Digiuno dall’ingiustizia

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Se la scorsa domenica avevamo affrontato il testo di Elia e della vedova, in cui pur nella siccità venivano sfamati giorno dopo giorno da un po’ di farina e olio, oggi vediamo un testo di Isaia in cui si parla di digiuno rituale, religioso. In una società quindi piuttosto sazia da fare del digiuno una possibilità e non una necessità imposta.

Non è affatto un testo difficile da capire, ma complesso è comprendere come sia da applicare alla realtà della nostra società oggi.

«Grida a piena gola, non ti trattenere, alza la tua voce come una tromba; dichiara al mio popolo le sue trasgressioni, alla casa di Giacobbe i suoi peccati.

Mi cercano giorno dopo giorno, prendono piacere a conoscere le mie vie, come una nazione che avesse praticato la giustizia e non avesse abbandonato la legge del suo Dio; mi domandano dei giudizi giusti, prendono piacere ad accostarsi a Dio. “Perché”, dicono essi, “quando abbiamo digiunato, non ci hai visti? Quando ci siamo umiliati, non lo hai notato?” Ecco, nel giorno del vostro digiuno voi fate i vostri affari ed esigete che siano fatti tutti i vostri lavori. Ecco, voi digiunate per litigare, per fare discussioni, e colpite con pugno malvagio; oggi, voi non digiunate in modo da far ascoltare la vostra voce in alto.

È forse questo il digiuno di cui mi compiaccio, il giorno in cui l’uomo si umilia? Curvare la testa come un giunco, sdraiarsi sul sacco e sulla cenere, è dunque questo ciò che chiami digiuno, giorno gradito al SIGNORE? Il digiuno che io gradisco non è forse questo: che si spezzino le catene della malvagità, che si sciolgano i legami del giogo, che si lascino liberi gli oppressi e che si spezzi ogni tipo di giogo? Non è forse questo: che tu divida il tuo pane con chi ha fame, che tu conduca a casa tua gli infelici privi di riparo, che quando vedi uno nudo tu lo copra e che tu non ti nasconda a colui che è carne della tua carne?

Allora la tua luce spunterà come l’aurora, la tua guarigione germoglierà prontamente; la tua giustizia ti precederà, la gloria del SIGNORE sarà la tua retroguardia. Allora chiamerai e il SIGNORE ti risponderà; griderai, ed egli dirà: Eccomi!

Isaia 58:1-9a

Religiosità

Ecco dunque che il profeta viene mandato a parlare contro quelli di Israele, probabilmente persone ai vertici della società, che “prendono piacere ad accostarsi al Signore”, cioè fanno volentieri sfoggio della loro religiosità e vogliono “giudizi giusti”. Non solo cioè lo fanno per apparire pii verso gli altri, ma anche pretendono che il Signore sia con loro e li sostenga nei loro affari.

Il digiuno è dunque qui un esempio di comportamento religiosissimo, plateale ma ipocrita, come se la vera fede non fosse nel seguire la volontà del Signore (che poi viene dopo nel testo ben esplicitata), ma invece nel farsi vedere eseguire rituali. Ma la cosa forse più tragica è che anche coloro che lo fanno non ne vedono l’ipocrisia e chiedono favori per questo loro comportamento al Signore.

Ciò che conta invece non il modo di digiunare, anzi questo sembra che al Signore non interessi per niente, ma la sostanza delle cose: la giustizia, la fraternità, la condivisione, che si spezzi ogni tipo di giogo… e nella visione cristiana che tutto ciò sia fatto con pieno amore fraterno.

Allora il profeta utilizza il termine di “digiuno” per far capire l’essenza del messaggio. Potremmo dire che si parla allora del digiuno dalla prepotenza, dall’ingordigia, dall’arraffare, dall’ingiustizia.

E sì che chi arraffa vuole sempre di più, si abbuffa, ma non è mai sazio, è preso come da una forza che gli stravolge la vita. E non vedrà la luce del Signore, e dirà sempre che Dio non si prende cura di lui perché in realtà vuole sempre di più.

Il testo è dunque chiaro, come la mettiamo però con noi e con il nostro tempo?

oggi, nelle chiese

Gli atteggiamenti di una religiosità rituale, infatti, sono certo sempre meno presenti nella nostra società e nelle chiese stesse. La critica all’ipocrisia religiosa, dove c’è, certamente va fatta forte.

Certe volte non è drammatica. Raccontava un famoso teologo che una volta chiese ad un suo amico cosa facesse prima di sedersi al suo posto in chiesa. Si aspettava che gli dicesse, come è spesso in uso nelle chiese protestanti, che faceva una preghiera di raccoglimento. Invece l’amico rispose: “Conto fino a 15, contare più a lungo mi sembrerebbe esagerato, come volersi vantare”. È sicuramente un episodio curioso e marginale, ma attenzione qualcosa del genere si scopre e ad esempio i giovani intuiscono, e finisce per rendere non credibile il messaggio delle chiese.

