Nel giardino

Dio il SIGNORE prese dunque l’uomo e lo pose nel giardino di Eden perché lo lavorasse e lo custodisse. Dio il SIGNORE ordinò all’uomo: «Mangia pure da ogni albero del giardino, ma dell’albero della conoscenza del bene e del male non ne mangiare; perché nel giorno che tu ne mangerai, certamente morirai». (…)
Il serpente era il più astuto di tutti gli animali dei campi che Dio il SIGNORE aveva fatti. Esso disse alla donna: «Come! Dio vi ha detto di non mangiare da nessun albero del giardino?»
La donna rispose al serpente: «Del frutto degli alberi del giardino ne possiamo mangiare;
ma del frutto dell’albero che è in mezzo al giardino Dio ha detto: “Non ne mangiate e non lo toccate, altrimenti morirete”».
Il serpente disse alla donna: «No, non morirete affatto;
ma Dio sa che nel giorno che ne mangerete, i vostri occhi si apriranno e sarete come Dio, avendo la conoscenza del bene e del male».
La donna osservò che l’albero era buono per nutrirsi, che era bello da vedere e che l’albero era desiderabile per acquistare conoscenza; prese del frutto, ne mangiò e ne diede anche a suo marito, che era con lei, ed egli ne mangiò.
Allora si aprirono gli occhi ad entrambi e s’accorsero che erano nudi; unirono delle foglie di fico e se ne fecero delle cinture. Genesi 2:15-17.3:1-11

super-interpretato

Questo passo è uno di quelli su cui tanti nel corso della storia hanno dato interpretazioni. È un passo su cui ci sono strati e strati di interpretazioni, e quindi associazioni di idee che ci vengono in mente e che ne condizionano la nostra lettura.

E di contro un passo poco citato nella Bibbia stessa. Tutto questo rende difficile conoscere il suo significato di base e quindi quello che dice a noi oggi.

una storia

Eppure non è difficile comprenderlo conoscendo la maniera orientale per parlare di un tema. Di fronte ad un problema, ecco che ci viene raccontata una storia. E questo racconto è assolutamente vero nel suo significato profondo per la nostra fede e la nostra vita, infatti è parte della Scrittura ispirata da Dio, e però per comprenderne il significato appieno dobbiamo capire che tipo di testo sia. Appunto un testo per parlare di un problema.

Ciò che possiamo dire, per prima cosa, è che non è un racconto realistico. Questo lo vediamo nel fatto che il serpente parli. E sappiamo il genere delle storie dove vediamo animali che parlano, le favole. Il genere genere letterario della favola è presente in tutta l’antichità: ed anche in nostro testo, con l’artificio della bestia parlante, che interviene per mandare avanti il racconto, porta alla luce il problema. È infatti la cattiva coscienza umana che si manifesta. E come ogni favola dobbiamo stare attenti alla sua morale, a cosa vuole insegnare.

Infatti questo brano non è un racconto che riguardi solo i progenitori. O meglio. È chiaro che il nostro nascere in un “mondo sociale” con tutte le sue disparità ed ingiustizie, ci induce a vivere in un modo lontano dal Signore. E quindi vediamo il nostro condizionamento dai progenitori, il peccato originario (più che originale, termine che ha assunto oggi caratteristiche differenti).

In questo senso il racconto si riferisce al passato per mostrare una storia che influenza la nostra storia. Ma non è qui il centro del testo. È anche una storia dei primordi, perché ogni essere umano è così.

Anzi, proprio se lo leggessimo in maniera da considerarlo descrizione veritiera in ogni sua parte, il testo non parlerebbe così forte a noi oggi. Sarebbe una storia che dà dispiacere, ma che è troppo arcaica.

No, l’autore è interessato a parlare di noi in ogni tempo, ed in effetti il testo parla ad ogni essere umano, e dice cosa significa vivere nel mondo di Dio.

il mondo è di Dio

Oggi come allora, infatti, non si considera il mondo come il giardino di Dio. Come qualcosa da lavorare e custodire, ma non di nostra proprietà. Ma lo si considera come qualcosa di nostro, è qui il problema del male e quindi della storia che ci viene raccontata.

Infatti nel mondo di Dio ci sono tanti permessi, tante possibilità di vivere, e alcuni divieti, alcune proibizioni.

Cosa significa il divieto di non mangiare di quell’albero? È l’albero della conoscenza del bene e del male, non tanto di cosa sia bene e di cosa sia male, ma del decidere cosa sia bene o male.

Ci sono aspetti della vita che rimangono imperscrutabili, in cui non possiamo avventurarci, se non a scapito di costi elevatissimi. Eppure i comandamenti del Signore nella storia umana sembrano lasciare alle volte il tempo che trovano, – a me non piacciono – dice semplicemente il nostro contemporaneo e spesso anche noi stessi. – e dunque dato che non capisco perché sia fatto divieto di rubare o di commettere adulterio o di avere idoli allora lo faccio, Dio forse sarà stato troppo severo -. In questo modo il mondo diviene il mondo umano e non il mondo di Dio. E quindi ci siamo già messi fuori dal giardino.

Per aggirare il divieto, ecco che interviene il serpente: la figura di un teologo. Teologo nel senso che parla su Dio, ma come se conoscesse più di Dio, non in obbedienza a Dio. Si permette di soppesare la Parola di Dio. Non si mette al suo servizio. Non sta muto di fronte al fatto che non la comprende.

Non obbedisce perché Dio ha detto così, ma fa analisi e calcolo se gli conviene, o meglio di ciò che sembra convenire.

Tentazione

Il fatto che ci sia un tentatore non è questione solo narrativa. Ma, senza andare nel riprendere l’immagine del diavolo che ci sarebbe dietro, vale la pena riflettere che tentatori e tentazioni ci sono in questo mondo.

Non siamo, infatti, in un mondo ideale, e non siamo campioni di logica e di discernimento, ma siamo soggetti ai sentito dire, ai discorsi e azioni di questo o quell’altro, a delle offerte che potremmo rifiutare ed invece accettiamo di buon grado.

Se c’è infatti il tentatore, c’è anche che chi vede che è bene e gradevole per lui o lei. Ed in effetti il serpente addirittura non tenta esplicitamente, fa solo un discorso, ma non incita, non offre, non seduce.

il Salvatore

Contro la tentazione però c’è il nostro divino Gesù Cristo.
Egli ci mostra con la sua resurrezione la verità della sua parola, del suo comandamento d’amore. Non c’è dubbio egli è l’autentico vincitore.

Ma di più: Egli è il nostro Salvatore. Colui che ci salva dall’essere dannati per sempre, anche se caduti molte volte. C’è ancora vita da vivere e la possibilità di convertirsi e cambiare.

Anzi, egli ci consente, grazie al suo perdono, di vivere fin da oggi, come fossimo nel giardino di Dio. Già come cittadini del Regno, già come all’interno del giardino avendo familiarità e amicizia con il Signore che vi cammina sul fare della sera.


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