Le beatitudini (Matteo 5:1-12)

Le beatitudini sono uno dei testi più noti dell’evangelo di Matteo. In Matteo questo è il discorso inaugurale di Gesù, dunque quello che dà il tono e la giusta interpretazione a ciò che succede dopo.

Per alcuni commentatori le beatitudini vanno intese come un testo messianico. “Le beatitudini disegnano i tratti di una figura ideale, quella di Gesù Cristo.” E quindi divengono i tratti del discepolo, come esempio del suo maestro. Le varie categorie di beati sono chiarite riferendosi dalla vita stessa di Gesù (e dunque dall’intero evangelo).

In questo senso sono contemporaneamente annuncio di grazia escatologica e comandamenti impliciti, e non c’è una interpretazione netta in un senso o in un altro.

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L’inizio è solenne:

Matteo 5:1-2 Gesù, vedendo le folle, salì sul monte e si mise a sedere. I suoi discepoli si accostarono a lui, ed egli, aperta la bocca, insegnava loro dicendo:

È il discorso del Messia, di qualcuno più grande di Mosè (anche se non si interpreta Matteo come costruito con in mente il Pentateuco). Non è il legislatore, ma colui che dà la retta interpretazione della legge. Ma è anche il re che si siede sul trono e inaugura il suo Regno.

Molte sono state le domande che si sono fatte e alcune direzioni implicite di interpretazione.

Quelli che seguono sono un insieme dei requisiti di entrata nel Regno oppure sono delle visioni del nuovo Regno? Sono comandamenti o espressioni della grazia di Dio? In fondo anche se sono espressioni di grazia, potremmo vederli come comandamenti impliciti.

Inoltre, sono beatitudini da mettere una accanto all’altra o sono da considerare in gruppo, come riguardassero un solo gruppo di persone?

È un testo per tutti i discepoli o per tutti “tutti”? O per una categoria speciale di discepoli? Certamente per tutti coloro che ascoltano Gesù, nella loro assoluta esigenza, che spiazza spesso gli ascoltatori.

Espongo queste domande perché ho visto spesso che del testo biblico si cerca spesso una interpretazione netta che spieghi un po’ tutto. Ma ciò che fa riferimento è il testo biblico stesso, non la sua interpretazione, e il testo biblico stesso è pieno di diversi piani di lettura, sfaccettato e che non ci lascia quieti con qualche interpretazione che ci piace e nella qual ci riposiamo.

Infine, il testo così come lo abbiamo non è direttamente un testo di Gesù, sia pure in traduzione, è un insegnamento strutturato così da Matteo e forse anche dal primo traduttore. Però ricalca il modo di insegnare di Gesù atto a far ricordare il contenuto di ciò che diceva.

Beati i poveri in spirito, perché di loro è il regno dei cieli.
Beati quelli che sono afflitti, perché saranno consolati.
Beati i mansueti, perché erediteranno la terra.
Beati quelli che sono affamati e assetati di giustizia, perché saranno saziati.
Beati i misericordiosi, perché a loro misericordia sarà fatta.
Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio.
Beati quelli che si adoperano per la pace, perché saranno chiamati figli di Dio.
Beati i perseguitati per motivo di giustizia, perché di loro è il regno dei cieli.
Beati voi, quando vi insulteranno e vi perseguiteranno e, mentendo, diranno contro di voi ogni sorta di male per causa mia.
Rallegratevi e giubilate, perché il vostro premio è grande nei cieli; poiché così hanno perseguitato i profeti che sono stati prima di voi. (versione Nuova Riveduta Matteo 5:1-12)

Beati!

La traduzione del termine greco makarios usato da Omero per descrivere la condizione degli dèi dell’Olimpo, ma poi usata per dire felice, fortunato ad una persona come modo di dire.

Dovrebbe corrispondere al termine aschrê nelle Scritture ebraiche Salmo 1:1 Beato l’uomo che non cammina secondo il consiglio degli empi”. Beato non è felice nel senso soggettivo, ma colui che è in pace con Dio. Dunque, tradotto anche con fortunato, benestante, felice…

Non solo materia

C’è un contrasto -lo sappiamo- fra un vivere considerando solo le cose materiali del mondo e una visione che contempla anche l’aspetto spirituale dell’esistenza. Spesso la gente è così potentemente attaccata a tutto ciò che è materiale da giudicare beate le persone che hanno di più, come ricchezze o potere, e beni materiali.

L’intervento di Gesù porta a cambiare però la visione che dobbiamo avere. La realtà, perché di realtà si tratta, è più complessa ed è anche spirituale.

C’è però anche cosa sia importante nell’ordine del mondo, nella concretezza dell’esistenza. E questo porta (anche se non sempre è stato così, non c’è una santificazione della povertà, ma la lotta alla povertà) ad un messaggio che è un annuncio di dignità e di valore per i diseredati, per i perdenti di questo mondo. Con Gesù c’è un diverso ordine.

Dolcezza

Una dolcezza viene a noi da queste parole, perché? Innanzitutto, perché sono parole di benedizione, di beatitudine verso gli esseri umani da parte di Gesù Cristo.