Ma, anche se spesso non legata al digiuno, vedete cristiani di varie denominazioni che si vogliono presentare come “giusti”, che infine si auto-assolvono da tutto mettendosi dalla parte dei giusti e mettendo da un’altra parte tutti gli altri.

Spesso lo fanno in base a criteri di una certa comprensione della teologia oppure di atteggiamento di negazione di cose della modernità, anche su come vestirsi a volte.

Ma ci sono anche cristiani, “spigliati” rispetto al mondo, che sono però moralisti. Come ad esempio, è solo un esempio e spero che lo valutiate per quello che è, ci stiamo avvicinando alle campagne di Pane per tutti e Sacrificio quaresimale, non vi sembra che a volte stiamo scivolando in un certo moralismo?

Sembra quasi a volte che noi cristiani abbiamo una soluzione ai tanti problemi del mondo (che non è vero abbiamo certo proposte) e che la indichiamo agli altri, come se noi non partecipassimo a questa società. Certo che i cristiani non sono di questo mondo, ma vivono in questo mondo grazie anche a tante cose che questo mondo produce.

Anche la stessa insistenza al nostro “piccolo” è del tutto giusta, ma scivola verso un moralismo in quanto non bastano tanti piccoli passi su molti problemi globali di ingiustizia, servono nuove politiche ed economie. Rispetto ai grandi ed estesi problemi mondiali, così correlati, così globalizzati, sembra proprio che anche le migliori intenzioni rischiano di essere fallaci sicurezze di far bene, a fronte di problemi grandiosi.

Allora il nostro essere pii, digiunatori enfatici, sembra essere quello di mostrarci più giusti degli altri, o quelli che sanno meglio degli altri cosa fare. Certo che possiamo e dobbiamo fare di più nel nostro “piccolo”, ma non è cosa da propagandare.

C’è invece da calarsi con amore in questo mondo che è vittima e carnefice allo stesso tempo, per andare insieme a cercare soluzioni, annunciando l’evangelo di Gesù Cristo come una risorsa importante per il nostro essere umani. Cosa che se non manca alle volte è espressa con timidezze eccessive.

oggi, come società

Dunque cosa dire nella nostra società partendo da questo testo?

Non è così semplice perché: quanti in fondo si presentano così religiosi, sono così pii oggi? Qual è allora il messaggio che questo testo ci indica da fare al mondo, oltre che batterci per la giustizia e l’amore fraterno? Serve un messaggio al nostro mondo che non sia moralista, ma che indichi una via per vivere meglio e veramente.

Forse dovremmo fare di più una critica alla sfrontatezza di chi si approfitta, alla bulimia del genere di vita che si conduce.

Anche criticare l’apparire. Se non c’è più l’ostentazione della religiosità, c’è però l’ostentazione del successo e della prepotenza. E come prima c’era il voler apparire religiosi e giusti oggi c’è un voler apparire comunque giusti e insieme alla moda del mondo.

C’è però secondo me da combattere la paura del digiuno.

È come, infatti, se la giustizia e lo star bene fossero sempre contrapposti. Invece non dobbiamo aver paura del “digiuno”, non dico della fame, ma del digiuno nel senso di questo passo.

Ebbene sì pur ricchi e alle volte tendenti all’obesità, le nostre società e noi stessi abbiamo paura di digiunare, nel senso di non poterci permettere sempre qualcosa in più. Abbiamo paura perché abbiamo fede solo in noi stessi. Una continua paura che le nostre società occidentali che noi sappiamo vivono così come sono, anche per ingiustizie, non possano farne a meno.

Il Signore, invece, ci chiede di fare la cosa giusta. E che non ci sia spazio per la paura. Se siamo nelle mani di Dio, è Dio che dobbiamo seguire e che si preoccuperà di noi.

Serve allora un digiuno, una resistenza a questo mondo che incensa manager con stipendi straordinari, più persone sono riuscite a licenziare. Un digiuno rispetto allo spreco. Un digiuno dall’idea di successo che è di questo mondo: aver denaro e potere e oggetti da comprare, invece che avere tempo da vivere.

Allora la tua luce spunterà

È scritto così in questo testo di Isaia.

La benedizione che c’è in questo testo non è riservata solo al Regno di Dio, ma anche all’oggi, come di solito è nell’Antico Testamento. Questa luce che spunta ovviamente non ha a che fare con un’abbondanza e uno spreco ancor maggiori rispetto al mondo attuale. È una visione nuova dell’esistenza, è un ringiovanimento delle idee e delle prospettive che abbiamo. Una maggiore autenticità di vita. Un ritrovata fraternità grazie a Gesù Cristo, perché non è questione di buoni sentimenti, ma di fede e dell’aiuto che il Salvatore ci dona.

Chi lascia la paura ritrova il tempo per le cose genuine e vere ed importanti. Ritrova il rispetto dei giovani, e un modo differente di intendere la fede, non una forma, ma un contenuto che riempie tutto il nostro vivere con amore e giustizia.

Non che cambieranno di colpo tutte le situazioni, ma avremo la consapevolezza di essere sulla strada che il Signore ci addita e quindi di trovarci alla luce della sua presenza benigna. Amen


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