Eterni non futili!

Il messaggio di salvezza per sola grazia, è alle volte interpretato come “allora: posso fare ogni cosa: disinteressarmi del prossimo ed occuparmi solo di me, tanto sono salvato per grazia!”.

L’apostolo Paolo nega ovviamente questa conclusione e dice che siamo, come credenti, in una nuova condizione, e per spiegarsi parla del battesimo come l’atto che ci associa alla morte di Cristo per farci risorgere con lui. E conclude:

Ora, se siamo morti con Cristo, crediamo pure che vivremo con lui,
sapendo che Cristo, risuscitato dai morti, non muore più; la morte non ha più potere su di lui.

Poiché il suo morire fu un morire al peccato, una volta per sempre; ma il suo vivere è un vivere a Dio.
Così anche voi fate conto di essere morti al peccato, ma viventi a Dio, in Cristo Gesù. (Romani 6:8-11)

Far conto

Associati a Gesù Cristo tramite la fede, con il battesimo come segno di nuova vita, eccoci ad essere viventi a Dio, come se fossimo già nel nuovo Regno di Dio.

Quando l’apostolo parla di essere come già risorti non è cosa facile da capire.

Infatti non è quel “fare conto” da tradursi in “come se”, come un invito a comportarsi “facendo finta” di essere già risorti. Se lo leggessimo così avremmo una esortazione dell’apostolo a immaginare che la vittoria sulla morte sia già avvenuta, ma nessuna nostra trasformazione. Sarebbe un processo mentale, nobile certo, da porre come un obiettivo da cercare di perseguire, che ci aiuterebbe, ma non sarebbe sostanziale.

Le parole dell’apostolo però, anche se la nostra mentalità razionalistica non le valuta possibili, sono da interpretare in maniera differente, quel “fate conto” va nel senso di “prendete atto”.

Prendete atto, dunque, che questa trasformazione è già avvenuta, anche se siamo ancora su questa terra e con questo corpo terreno, siete già trasformati e non potete più vivere come prima, e potete esprimere già adesso nella vostra vita attuale la vita nuova, la vita eterna in cui già siamo.

Non è allora come un tendere, un come se, ma la nostra realtà nuova che si esprime attraverso la nostra umanità attuale.

Qui abbiamo già una evidente difficoltà logica, ma nello stesso tempo questa è la forza che investe la nostra vita. Non dobbiamo, cioè, sapendo della resurrezione, vivere rinnovati, ma dobbiamo esplicitare la nuova nascita, la nuova vita ottenuta da Dio.

In questo senso la fede, tramite il battesimo, ci rende possibile sperimentare questa nuova realtà.

di essere morti al peccato

La realtà nuova in cui siamo e dobbiamo prenderne atto è di essere morti al peccato.

Peccato va anche definito, per intendere bene la Scrittura. Nella lingua odierna infatti -anche per via di una predicazione moralistica della chiesa- peccato è parola legata a vizi o altro, ma nel suo fondamento biblico esso è lo stato di lontananza da Dio in cui l’essere umano risiede in questa vita terrena.

Lo stato di distanza da Dio, che ha come conseguenza il morire, la malattia e le varie negatività che sperimentiamo, è dunque uno stato in cui sbagliamo, erriamo e quando vogliamo fare il bene facciamo il male e via dicendo.

In questo senso allora essere morti al peccato è già stare insieme con Dio. Quindi l’esortazione dell’apostolo è di prendere atto di questa nuova situazione per deciderci per il bene e non per il male.

La resurrezione infatti ci porta quindi da uno stare distanti da Dio, ad uno stato differente. In quello stato di vicinanza a Dio, abbiamo una vita che è eterna.

eterni non futili

Che significa una vita che è già eterna? Significa che grazie al Cristo non tutto quello che facciamo è destinato al fallimento, ma -pur non perfettamente- riusciamo anche a fare del bene, a fare qualcosa di giusto, a fare dunque qualcosa di eterno, nel senso che piace a Dio e rimarrà grazie a lui.
Possiamo, sia pure in maniera contraddittoria, concepire qualcosa di vero e giusto e realizzarlo.

Mentre senza Cristo siamo destinati a realizzare solo cose futili, che passano, sempre sbagliate nei loro risultati, e dunque saremmo destinati ad una vita futile e sbagliata. e il senso della vita non sarebbe allora un granché.

Invece essere già cittadini del Regno di Dio ci permette di fare grandi cose, agli occhi di Dio.
Certo non dobbiamo mai accontentarci, ma cercare sempre di migliorare, proprio per la nostra presenza su questo mondo terreno, ma possiamo fare grandi cose agli occhi di Dio.

Penso che l’unica cosa che non ci permetta questo, sia la sfiducia nelle nostre possibilità in Cristo e dunque la sfiducia in Dio e nel suo messaggio.

Abbiamo allora fiducia e mettiamoci all’opera. In cosa?

C’è una battaglia sempre in corso a cui siamo chiamati a partecipare. Innanzitutto salvare il nostro prossimo (ma anche noi stessi) dall’ansia della morte, e questo fa l’annuncio di resurrezione, ed anche salvarci dalla maledizione di credere di vivere una vita futile, di fare cose cioè che prima o poi saranno travolte e distrutte dal tempo.

Proprio chi conosce l’eternità, sa quanto sia importante il tempo presente.

Sa che non ci sono istanti inutili, non c’è da ammazzare il tempo, sa di essere destinato a realizzare qualcosa della propria vita e sottolineerei nella propria giornata. Possiamo fare cose eterne nel quotidiano, questo ci permette il nuovo stato in cui la resurrezione di Gesù Cristo ci ha trasportato.

E non è questione di grandi cose secondo il mondo, ma ogni giorno siamo alle prese con la vita e con la morte, siamo coloro che realizzano miracolosamente opere di pace, di riconciliazione, di speranza, di senso dell’esistenza e del dare dignità, di avere -anche noi straordinariamente come Gesù- parole di vera vita. Amen


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