Meditazione d’inizio anno
Per tutto c’è il suo tempo, c’è il suo momento per ogni cosa sotto il cielo:
un tempo per nascere e un tempo per morire;
un tempo per piantare e un tempo per sradicare ciò che è piantato;
un tempo per uccidere e un tempo per guarire;
un tempo per demolire e un tempo per costruire;
un tempo per piangere e un tempo per ridere;
un tempo per far cordoglio e un tempo per ballare;
un tempo per gettar via pietre e un tempo per raccoglierle;
un tempo per abbracciare e un tempo per astenersi dagli abbracci;
un tempo per cercare e un tempo per perdere;
un tempo per conservare e un tempo per buttar via;
un tempo per strappare e un tempo per cucire;
un tempo per tacere e un tempo per parlare;
un tempo per amare e un tempo per odiare;
un tempo per la guerra e un tempo per la pace.
Che profitto trae dalla sua fatica colui che lavora?
Io ho visto le occupazioni che Dio dà agli esseri umani perché vi si affatichino.
Dio ha fatto ogni cosa bella al suo tempo: egli ha perfino messo nei loro cuori il pensiero dell’eternità, sebbene l’uomo non possa comprendere dal principio alla fine l’opera che Dio ha fatta. Io ho riconosciuto che non c’è nulla di meglio per loro del rallegrarsi e del procurarsi del benessere durante la loro vita,
ma che se uno mangia, beve e gode del benessere in mezzo a tutto il suo lavoro, è un dono di Dio. (Ecclesiaste 3:1-13)
Opposti
La prima parte del testo presenta una serie di attività opposte. È la constatazione che c’è un tempo per ogni cosa, che la nostra vita passa attraverso momenti differenti, e che ci sono cose da fare convenienti oppure no, a seconda della situazione.
C’è il riconoscimento di una relatività delle nostre azioni a seconda del tempo in cui siamo. Che una cosa sia buona o cattiva va valutato anche a seconda del tempo in cui siamo. Stando attenti, naturalmente, che alcune delle attività opposte non sono equivalenti (come la guerra e la pace, l’uccidere o il guarire).
Dato che il testo dell’Ecclesiaste è un testo del tipo sapienziale, che cerca cioè una sapienza di vivere illuminata dalla fede, è come dire che la prima saggezza è riconoscere il tempo in cui siamo, per poi agire di conseguenza.
In che tempo siamo?
Con la fine/inizio dell’anno, tempo di bilanci e di sguardo al nuovo tempo che si apre dinnanzi, ci possiamo chiedere: in quale epoca siamo? In che tempo siamo? Si tratta di riconoscere il tempo in cui viviamo per agire, ma anche si tratta di farsi una ragione del tempo che ci è dato, e vivere di conseguenza, vedendo ciò che in questo preciso tempo ci chiede di fare il Signore.
Dal punto di vista della chiesa, in che tempo siamo?
Abbiamo avuto il tempo come chiese evangeliche riformate in cui ci siamo immersi nel mondo. Tutte le idee teologiche sono state accettate, i dogmi considerati chiusure verso gli altri.
Alla fine ogni stranezza può abitare nei culti e nelle prediche, secondo me oggi è tempo di dividere ciò che è cristiano da ciò che non lo è. Perché alla fine siamo diventati come il mondo e non abbiamo niente da dire di specifico, e quel che è peggio di cristiano.
Cosa si ricava dalla nostra vita
Poi il testo ha uno stacco, si chiede cosa si ricava dalla nostra vita, anzi qui è più concreto: quale profitto si ha dalla fatica del proprio lavorare. Il lavorare, quindi attività concrete, non solo discussioni teoriche.
In questa serie di tempi differenti che passano su di noi, la risposta del testo guarda sia all’umanità sia a Dio. E si può riassumere nell’indicazione di vivere la vita giorno dopo giorno, sapendo che solo Dio conosce l’intero progetto, affidandoci a Dio in tutto ciò che è troppo grande e sconosciuto per noi esseri umani. E quindi vivere nella lode al Signore per ciò che abbiamo ricevuto e riceviamo.
C’è come un accontentarsi, ma non significa certo arrendersi all’ingiustizia, far finta di niente dinnanzi ai soprusi, casomai combattere sapendo che non riusciremo ad avere giustizia fino in fondo. Ma qui il testo si riferisce ad una situazione quotidiana, vivere e godere i frutti del proprio lavoro, senza bramosia di cose maggiori.
In che tempo siamo come società?
Questo aspetto ci illumina sul tempo in cui siamo come società. Siamo in un tempo in cui le cose stanno cambiando.
Fino adesso come in ogni tempo c’era la bramosia, il volere sempre di più, però la novità degli ultimi decenni è stata il voler vivere tutti al di sopra delle proprie possibilità. Si sta scoprendo che questo porta ad una crisi profonda. L’incoraggiamento a consumare sempre di più, specie risorse limitate come l’elettricità o il suolo, l’idea dello spreco come motore dell’economia, si è scoperto essere un tantino stupido.
Forse adesso però le cose stanno cambiando. E non è detto che si vivrà peggio.
Come si può vivere accontentandosi di ciò che dà il creato, con uno sguardo alla giustizia e alle generazioni future, con una solida fiducia e con allegria e non con una tetra tirchieria?
Si può se abbiamo nei cuori il pensiero dell’eternità. Anche se non comprendiamo l’opera di Dio dal principio alla fine, sappiamo che c’è un orizzonte più vasto oltre il mangiare e bere, oltre il vivere in corsa contro gli altri e contro il tempo.
È dunque questo pensiero d’eternità che ci rende possibile rallegraci, ma anche accettare il tempo che viviamo, anche se siamo malati o anziani, perché riponiamo la nostra salvezza e fiducia nelle mani del nostro Signore e Salvatore.
Già perché in una prospettiva cristiana, le parole di fiducia dell’Ecclesiaste sono completate e rafforzate dall’annuncio di salvezza e vita eterna di Gesù Cristo.
C’è un tempo per ogni cosa, ma è sempre tempo per la Parola di grazia e di verità di Gesù Cristo.