La giusta relazione

Abramo dopo aver ubbidito alla chiamata del Signore, per andare in una terra sconosciuta e essere padre di molti, non ha ancora avuto un figlio. Sono passati gli anni ed è sempre più perplesso e esprime tutto il suo disappunto.

Dopo questi fatti, la parola del SIGNORE fu rivolta in visione ad Abramo, dicendo: «Non temere, Abramo, io sono il tuo scudo, e la tua ricompensa sarà grandissima».
Abramo disse: «Dio, SIGNORE, che mi darai? Poiché io me ne vado senza figli e l’erede della mia casa è Eliezer di Damasco».
E Abramo soggiunse: «Tu non mi hai dato discendenza; ecco, uno schiavo nato in casa mia sarà mio erede».
Allora la parola del SIGNORE gli fu rivolta, dicendo: «Questi non sarà tuo erede; ma colui che nascerà da te sarà tuo erede».
Poi lo condusse fuori e gli disse: «Guarda il cielo e conta le stelle se le puoi contare». E soggiunse: «Tale sarà la tua discendenza».
Egli credette al SIGNORE, che gli contò questo come giustizia. (Genesi 15,1-6)

La perplessità di Abramo

Abramo è sempre considerato un esempio di fede, ed a ragione.
Abramo infatti non è pio nel senso che si dà di solito a questa parola, non ha una fede automatica e come dire rassegnata, ma chiede a Dio conto della sua situazione e con il Signore discute. In questo passo ad esempio di fronte all’affermazione di Dio iniziale, che sembra ad Abramo probabilmente un rilancio senza che si sia visto l’inizio, Abramo esprime tutto il suo disappunto.
In questo suo discutere, come anche in altri brani, Abramo mostra che il credente è in dialogo con il suo Dio, anche –come in questo caso– esponendogli le sue perplessità.

La fede non è un problema degli atei, ma di quanti hanno udito la chiamata, dei credenti, di quanti hanno udito la promessa.

Già la promessa di Abramo, non è la nostra promessa. Le promesse di Dio verso di noi possono essere molteplici, solo una ci accomuna con tutti: quella di vivere dopo la morte, l’annuncio di resurrezione.

Della questione della ricompensa è piuttosto rischioso parlarne. Rischioso perché alle volte i credenti pensano gli spetti una ricompensa su questa terra per il fatto di essere credenti. Invece spesso i credenti sono perseguitati, proprio a motivo della loro fede, e non è detto che stiano meglio. Ai credenti non è risparmiato il mondo…
Non si può negare però che spesso si hanno dei doni, una ricompensa in cui la fede, la fiducia di vivere affidandosi al Signore, porta qualcosa di positivo e buono nella vita dei credenti. Si loderà allora Iddio per la sua provvidenza, stando attenti però che questa non è dovuta, ma è un dono, come sono doni del Signore le benignità che Egli largisce in quantità verso tutti i viventi.

La risposta del Signore

Dinnanzi alle perplessità di Abramo, il Signore gli dà questa visione delle stelle… Cosa significa questo? Sottolinea il fatto che Egli è il Creatore? È un segno della sua potenza? Ribadisce che il futuro è di Dio? Oppure cerca di far elevare Abramo oltre il contingente, oltre l’ansia quotidiana?
Le interpretazioni possono essere varie, ma ciò che è certo è che dopo questo aver guardato il cielo stellato fuori della sua tenda, Abramo crede nelle parole del Signore.
Come ci parla il Signore? Attraverso la Scrittura? Attraverso una esperienza, un incontro? Con la natura? Attraverso una visione come per Abramo? Con un ragionamento, un sentimento? Non è possibile saperlo precisamente.

Quello che sappiamo è che attraverso tante cose varie e spesso banali, che magari per molti non significano nulla, c’è alle volte il dono della fede. Il Signore ci dà fede in modi impossibili spesso da tracciare, da capire, da riferire. Per questo non possiamo dimostrare la fede, ma solo testimoniarla, solo viverla, solo dire: “ho questa fede”.
E d’altra parte questa fede che ci viene inspiegabilmente donata, non è distrutta dagli eventi, ma permane –magari dubbiosa, piccola, incerta alle volte– ma permane nel nostro cuore, dove l’ha messa il Signore stesso.

Giustizia?

Infine, questo aver fiducia nel Signore è messo ad Abramo in conto di giustizia. Giustizia in che senso?
Siamo abituati a pensare alla giustizia di solito come qualcosa di assoluto. Una idea generale, un codice da applicare a tutte le situazioni e in tutte le epoche. Molto più concretamente la giustizia nella Scrittura è qualcosa di contingente, che concerne le relazioni fra individui. Non è quindi un’idea astratta, ma su come due o più persone entrano in relazione.

Qui i due interlocutori sono Abramo e il Signore. Abramo dunque si pone nella giusta relazione con Dio. La sua giustizia è confidare nel Signore, riconoscergli il ruolo del Signore, riconoscerlo come Dio al di sopra dei limiti umani, oltre che di possibili altre potenze.

In effetti gli esseri umani possono fare molto, come singoli e come società, però queste possibilità, specie al giorno d’oggi con il mito del progresso, hanno portato a pensare che in qualche maniera si possa fare prima o poi ogni cosa. E a dire da parte di molti che ciò che non si può fare non esiste, non è possibile, nemmeno a Dio.
La fede di Abramo è invece nel riconoscere il proprio limite, anche di comprensione, e di affidarsi alla parola di Dio, che fa stato senza questioni ulteriori.
Per questo, anche se avanti negli anni, anche se con alle spalle lunghi anni in cui la promessa sembrava dispersa, anche se in un territorio ancora sconosciuto e in fondo ostile, Abramo si apre al futuro e risponde con la sua fede ad una grazia che già gli è stata assegnata.

La grazia ci apre al futuro di Dio anche se l’oggi ha odor di morte. Questo vale per la nostra vita individuale, vale in un tempo così incerto e tenebroso per tutto il nostro mondo. Ed ecco che ci arriva questo annuncio del Signore, tutto da condividere, di vivere con fiducia al servizio del Signore in ogni cosa che facciamo.
Nelle sere dubbiose, guardiamo allora il cielo e pensiamo al nostro Creatore misericordioso. Amen


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