La sapienza e la croce

È chiaro che spesso se sei cristiano sei considerato un po’ come uno stupidotto. Uno che crede a cose che sono come favole, e che le crede solo perché non sa abbastanza, non ha studiato a sufficienza, non è certo un sapiente.

È così che spesso anche i cristiani, nel tentativo di accreditare la cittadinanza nella società umana della loro fede, hanno studiato, e hanno fatto grandi sforzi per parlare il linguaggio della cultura e della scienza, per comunicare al meglio, magari con eloquenza, la speranza che è il loro, la conoscenza che hanno ricevuto con la fede.

Questo da una parte ha fatto anche bene, perché ha tolto dal cristianesimo una serie di orpelli e di credenze ingiustificate, ha dato una ripulita alle pie frodi del Medioevo, alle volte abbagli dovuti all’ignoranza, altre volte vere e proprie invenzioni fatte magari a fin di bene, spesso semplicemente dei raggiri.

D’altra parte ciò ha fatto della fede per certi versi qualcosa di intellettuale, ha creato ad esempio un linguaggio e una teologia di una difficoltà disarmante. Lo vediamo nelle chiese riformate, con assenza di aspetti poco fedeli e ingenui, con una rigorosità teologica invidiabile, ma certo anche con un culto alle volte difficile, uno studio biblico che per non essere banale, diviene magari non interessante.

I Corinzi 1:18-31 La predicazione della croce è pazzia per quelli che periscono, ma per noi, che veniamo salvati, è la potenza di Dio; infatti sta scritto: «Io farò perire la sapienza dei saggi e annienterò l’intelligenza degli intelligenti».

Dov’è il sapiente? Dov’è lo scriba? Dov’è il contestatore di questo secolo? Non ha forse Dio reso pazza la sapienza di questo mondo? Poiché il mondo non ha conosciuto Dio mediante la propria sapienza, è piaciuto a Dio, nella sua sapienza, di salvare i credenti con la pazzia della predicazione. I Giudei infatti chiedono miracoli e i Greci cercano sapienza, ma noi predichiamo Cristo crocifisso, che per i Giudei è scandalo, e per gli stranieri pazzia; ma per quelli che sono chiamati, tanto Giudei quanto Greci, predichiamo Cristo, potenza di Dio e sapienza di Dio; poiché la pazzia di Dio è più saggia degli uomini e la debolezza di Dio è più forte degli uomini.

Infatti, fratelli, guardate la vostra vocazione; non ci sono tra di voi molti sapienti secondo la carne, né molti potenti, né molti nobili; ma Dio ha scelto le cose pazze del mondo per svergognare i sapienti; Dio ha scelto le cose deboli del mondo per svergognare le forti; Dio ha scelto le cose ignobili del mondo e le cose disprezzate, anzi le cose che non sono, per ridurre al niente le cose che sono, perché nessuno si vanti di fronte a Dio. Ed è grazie a lui che voi siete in Cristo Gesù, che da Dio è stato fatto per noi sapienza, giustizia, santificazione e redenzione; affinché com’è scritto: «Chi si vanta, si vanti nel Signore».

Dov’è il contestatore?

Questo testo parla non solo dei sapienti, man anche del contestatore. È come se l’apostolo sapesse che non sempre la sapienza viene tenuta in alta considerazione, ma a volte sorgano chi contesta, chi rivendica per sé una conoscenza più alta, una comprensione più profonda in alternativa alla sapienza o alla scienza più in voga.

Ed ecco i contestatori, gnostici o simili del tempo apostolico e quelli del nostro tempo, ad esempio i complottisti che trovate sui social network o anche in libreria, che affermano di avere una conoscenza più segreta, innovativa, di aver scoperto la verità dopo secoli contro la chiesa che rimuoveva dalla Scrittura vangeli gnostici e fantasiosi… Cose per altro mai negate e risapute, ma che portano per loro a rivelazioni su Gesù che ne fanno un semplice profeta, oppure un campione della politica di classe o in tempi recenti un extraterrestre. Però anche il contestatore in effetti rivendica di essere pieno di sapienza, più sapiente di tutti.

