Meditazione d’Avvento
Gesù Cristo si recò a Nazaret e dopo aver letto un brano di Isaia, disse che quella Scrittura si adempiva in quel momento, dunque Egli si identificava con quel misterioso personaggio che era il Messia che doveva arrivare, e che tutti stavano aspettando. È uno dei rari testi in cui Gesù dice palesemente chi Egli sia.
Il testo più qualche altro versetto letto da Gesù è il seguente:
Isaia 61:1-4 Lo spirito del Signore, di DIO, è su di me, perché il SIGNORE mi ha unto per recare una buona notizia agli umili; mi ha inviato per fasciare quelli che hanno il cuore spezzato, per proclamare la libertà a quelli che sono schiavi, l’apertura del carcere ai prigionieri, per proclamare l’anno di grazia del SIGNORE, il giorno di vendetta del nostro Dio; per consolare tutti quelli che sono afflitti; per mettere, per dare agli afflitti di Sion un diadema invece di cenere, olio di gioia invece di dolore, il mantello di lode invece di uno spirito abbattuto, affinché siano chiamati terebinti di giustizia, la piantagione del SIGNORE per mostrare la sua gloria.
Essi ricostruiranno sulle antiche rovine, rialzeranno i luoghi desolati nel passato, rinnoveranno le città devastate, i luoghi desolati delle trascorse generazioni.
Ascoltare
Anche noi, siamo in parte in una situazione simile all’attesa di Israele. Infatti noi attendiamo il ritorno del Figlio di Dio nella sua gloria, mentre viviamo un presente, in vari sensi, meschino.
Però, pur essendo in attesa, noi veniamo dopo la vita e l’opera di Gesù Cristo. Non solo: il Cristo ha detto che sarà con i suoi discepoli, con noi discepoli, per sempre, in ogni giorno.
Dunque Egli è qui, grazie allo Spirito santo.
È qui, come nei vari luoghi del mondo, per fare ciò che dice in Isaia.
Per sentirlo all’opera, però, c’è bisogno di aprire bene gli occhi e di ascoltare. Bisogna osservare la nostra vita e quella degli altri. In fondo anche al tempo del Gesù terreno c’era chi vi vedeva Colui che doveva arrivare, Giovanni il Battista, oppure coloro che erano totalmente scettici, come quelli di Nazaret che lo respingono una volta letto questo passo.
Purtroppo il nostro mondo è un mondo che invita a chiudere gli occhi e le orecchie a Dio, che dissuade dal cercare il filo rosso dell’intervento di Dio nella storia e nella vita delle persone. Se uno dice ho sentito che Dio interveniva nella mia vita è visto come uno strano, ma è solo cristiano.
No, il mondo non riconosce l’intervento di Dio, anzi il mondo disconosce Dio, perché afferma che Dio dovrebbe avere il dominio su questo mondo, che è invece lontano da lui. Così ci si insuperbisce nell’affermare che Dio non esiste.
Ho letto che un pastore riformato olandese ha scritto un libro per presentare con un certo vanto il suo fare il pastore non credendo nell’esistenza di Dio. Mentre la chiesa lo voleva licenziare, molti sono sorti a sua difesa dicendo cose del tipo: egli parla realmente a quelli che sono fuori della chiesa. E già parla proprio come coloro che non credono vogliono sentir dire: “Non c’è un Dio, non preoccupatevi, non c’è nessuna vendetta, né retribuzione” come invece dice il nostro testo.
Non dobbiamo demordere, invece, per quanto sembri lontano Dio nella situazione che viviamo Gesù Cristo è qui con l’oppresso e lo sconfitto, è questo che dice il nostro testo.
In fondo la fede è dare a Dio la possibilità di intervenire nella sua discrezione e debolezza, non chiudersi, ma aspettare alle volte di capire come nella propria vita c’è stato un ininterrotto intervento di Dio.
Dove lo dovremmo cercare? Dove dobbiamo essere più attenti? Proprio nelle situazioni che vengono descritte in Isaia.
Stiamo con gli umili e pensiamo che Gesù Cristo è con loro, che fascia le ferite, che ridà gioia. Qualcosa di così semplice, ma vitale.
Egli è presente con l’incarcerato del dittatore, con chi ha le vesti stracciate, e non con chi ha le vesti ricche del potente, nella voce muta e inascoltata di chi ha una pena nel cuore e nessuno lo sa, invece che nella vociante televisione che distribuisce pubblicità natalizie.
È qui, e non lascia sole le persone. E da quelle situazioni trarremo una speranza e una certezza nuove.
Immagini potenti
In questo passo di Isaia ci sono immagini potenti che parlano del nostro Signore Gesù Cristo.
Ed ogni immagine ci dice qualcosa.
La prima immagine è l’unzione. Ungere è l’immagine dell’investitura regale, del re che veniva designato nell’antico Israele versandogli in capo dell’olio profumato. Ma Gesù, il grande e solo re, visto che viene da Dio, si propone subito come il re degli umili.
Ebbene in questo mondo di soprusi, c’è chi porta la buona notizia agli umili, cioè l’evangelo. È questa la Parola che rischiara il cuore e che è lampada al nostro piede.
E poi c’è il fasciare … il cuore spezzato, la libertà agli schiavi, come anche il mantello di lode e la gioia invece della cenere… tutti annunci che vanno ben oltre le deboli pretese degli umili che si accontenterebbero di un pezzetto di pane, e invece si ritrovano per diritto e grazia di Dio alla mensa dei potenti.
Infine c’è la proclamazione dell’anno di grazia.
L’anno di grazia non è ancora finito, anzi prosegue fino alla fine del mondo. Possiamo andare da Gesù Cristo, chiedere perdono ed ottenere grazia.
C’è infatti qualcosa di duro in questo testo.
Perdono e consolazione in questo testo sono insieme. L’evangelo della grazia, va insieme con il sostegno dato agli umili.
Come si collegano le due cose? Potremmo parlarne a lungo.
In breve direi: la domanda non è “perché Signore sono in questo stato”, ma “aiutami o Signore”. Non è “io non me lo merito”, ma “Signore fammi grazia”. È allora che ci si pone realmente all’ascolto di Dio.
È il riconoscimento che non abbiamo pretese da avanzare, neanche quelle che ci sembrano giuste, perché questo non è ancora il regno di Dio, ma il regno dell’umanità, e Gesù Cristo ci è vicino con tutta la sua dolcezza, ma anche nella limitazione del lasciarci vivere in questo mondo, di dar tempo al mondo di esistere.
Possiamo farci tante domande, ma la certezza che viene dalla fede è una sola: Gesù Cristo è giunto proprio per noi quando siamo nella difficoltà.
Dunque, chiediamo perdono al Signore e avremo occhi per vederlo a noi accanto, ed Egli ci farà grazia.
Ed è la grazia che trasforma i nostri cuori e le nostre vite, che ci rende sensibili e capaci di ascoltare la voce di Dio nella nostra vita. Che ci rende forti anche quando siamo debolissimi e disfatti. Che ci fa essere come forti alberi, i terebinti, piantati nella giustizia che i venti non spostano.
È la grazia che ci farà ricostruire sulle rovine e dopo gli errori della nostra società o della nostra vita.
È la grazia che ci darà una gioia che rimane dentro il nostro cuore in ogni tempo, per sempre.