Da discepoli ad apostoli (Matteo 9:35-38)

Quando Gesù si rende conto che da solo non può raggiungere tutte le città e i villaggi, decide di scegliere alcuni fra i discepoli e di mandarli al suo posto, da cui il nome apostoli, che vuol dire mandato, inviato. Infatti dopo il passo che leggiamo saranno indicati i nomi dei dodici.

Matteo 9:35-38 Gesù percorreva tutte le città e i villaggi, insegnando nelle loro sinagoghe, predicando il vangelo del regno e guarendo ogni malattia e ogni infermità. Vedendo le folle, ne ebbe compassione, perché erano stanche e sfinite come pecore che non hanno pastore. Allora disse ai suoi discepoli: «La mèsse è grande, ma pochi sono gli operai. Pregate dunque il Signore della mèsse che mandi degli operai nella sua mèsse».

C’è quindi un cambiamento, i discepoli sono trasformati in missionari, non sono più solo quelli che seguono e che ascoltano il maestro, dei discepoli appunto, ma sono anche apostoli, mandati dal maestro al suo posto, a fare ciò che Gesù faceva in vece sua.

Questo essere mandati dal Signore, ci riguarda in prima persona, perché dopo la Pentecoste tutti i cristiani, sostenuti dallo Spirito, sono inviati nel mondo come missionari, apostoli di Gesù Cristo.

Come cristiani quindi non siamo solo quelli che cercano bene o male di seguire Gesù nella propria vita, di capirne l’insegnamento e di metterlo in pratica, dei discepoli, ma anche coloro che devono agire seguendo Gesù.

Con quale compito

In questo testo tre termini sono scelti per descrivere l’attività di Gesù, e quindi degli apostoli e quindi di tutti i cristiani: insegnare, predicare e guarire.

L’insegnare, viene qui specificato è nelle sinagoghe, è una spiegazione della Scrittura, un far comprendere il significato di ciò che è scritto in rapporto al Cristo. Si legge la Scrittura per arrivare al Cristo.

Il predicare è più precisamente l’annunziare che quelle promesse di Dio sono mantenute, non è portare un nuovo messaggio, dare un nuovo contenuto, ma annunciare che l’arrivo del Cristo annunciato nelle Scritture si realizza in Gesù di Nazareth.

Infine c’è il guarire, che è uno dei segni del Messia, ridare la vista ai ciechi e prendersi cura dei sofferenti e ammalati, è dimostrazione che finalmente il Messia è arrivato e dà inizio a una nuova era.

Per noi le cose sono un po’ differenti. L’insegnare e il predicare sono verso delle folle che poco conoscono la Scrittura. C’è dunque da insegnare le basi del messaggio cristiano e insieme di annunciare Gesù Cristo come Salvatore, infatti il termine Messia non ha più la valenza di liberatore che aveva a quel tempo. Inoltre il prendersi cura delle persone sofferenti e ammalate dovrebbe essere il tratto distintivo dei cristiani e delle chiese.

Perché: la compassione

Alla base di questo agire, e non del solo guarire, c’è la compassione del Figlio di Dio per le folle, stanche e sfinite, ma anche si potrebbe tradurre lacerate e buttate a terra.

Perché sono stanche e sfinite? Perché sono come pecore senza pastore, senza chi se ne prenda cura e dia loro una guida.

Nell’Antico Testamento l’immagine del buon pastore è spesso contrapposta ai cattivi pastori, a quelli cioè che hanno una qualche autorità e si approfittano della loro posizione contro il popolo, a scapito delle folle. Quando si dice di folle stanche e sfinite, non si parla allora solo di persone ammalate o morenti, ma anche di persone che sono vittime dell’ingiustizia, dello sfruttamento economico, delle cattive politiche e del modo di vivere del tempo che porta a difficoltà materiali ed esistenziali.

Per questo non c’è solo l’attività di guarigione, c’è anche l’insegnamento per spiegare il messaggio di amore di Dio per le folle sfinite e per dargli capacità di comprendere meglio il mondo in cui vivono. E c’è l’annuncio che il Signore è arrivato e cambia ogni cosa, per farle uscire dalla rassegnazione e dargli il coraggio di resistere e vivere.

La messe

Anche in come Gesù trasforma l’immagine delle messe si ritrova la sua compassione. Questa immagine biblica infatti era in origine immagine di giudizio, arriva il mietitore con la falce e tagliava via i peccatori… Con Gesù, invece, diviene annuncio di salvezza. Le spighe mature sono il segno dei credenti che ricevono grazia su grazia, il mietitore è Colui che li raccoglie insieme, in comunità, in comunione, e la mietitura diviene la festa del raccolto e l’occasione della lode al Signore.

Non c’è ombra di giudizio, ma annuncio di salvezza, per grazia. Alle folle stanche, sfinite, provate dal mondo, alle folle certo non innocenti, spesso anche egoiste e ingiuste, ma stravolte dal mondo, trascinate dai suoi meccanismi perversi, umiliate dai potenti, non viene annunciato l’arrivo di Colui che le spezzerà per sempre o le annienterà visto che sono nella debolezza, ma al contrario è annunciata la cura del Signore verso di loro nel fasciarle, guarirle, accogliendole, perdonandole, facendogli grazia, dandogli salvezza.

Oggi

Oggi come sempre il motivo per essere apostoli della grazia di Cristo, sta nella compassione della debolezza, dispersione, estraniamento dell’umanità. Il motivo è dunque l’amore del prossimo a cui il messaggio di salvezza giunge come balsamo, rigenerazione, rafforzamento ed anche richiamo alla conversione. Il motivo non è quindi incrementare una chiesa, dar lustro al proprio nome o perseguire una politica…

E la possibilità di essere apostoli, sta nella forza non nostra, ma dello Spirito santo. Non è semplice, infatti, dinnanzi alle grandi e terribili cose del mondo, pensare di avere qualcosa da dire, ma la predicazione è annuncio di una notizia non nostra, che proclama, amplifica la notizia sempre nuova di Gesù Cristo, con il sostegno e la guida dello Spirito.

Certo siamo ancora discepoli che devono ascoltare e imparare. Per riuscire ad essere testimoni dobbiamo sentire il messaggio nella sua urgenza e potenza, ma lo scopo ultimo non è solo ascolto, ma pur nella nostra debolezza siamo chiamati a trasmettere il messaggio della buona notizia. Ecco perché i cristiani quasi appena convertiti sono già annunciatori.

La preghiera per la messe

I bisogni dell’umanità sono profondi e vasti, troppe sono le sofferenze e le ingiustizie, e la rassegnazione… e la cristianità a volte è in affanno. Non possiamo che pregare anche noi il Signore che ci dia forza e susciti molti veri cristiani, solleciti e amorevoli verso il prossimo.

Siamo dunque apostoli della buona notizia e insieme coloro che pregano perché il Signore non dimentichi le folle desolate, ma susciti sempre nuove persone in grado di portare il suo messaggio e la sua azione. E non abbiamo da rassegnarci infatti è per la potenza di Dio che siamo costituiti annunciatori di grazia e di amore da parte di Dio. E la sua compassione è sovrabbondante verso tutti. Amen


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