Aspetta con impazienza

Quando la Scrittura parla del mondo di Dio che verrà, non lo fa per trasportare i nostri pensieri lontano dalla realtà che viviamo, anzi al contrario, lo fa per farci comprendere meglio ciò che viviamo adesso e darci anche una direzione di cammino nella vita.

Romani 8:19-24 è chiaramente un testo che parla dei nuovi cieli e della nuova terra, il Regno di Dio che verrà, come la speranza nostra e di tutto il Creato.

Un testo quindi che ci annuncia una realtà nuova che arriverà e che non vediamo né sperimentiamo, perché siamo stati salvati –come dice– in speranza.

Ci parla quindi della speranza cristiana, e la speranza cristiana è la molla che ci mette in moto, che ha fatto più volte svegliare coloro che il Signore ha chiamato e li ha fatti procedere con opere e azioni, alle volte miracolose. È la speranza cristiana, che ha dato inizio a grandi trasformazioni nella società.

L’apostolo allora –grazie allo Spirito santo– ci dà una rivelazione che ci fa capire meglio la nostra situazione di oggi e ci muove, ancora una volta, per farci seguire la strada del Signore in questa nostra vita.

La creazione aspetta con impazienza la manifestazione dei figli di Dio; perché la creazione è stata sottoposta alla vanità, non di sua propria volontà, ma a motivo di colui che ve l’ha sottoposta, nella speranza che anche la creazione stessa sarà liberata dalla schiavitù della corruzione per entrare nella gloriosa libertà dei figli di Dio.Sappiamo infatti che fino a ora tutta la creazione geme ed è in travaglio; non solo essa, ma anche noi, che abbiamo le primizie dello Spirito, gemiamo dentro di noi, aspettando l’adozione, la redenzione del nostro corpo. Poiché siamo stati salvati in speranza. Romani 8:19-24

Cosa dice dunque l’apostolo?

Dice che questa Creazione in cui viviamo, meravigliosa –ma a volte terribile– non è così perfetta come potrebbe essere, e come sarà quando saremo nel Regno di Dio. E la causa di tutto questo è il peccato umano, gli esseri umani fanno parte della creazione, e con la loro distanza da Dio portano vanità e corruzione anche per il resto del Creato.

C’è una legge di servitù alle regole nefaste del peccato, che porta al nulla, alla vanità, ma –al contrario– ci sarà la libertà dalla costrizione dell’egoismo, quella che avranno i figli di Dio. E che a volte hanno già a sprazzi.

Aspetti eclatanti e principio generale

Che l’inquinamento delle acque, ad esempio, sia dovuto alla bramosia di guadagno di certe industrie, è qualcosa di ovvio. Ce lo ricorda il disastro “rosso” in Ungheria, dove nonostante la ditta stava inquinando e distruggendo due interi paesi con i suoi liquami, l’industria continuava a produrre, interessata ovviamente al fatturato e non sentendo in alcun modo responsabilità per quello che stava avvenendo. Una testimonianza da veri irresponsabili.

Che l’aumento del cancro nella regione italiana della Campania, ad esempio, sia dovuto alle discariche abusive gestite dalla camorra, è solo una conferma della cronaca a questo principio generale enunciato dell’apostolo Paolo, che lega il gemere della creazione e lo stesso nostro dolore al peccato umano.

Ecco qui in questo testo non si parla tanto di inquinamento, che è però un utile esempio, ma del peccato umano che non tanto legato a qualche azione, ma insito stesso nell’umanità caduta, fa conoscere la morte al Creato e a noi stessi.

In questo senso la manifestazione dei figli di Dio, oggi, in maniera certo parziale e discontinua, non può che essere quella della difesa del Creato e della giustizia. La speranza del Regno che viene ci obbliga alla vigilanza e all’impegno oggi in quella stessa direzione.

Strumentalizzazioni

Quindi quando si fanno strumentalizzazioni politiche, di vario senso (sia pro che contro, sia dire che le chiese non se ne dovrebbero occupare o viceversa), sul rispetto del Creato, sul rispetto della sua bellezza e salubrità, allora l’intervento del cristiano dovrebbe essere netto, non è questione di una o di un’altra parte politica, ma è questione della vita della Polis, della città, dello Stato e della natura.

Quando si fanno strumentalizzazioni economiche e piccoli calcoli di guadagni di un paio di anni, quando invece è in gioco l’avvenire delle generazioni future, dei nostri nipoti, e la ricchezza nei secoli dei nostri paesi, allora la denuncia e l’azione lungimirante dei cristiani dovrebbe essere netta e definitiva.

Certo decidere e applicare alcune scelte invece che altre, valutare quali siano le soluzioni migliori, non è semplice, ed il dibattito politico serve anche a quello, e così non sono semplici i calcoli delle migliori scelte economiche.

Ma si sente dire: “non si scherza con la Natura, perché poi ce la farà pagare”, e come cristiano direi: “non si scherza con il Creato che ci è stato affidato e soprattutto non si pensi di poter scherzare con Dio”.

Cosa fare?

Dunque eccoci qua. “Che possiamo fare?” mi direte.

Intanto possiamo fare molto nel cosiddetto nostro piccolo.

Nella nostra responsabilità personale, possiamo intanto non prendere in giro Dio con comportamenti giustificati dal dire “lo fanno tutti”, “figuriamoci se disturba che bruci qualche bottiglia di plastica o del cartone inchiostrato nella stufa”. Attenzione stiamo parlando di responsabilità personale, cosa c’entrano i tutti? E stiamo parlando non di inchiostro o di plastica, ma stiamo parlando di mettere in circolo cancro.

Ma anche in positivo, nel nostro piccolo, curando il castagneto di Brentan e il bosco e i castagni della nostra valle, non dobbiamo sminuirci e pensare di stare a fare solo qualcosa di folclorico, ma che stiamo gestendo, con semplicità un pezzetto del giardino terrestre che come umanità ci è stato affidato.

Ma non è solo in piccolo che possiamo fare tanto per il Creato e per la giustizia e la pace. Potremmo fare moltissimo se solo prendessimo sul serio ciò che ci dice l’apostolo Paolo: che noi abbiamo le primizie dello Spirito santo.

Certo gemiamo, siamo oppressi dalla malattia e dalla limitatezza delle nostre forze e risorse, ma abbiamo questo dono dello Spirito. Possiamo spostare montagne con la fede che ci è donata, possiamo smontare, per rimontarlo come si deve, l’intero modo di pensare e di produrre del mondo.

Possiamo allora iniziare con consapevolezza ad incamminarci su strade di giustizia sociale, economica e del Creato. Possiamo avere rispetto del prossimo, del Creato e anche di noi stessi.

Ed allora potremo vedere in questo nostro tempo, non il Regno di Dio, che arriverà solo quando Dio lo vorrà, ma dei segni, delle primizie del suo Regno, che rendano più bello e più dolce vivere oggi in questo Creato meraviglioso.

(traccia del sermone in occasione del Culto ecumenico della Festa della Castagna: Castasegna 10 ottobre 2010)


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