Riuniti in noi stessi

Può una storia molto particolare, lontana da noi per tempo e per cultura parlare a noi esseri umani contemporanei? Può quella situazione così particolare avere un messaggio per il nostro quotidiano? Certo! Se parla di alienazione e di guarigione, di rabbia e di serenità, di abbandono e della grazia del Signore che arriva.

Approdarono nel paese dei Gerasèni, che sta di fronte alla Galilea.
Quando egli fu sceso a terra, gli venne incontro un uomo della città: era posseduto da demòni e da molto tempo non indossava vestiti, non abitava in una casa, ma stava fra le tombe.
Appena vide Gesù, lanciò un grido, si inginocchiò davanti a lui e disse a gran voce: «Che c’è fra me e te, Gesù, Figlio del Dio Altissimo? Ti prego, non tormentarmi».
Gesù, infatti, aveva comandato allo spirito immondo di uscire da quell’uomo, di cui si era impadronito da molto tempo; e, anche quando lo legavano con catene e lo custodivano in ceppi, spezzava i legami, e veniva trascinato via dal demonio nei deserti.
Gesù gli domandò: «Qual è il tuo nome?» Ed egli rispose: «Legione»; perché molti demòni erano entrati in lui.
Ed essi lo pregavano che non comandasse loro di andare nell’abisso.
C’era là un branco numeroso di porci che pascolava sul monte; e i demòni lo pregarono di permetter loro di entrare in quelli. Ed egli lo permise.
I demòni, usciti da quell’uomo, entrarono nei porci; e quel branco si gettò a precipizio giù nel lago e affogò.
Coloro che li custodivano videro ciò che era avvenuto, se ne fuggirono e portarono la notizia in città e per la campagna.
La gente uscì a vedere l’accaduto; e, venuta da Gesù, trovò l’uomo, dal quale erano usciti i demòni, che sedeva ai piedi di Gesù, vestito e sano di mente; e si impaurirono.
Quelli che avevano visto, raccontarono loro come l’indemoniato era stato liberato.
L’intera popolazione della regione dei Gerasèni pregò Gesù che se ne andasse via da loro; perché erano presi da grande spavento. Egli, salito sulla barca, se ne tornò indietro.
L’uomo dal quale erano usciti i demòni, lo pregava di poter restare con lui, ma Gesù lo rimandò, dicendo:
«Torna a casa tua, e racconta le grandi cose che Dio ha fatte per te». Ed egli se ne andò per tutta la città, proclamando tutto quello che Gesù aveva fatto per lui. (Luca 8,26-39)

Indemoniato

Indemoniato. Pagano. Impuro, per il suo vivere fra le tombe. Che cosa ha quell’uomo? Una forma di forte schizofrenia, una pluralità di personalità dicono gli psichiatri moderni quando leggono questo passo.
Malato psichiatrico che però Gesù guarisce con sicurezza e velocemente, tanto che infine l’uomo è per tutto calmo, senza più la scissione interiore e la rabbia dentro di sé. Guarito, riunito in sé stesso…

Oppure ad averlo ridotto così erano proprio demoni, di cui poco conosciamo, un qualcosa che sfugge alla comprensione di allora e a quella di oggi.
Ma poi, per chi è in quello stato non sono forse le tante personalità proprio come una legione, come una moltitudine di demoni che scuotono quell’uomo fin dal profondo?

Ma ricordate l’apostolo Paolo: né altezze, né profondità, niente e nessuno, né malattia né demoni dunque, potranno separarci dall’amore di Dio che in Cristo Gesù. Ed ecco allora, sopra di essi, ergersi Gesù. Colui che non lascia nella sofferenza, sia pure un pagano, che interviene con forza e scioglie e guarisce e ridona pace.

La distanza temporale e di mentalità è molta, ma non solo ieri come oggi la malattia psichica è fonte di preoccupazione, crea ansia e rende incerti, ma anche chi vive la sua vita più normale e integrata in questa società forse non è così placido e in pace con sé stesso. Non siamo infatti noi moderni, anche se non patologicamente, come naturalmente scissi, fra sicurezza psicologica e ansia per quello che ci può succedere, razionalisti e superstiziosi insieme, soddisfatti e con una rabbia interiore, coloro che sono in pace, ma anche in guerra col domani, cittadini sicuri e indifesi sudditi del mercato e delle forze mondiali?

