltiamo per seguire quella parola, per ubbidire. L’ascolto, infatti, vuol dire non solo sentire, ma anche far seguire a quelle parole che ascoltiamo delle azioni. Siamo chiamati a seguire la via che il Signore ci indica.
Questo testo si pone sulla via che conduce alla Passione e infatti questo passo è pensato spesso dai lezionari in Tempo di passione nel quale siamo. Ciò ci fa riflettere che ritornare dalla beatitudine del monte alla vita terrena, è qualcosa pieno di insidie e infine per Gesù di morte sulla croce, per realizzare la salvezza. Siamo dunque come suoi discepoli condotti per la via stretta, la via di Dio non è una via di successo mondano. Ecco perché serve ubbidienza. D’altra parte l’ascolto ci permetterà di vivere anche con maggiore speranza. Infatti, quando siamo nella difficoltà, ad esempio quando non sappiamo che pesci prendere in una determinata situazione o tutto ci sembra incerto e pericoloso, l’ascolto diviene anche un ascoltare strategie e soluzioni che il Signore ci presenta. E anche quando sappiamo quale sia la strada da percorrere, ma ne siamo spaventati per via delle difficoltà e rischi, l’ascolto è ricevere una certezza di vicinanza del Signore che ci dia coraggio, non solo di consolazione abbiamo infatti bisogno, ma spesso del coraggio di vivere.
Mosè ed Elia, che sono lì presenti, hanno in comune non solo il fatto di essere profeti, come altri, anche se loro a quei tempi erano considerati i più importanti fra i profeti, ma hanno una caratteristica unica che li contraddistingue: che hanno potuto in qualche modo vedere la gloria di Dio sul monte di Dio (Sinai o Oreb a seconda di come lo chiamano i testi). In questo testo, vedere la glorificazione di Gesù Cristo, il suo divenire luminoso e candido, trasfigurarsi in una persona divina, è un privilegio per Pietro, Giacomo e Giovanni, che però non possono subito condividere. Infatti, non ne possono parlare. Non possono svelare ora il mistero di chi sia Gesù, cioè la sua gloria come Figlio di Dio. Perché il segreto può solo rilevarsi dopo la sofferenza e morte di Gesù e quindi dopo la sua resurrezione. Questo privilegio sarà però esteso solo dopo, ma ad ogni cristiano.
Ciò avviene per non tentare i discepoli dall’affidarsi ad una gloria indipendente dalla Croce, ad un ”saltare” la sofferenza e la croce, come poi anche la resurrezione. Infatti, molti aspettavano il Messia glorioso in terra, mentre la perfetta glorificazione avverrà solo nel Regno di Dio che accoglie Gesù Risorto.
Nel corso della storia della chiesa, purtroppo, si è pensato
che la chiesa e alcuni fra i suoi rappresentanti potessero essere gloriosi in terra. Invece, non c’è in terra la perfetta gloria di Dio, ci deve essere la trasfigurazione per vederla o intuirla. Ma, come dicevo, si può e si deve ascoltare la Parola del Figlio di Dio per conoscere Dio e comprendere la sua infinita gloria.
Non c’è posto per il vanto e i fanatismi di istituzioni o di nuovi profeti, allora, ma siamo rinviati a Gesù sofferente che ci insegna come vivere su questa terra attraverso la Scrittura.
Le tende che voleva fare Pietro, erano forse un riferimento alla tenda dell’Esodo, al tabernacolo, in cui c’era la presenza di Dio. Ma adesso non c’è un ”sacro” che possiamo delimitare, c’è solo, al contrario dell’Esodo, da ascoltare la Parola di Dio nella Scrittura.
Noi come cristiani, allora pur non avendo teofanie, possiamo però leggere la Scrittura, sentire che il Signore è intervenuto e interviene per noi nella nostra vita, trovare la nostra strada grazie alla sua Parola e alla guida dello Spirito, e non essere messi in crisi dalle difficoltà e dal soffrire, proprio perché sappiamo che la sua gloria va oltre la vita terrena, oltre la sofferenza e la morte. Ma proprio per questo il Signore nel quale confidiamo ha vera e autentica e perfetta gloria. Amen