La croce

Ma dinnanzi alla vantata pienezza di sapienza, al raffinato ragionamento filosofico o esoterico, al rivendicare in un verso o in un altro maggiore conoscenza, ecco l’annuncio apostolico semplice e diretto: la croce di Cristo.

Nella morte di Gesù Cristo, cioè per mezzo di un sistema di tortura ed esecuzione infamante di quel tempo, ci viene detto si rivela la realtà di Dio. Attraverso la croce di Cristo e non attraverso la gloria Dio, viene cambiata la prospettiva e la storia dell’umanità: Dio si è fatto uccidere sulla croce per darci salvezza.

Ed è da qui, da questo evento straordinario (nel senso letterale di non ripetuto e non quotidiano) che si deve comprendere la vita e la morte, la verità e la giustizia, la nostra esistenza e quella del mondo.

Non miracolo, né sapienza

Non è miracolo, non è sapienza, non sono belle parole né atto potente. La morte sulla croce di Gesù Cristo svergogna le potenze del mondo che condannano l’innocente e insieme realizza salvezza per questo mondo scellerato.

Non c’è mediazione alcuna con la sapienza gloriosa e vanagloriosa di ogni tempo, non c’è potente che possa sentirsi al sicuro da questa rivelazione che Dio prende “le cose che non sono” per rovesciare come noi intendiamo il mondo, dunque per giudicarlo, definitivamente, e per salvarlo insieme.

Quando si è nella sofferenza o si vede avvicinarsi la propria fine, quando si è travolti dall’ingiustizia e dalla violenza, guardare alla croce di Cristo certo da una parte ci fa male. Non possiamo infatti  aspettare il capitano coraggioso, il supereroe che tutto risolva, ma abbiamo da vivere su questa terra… Ma d’altra parte sappiamo che non è nella sapienza e violenza del mondo la vera gloria, la vera sapienza o l’autentica giustizia, ma al contrario è proprio nella negazione e nel rovesciamento del potere che uccide e della follia omicida umana, è proprio nella negazione dell’inesorabilità della malattia e della morte, che si schiera il nostro Signore e Signore di ognuno e di ogni cosa.

Chiesa non gloriosa

Guardate la vostra vocazione, dice l’apostolo, cosa ti fa arrivare alla chiesa, se non la vocazione, la chiamata del Signore? Certo dopo i tempi apostolici, quando la chiesa è divenuta fenomeno sociale e non libera associazione, è meno evidente il senso della vocazione, della chiamata di Dio. Ma non per questo non siamo chiamati.

E guardiamoci allora, non ci sono molti sapienti secondo il mondo fra noi, non è un club di persone potenti la chiesa, e questo non è solo qualcosa che riguardi la classe sociale, ma anche se mi passate l’espressione è anche per la questione morale: noi siamo chiamati infatti da Dio con tutti i nostri difetti e con tutti i nostri errori. Eppure siamo qui, a costituire la chiesa.

E noi non possiamo far altro, dunque, proprio perché non possiamo vantarci di noi stessi (se no sarebbe del tutto proditorio, azzardato), che annunciare Gesù Cristo, morto sulla croce, risorto come primizia per amore di Dio.

Ci sono domande che ci possono fare e che ci possiamo fare: sulla resurrezione, sul futuro della nostra società, su come allevare i figli, sul senso della vita, sulla salute o sulla pensione… ebbene noi non abbiamo né risposte, né soluzioni, noi non siamo i sapienti o coloro che lo pretendono di essere, noi abbiamo solo da dire con tutta la forza e l’onestà di cui siamo capaci: vai da Gesù Cristo. Ascolta le sue parole di accoglienza e di riscatto. Lì è la vita, la chiave della vera comprensione dell’esistenza.

Egli è morto per noi e quindi anche per te, per essere la nostra «sapienza, giustizia, santificazione e redenzione». Egli ci mostra che il mondo non è giusto e non è sapiente, che se c’è un po’ di giustizia e di sapienza va valutata solo attraverso lo sguardo del Cristo crocifisso.

E proprio nella negazione delle potenze e delle false sapienze umane però ci dà da vivere con speranza e fiducia nel domani. Amen


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