Guardiamo all’uomo guarito, sanato, liberato. Non pensiamo allora subito ai dettagli della storia o alla complessità del racconto, ma guardiamo e lodiamo Dio per il suo prodigioso intervento, perché come Gesù Cristo è intervenuto per l’uomo di Gerasa, così interviene per noi di ogni luogo del mondo.

Successo/insuccesso

Spesso valutiamo le azioni con i criteri del successo e dell’insuccesso. Dal punto di vista cristiano bisogna sempre stare attenti che i criteri stessi di giudizio sono differenti fra il mondo e Gesù.

Come valutare da un punto di vista del mondo la missione, l’avventura di Gesù nella regione dei Geraseni? Vi arriva, possiamo pensare umanamente, per radunare folle e lanciare il suo messaggio e infatti di solito dopo aver guarito qua e là delle persone, ecco che gli si accalcano intorno.
Da questo punto di vista la sua azione è allora un completo insuccesso, c’è solo un convertito, e che dire neanche convertito all’evangelo ma che andrà a dire come Gesù lo ha guarito, manca l’aspetto teologico, intellettuale, come quello ecclesiale.

Secondo il criterio di Gesù però abbiamo il grande successo (e questo ci deve far riflettere anche sulla nostra azione di testimonianza), c’è infatti una guarigione di un uomo che era da anni condannato ad una vita non umana, fuori della civiltà umana, nella auto violenza e nell’abbandono.
Gesù infatti non fa delle guarigioni strumentali, per far parlare di sé, ma guarisce alle volte malgrado i suoi programmi, perché riconosce ed ha pietà dell’umana sofferenza.

Poi c’è la testimonianza che quell’uomo guarito farà. Possiamo minimizzarla e relativizzarla.
Ma non è quella anche testimonianza dell’evangelo? Non è nel vivere della grazia che Dio ci ha fatto, nel ringraziare per i prodigi che il Signore ha fatto nella nostra vita, la maniera migliore di testimoniare l’evangelo?

La paura

La paura dell’intervento di Dio. Questa è ben presente nella Scrittura, di solito perché l’essere umano non si sente all’altezza dell’incontro con Dio. Ma qui il miracolo è avvenuto, benigno e completo. Però c’è comunque paura. Non penso sia tutto dovuto ai danni di quell’intervento, forse però è qualcos’altro.

Quando stiamo male, preghiamo che la situazione cambi perché non ne possiamo più. Quando invece stiamo bene forse abbiamo anche paura che il volere benigno di Dio potrebbe portare un cambiamento nella nostra vita di ogni giorno.

Cosa sarebbe successo se Gesù, quell’uomo che veniva dal Signore avesse soggiornato nella zona o si fosse addirittura stabilito in quel paese? E più in generale: cosa sarebbe successo se Gesù non fosse stato messo a morte sulla croce? Sarebbe sconvolto il nostro vivere attuale.

Infatti, tutta la popolazione “pregò Gesù che se ne andasse via da loro”. Forse è proprio questo il peccato: Gesù arriva, ma non lo si vuole. Forse è per questo che nel mondo si ammette la religione, ma si è turbati dalla fede, che viene a perdere le nostre abitudini consolidate, quelle che a noi sembrano le migliori convenienze.

Ma non tutti volevano che si allontanasse, al contrario l’uomo guarito, che adesso si sente al sicuro solo con Gesù: “lo pregava di poter restare con lui”. E invece no, Gesù vuole che adesso sia veramente libero, non più dominato dai demoni, ma nemmeno così dipendente da lui. Un essere umano autonomoche possa vivere la propria vita in questo mondo al servizio di Dio.

La salvezza per sola grazia ti spedisce nel mondo come divenuto maggiorenne. E ti chiede di agire e di scegliere e di annunciare l’evangelo senza paura.

Ecco allora noi da una parte che non vorremmo che Dio sconvolga i nostri piani di accumulo e i nostri affari, e sempre noi che lo vorremmo sempre al nostro servizio come pronto aiuto, e invece siamo nel mondo, né soli, né abbandonati, con la responsabilità di fare il bene e cercare di vivere con giustizia e amore e, in un mondo che spesso non vuol sentire parlare di Dio, resi annunciatori della grazia di Dio. Amen


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