L’apostolo Paolo, scrivendo a Timoteo per sostenerlo e incoraggiarlo, guarda indietro alla sua vita e allora nasce in lui un ringraziamento al Signore, ricordandosi di quando perseguitava la chiesa cristiana e conduceva in prigione persone pacifiche per il solo fatto che erano cristiane ed era stato convertito, e poi per il sostegno della grazia sempre presente per la sua predicazione e per la sua vita. La grazia sovrabbondante del Signore su cui Timoteo e tutti i cristiani possono fare sempre affidamento.
I Timoteo 1:12-17 Io ringrazio colui che mi ha reso forte, Cristo Gesù, nostro Signore, per avermi stimato degno della sua fiducia, ponendo al suo servizio me,
che prima ero un bestemmiatore, un persecutore e un violento; ma misericordia mi è stata usata, perché agivo per ignoranza nella mia incredulità;
e la grazia del Signore nostro è sovrabbondata con la fede e con l’amore che è in Cristo Gesù.
Certa è quest’affermazione e degna di essere pienamente accettata: che Cristo Gesù è venuto nel mondo per salvare i peccatori, dei quali io sono il primo.
Ma per questo mi è stata fatta misericordia, affinché Gesù Cristo dimostrasse in me, per primo, tutta la sua pazienza, e io servissi di esempio a quanti in seguito avrebbero creduto in lui per avere vita eterna.
Al Re eterno, immortale, invisibile, all’unico Dio, siano onore e gloria nei secoli dei secoli. Amen.
Peccatore Se si dicesse ad una persona che è peccatore, in genere il termine sarebbe spesso rifiutato. Questo perché questo termine si è caricato negli anni di un significato morale. Il peccatore sarebbe colui che è moralmente depravato e quindi anche ricusato dalle persone perbene. Era anche così lo sappiamo ai tempi di Gesù, i peccatori, sembrava fossero ad esempio i pubblicani: collaborazionisti degli occupanti romani e ladri, erano quelli dei peccatori con i quali non si doveva avere a che fare. E rimproverano Gesù per questo.
Ma con Gesù questo significato morale, viene superato e assume un altro significato. Paolo stesso può sperimentarlo su di sé nella sua conversione. Egli non era un peccatore per la sua società, ma un solerte funzionario della nazione ebraica, egli come ricorda in un’altra lettera era un ebreo ossequioso della legge nella sua interpretazione farisaica, che aveva studiato con grande passione. Paolo era stimato dunque per la sua cultura, per il suo impegno, per la sua lotta all’eresia cristiana, altro che peccatore!
Ma con il messaggio dell’evangelo si scopre che peccatore era non chi era moralmente condannato dalla società, ma chi non confida nella grazia di Dio e vive senza amore.
Dal punto di vista religioso del tempo Paolo era in fondo perfetto, fondato nella fede dei padri, pio nelle pratiche religiose, zelante quanto ad opere, anzi colui che metteva in pratica splendidamente la sua fede. Eppure visto con la fede in Gesù era un bestemmiatore, perché la sua fede non aveva capito niente di Dio e del suo amore e quindi diceva cose sbagliate e opposte al Signore, era un persecutore dei veri credenti ed era un violento.
Sì, semplicemente un violento. Quanta violenza nelle religioni c’è, che non viene definita solo e semplicemente violenza, ma ammantata di ragioni teologiche, di formule sacre, e scambiata per pietà religiosa.
Ma invece di distruggere questo persecutore violento, questo ben istruito e intelligente spietato strumento di repressione e di intimorimento dei semplici credenti, ecco che Dio lo converte e lo mette al suo servizio. E proprio per annunciare che Gesù Cristo è venuto nel mondo, ed è venuto vuol dire non solo si è abbassato al piano umano, lui divino Figlio di Dio, ma ha anche affrontato la morte nell’abbandono divino della croce, per salvare i peccatori. Per salvare il zelante persecutore, come anche la prostituta o come il pubblicano… o per salvare noi, noi peccatori.
Salvare Salvare non vuol dire semplicemente ti assolvo perché del fatto non eri pienamente consapevole, ma anche ti cambio la visione del mondo e della vita e ti faccio essere mio annunciatore, lavoratore nella vigna del Signore, inviato a portare la buona notizia, di amore e non di violenza, di perdono e non di implacabile giudizio, di remissione dei peccati e non di morte per quei peccati.
Ecco allora Paolo che diviene non solo apostolo, ma anche esempio per noi che veniamo dopo, che ci barcameniamo fra una spinta di generosità e una caduta di egoismo, fra un’insofferenza ai giudizi prevenuti degli altri verso di noi e un giudizio moralistico verso gli altri, fra l’amore attivo e solidale e l’amore come solo parole buone.
Ecco che la testimonianza personale dell’apostolo ci induce allora a pensare alla nostra vita, alle nostre idee, al nostro vivere della grazia di Dio come annunciatori della buona novella, nei nostri ruoli di genitore, maestro, pensionato, contadino, operaio, infermiere o sbarcatori del lunario… : Gesù è venuto a salvare proprio noi, persone concrete e non ideali.
Proprio noi? Noi diciamo: non siamo forti come l’apostolo. Non siamo saggi come i grandi del passato. Non siamo eroi della fede come i martiri.
Ma l’apostolo stesso ce lo insegna, egli è stato reso forte da Gesù Cristo, fedele dall’intervento divino. È la grazia che è sovrabbondata, non la sua forza o il suo impegno o la sua fiducia. Guardate la potenza di questo termine: sovrabbondato. Il braccio del Signore non è corto, e nemmeno il Signore dà giusto ciò che serve, ma la sua grazia è sovrabbondante!
Alle volte c’è chi si vanta di essersi convertito: “ero un bestemmiatore e un violento” dice, poi “ho fatto questo e quell’altro”, no questa è umana superbia, no per Paolo è la misericordia di Dio, è la forza dello Spirito, è la grazia che ha fatto tutto.
Il Signore fa tutto per noi, è per noi allora la notizia di vita eterna. Anche noi affidiamoci dunque alla sovrabbondante grazia del Signore, per vivere una vita piena e vera al servizio del Signore che fa della nostra vita una vita vera, fino all’ultimo giorno, una vita già da oggi vita eterna.
Amen