Beati i poveri in spirito, perché di loro è il regno dei cieli.

Al contrario delle beatitudini/maledizioni riportate in Luca, qui non c’è solo poveri, ma poveri di Spirito, o come traduce la TILC che sono poveri di fronte a Dio.

Mettere Dio al primo posto. (L’etica cristiana vive solo con questo primato ben chiaro). Infatti “il povero in spirito è un uomo che, proprio in virtù della sua condizione di povertà, percepisce il suo essere bisognoso di qualcuno o di qualcosa.” La prima beatitudine sarebbe parafrasabile allora in: fidati di Dio

Quindi qui con poveri di spirito, non si parla di povertà materiale, ma di coloro che si affidano a Dio. Forse perché l’esperienza insegnava che la povertà non è condizione che porta comunque a un atteggiamento umile nei confronti di Dio, come la ricchezza non ci fa divenire per forza sprezzanti. Però certo il ricco (anche di salute o di forza) tende a sentire meno la sua dipendenza da Dio.

Qui va sottolineato che non abbiamo qui il frutto di una scelta, o forse solo in parte, ma una condizione. E così se consideriamo anche altre beatitudini (ad esempio essere perseguitati è una conseguenza del proprio agire, non una scelta).

Futuro

Non sono solo al futuro le beatitudini, in particolare questa prima è al presente. Alcune delle beatitudini sono realizzate certo nel futuro, nel futuro escatologico, in quello del Regno di Dio. Ma proprio questo Regno è già loro fin da adesso. È come una nuova condizione che si riceve dalla grazia di Dio.

Si osservi che sentire che il Signore è dalla nostra parte, proprio quando capiamo che dipendiamo in ogni cosa da lui. Non è una consolazione, ma una beatitudine, un essere trasformati nella speranza e nella mente in modo da avere nuova vita in noi.

Beati quelli che sono affamati e assetati di giustizia, perché saranno saziati.

Di che giustizia si parla qui?[1] Alcuni sottolineano la giustizia personale o la giustizia sociale. Il tema della giustizia è sempre presente nei profeti e nell’Antico Testamento, sul quale sfondo le beatitudini si collocano.

Per altri è la giustizia che viene da Dio. Per sé e per il mondo. Una giustificazione da parte di Dio, un essere considerati giusti?

Ma se anche si cerca di essere giustificati da Dio, con tutto il proprio essere, ecco la fame e la sete di giustizia, pur con un collegamento non diretto e alle volte problematico, non si cerca anche la giustizia su questa terra?

Beati quelli che si adoperano per la pace, perché saranno chiamati figli di Dio.

I facitori di pace, gli operatori di pace, i costruttori di pace, quelli che si adoperano per la pace, ma anche i riconciliatori, che appiano i dissidi. Sono quelli che cercano la vera pace, lo shalom, l’equo benessere.

La pace non è solo lo stare bene per sé stessi. La pace qui è qualcosa di molto più grande e acquista questo valore proprio dal confronto con le altre beatitudini. In questo non se ne può prendere solo una staccata dalle altre.

Sono chiamati figli di Dio. Certo la seconda parte delle beatitudini dice in modi differenti la stessa cosa, ma qui la scelta è di chi nel mondo viene chiamato e riconosciuto come qualcuno che viene da Dio, che opera come figlio di Dio.

Beati i perseguitati… quando vi insulteranno e vi perseguiteranno

Qui Matteo o chi per lui ha agganciato ai perseguitati perché cercano la giustizia ai cristiani (assimilati ai profeti che in effetti cercavano anche giustizia). Un ordine diverso dei valori rispetto al mondo, si vede anche quando si parla alla fine della beatitudine particolare che riguarda coloro che sono perseguitati perché credono in Gesù Cristo. (E qui non possiamo che ricordare i tanti cristiani che in zone da noi lontane del mondo sono perseguitati in quanto cristiani.)

Quasi nessuno dei cristiani oggi perseguitati si sono particolarmente esposti in maniera fanatica ai persecutori, ai loro uccisori… Certo alcuni come antichi profeti hanno sfidato i regimi e i violenti, ma il cristiano è un annunciatore dell’evangelo alle volte anche solo con la sua presenza, chi infatti conosce le grandi opere di Dio, la salvezza portata dal Cristo per l’umanità, diviene sale e luce per la sua società. (Versetto che per l’appunto segue il passo delle beatitudini). Un annuncio gioioso che fa ritrovare speranza e coraggio, che fa cercare la giustizia e la pace, che ti rende beato dunque pur in mezzo alle persecuzioni e al non-senso del mondo.

La persecuzione è anche la cifra che mostra che l’azione dei cristiani e delle cristiane nel mondo non è solo qualcosa di spirituale, nel senso che a questo termine danno i detrattori, cioè di non concreto di non essenziale. Invece l’essere spirituali ha forti esigenze e ricadute di concretezza, di intervento nel mondo, di lotta e di resistenza.


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